17 ottobre, 2007

Il collezionista di sciarpe.



Non l’avessero mai fatto. I miei figli hanno scoperto le sciarpe fatte a mano. Che mi piaccia dilettarmi con lane, aghi, ferri da maglia, tele da ricamo e uncinettame vario, è cosa ben nota, oramai. Trovo l’intera vicenda molto rilassante, creativa, e anche terapeutica. I pensieri che saltano fuori da una mezz’ora di diritto e rovescio, signora, lei proprio non se li immagina. Ad ogni buon conto i miei figlioli avevano, anni addietro, issato la bandiera della protesta: non vogliamo più le maglie fatte da te, chè a scuola ce le abbiamo soltanto noi, perciò giuriamo e spergiuriamo di indossarle soltanto per sciare e/o per le visite al ghiacciaio. Fine del comunicato. Così, avevo temporaneamente sospeso le mie produzioni. Ho detto temporaneamente. Già perché adesso ho ripreso alla grande. E’ stata la Princi Gomitolo a dare il via. Vedendo la sciarpina violacea che mi stavo confezionando da me sola e per me sola, ha arricciato il naso: carina! Ne fai una anche a me? Beh, dico, una sciarpa per una bimba mi porterà via non più di un paio d’ore, considerando il numero dei ferri, diciamo un bel 6,5. Confezionata che l’ebbi anche per la princi, ecco il medio e poi il grande e poi il grande grande, anche a me, anche a me, manco fosse l’assalto al forno di Milano. Devo dire che brava son brava, e che chi si loda s’imbroda e che tanto và la gatta al lardo e ccetera eccetera. In fondo, la sciarpa è decisamente l’articolo che dà più soddisfazione: si và veloce, ci vuole poca lana, e, per me che voglio tutto e subito, è finita in fretta. Ma ne vogliono davvero una per colore, tanto che sospetto fortemente che abbiano impiantato una sorta di mercato parallelo nel cortile del liceo. Ma che importa, in fondo. Io sferruzzo, penso e mi rilasso. E loro, belli come il sole, si portano a spasso un costante abbraccio della mamma. Forse, lo sanno anche loro.

15 ottobre, 2007

Knitting Club.


Certamente. Giovedì che viene, il 18, per la precisione. Facendo la maglia si possono fare una quantità di cose mai immaginate nè immaginabili. Si può stilare la lista della spesa, mettere a prova la propria memoria recitando una poesia imparata alle elementari, guardare finalmente un film in santissima pace, magari con le cuffie alle orecchie per non sentire neppure il telefono. Si sa, da sempre il lavorare a maglia è considerato un passatempo da casa di riposo, ma ahimè, quelli che oggi lo pensano ancora sono rimasti davvero troppo, troppo indietro. Se la mattina vi è scivolata via come una medusa, se avete nel pomeriggio un appuntamento al quale preferireste una bella indigestione, se avete una serie di grattacapi cui trovare urgentemente una soluzione, altro non v'è, da fare. Un gomitolo, due ferri, un uncinetto, magari. Recatevi leste al prossimo Knit Cafè, uguale a questo e pure a questo.
Giovedì 18 ottobre
dalle 16 alle 19
Sala da thè
A Casa di Josephine
Via Parma 10
Alessandria
Chi non viene dovrà, la prossima volta, portare una giustificazione. Non vale INDISPOSIZIONE, nè MOTIVI DI FAMIGLIA. E, a pensarci bene, nemmeno INDIGESTIONE.

13 ottobre, 2007

Attenta, mamma.

Non so se chiamarlo strano meccanismo. O intercambiabilità dei ruoli. O eccesso di zelo. E di amore, anche. Ma il saluto che mi ha fatto il Piccolo Liceale l'altro giorno e per due volte di fila, mi ha fatto pensare. In una delle mie dozzine di uscite dalla porta di ingresso, per prendere questo/a, riportare quello/a, al mio urlo dal basso IO VADO!!! ho sentito rispondermi dal loggione, OK MAMMA, STAI ATTENTA. Attenta. Attenta. Me lo sono ripetuto per un pò lungo la strada. Che suono speciale, che significato celeste, in senso di del cielo, che strano, infinito calore ho sentito tutto addosso e dentro. Attenta. Lo dici sempre a noi, a me in particolare, che la scuola nuova e i compagni e le mille insidie che, è noto, ha un liceo nei primi quindici giorni. Lo dici anche se non c'è motivo, lo dici come un mantra, forse più a te che a me, a noi, e lo declini, stai attento, non fare cretinate, mi raccomando. Stavolta, mamma, mi raccomando io a te. Attenta a cosa. Alla strada, per esempio. Anche se la sai a memoria. E attenta agli altri. Attenta a non scivolare se piove, non inciampare nel marciapiede, attenta ai buchi delle strade, ai colpi di freddo, alla tosse e ai gerani che cascano dai balconi. Attenta, ai ragni, a non pungerti con l'ago, a non bruciarti col forno, attenta e basta. Ci starò, piccolo principe, ci starò eccome. Anche ai furbi e agli ignoranti e ai merdosi, a quelli che non sorridono mai, che non cantano mai, che non fanno mai un regalo. Come questo che hai fatto a me. Mi hai ricordato che sono io sulla porta, con la merenda in mano e tu con la felpa di traverso e i libri e il diario e lo zaino e di corsa, e tuo padre che aspetta. Mi hai ricordato che sono io la sera, noiosa fino alla nausea che vi vengo a dire, spegnete che è tardi e voi, ancora un secondo il film non è ancora finito e poi domani entro alla seconda ora. Io, che raccolgo le confessioni appena prima di dormire, seduta al bordo del vostro letto, e vi guardo, e mi dico ma che belli questi due. Mi hai ricordato chi sono, custode di questo impero, a capo di questo esercito di soldatini che troppo presto diventeranno ufficiali, regina incontrastata di questo regno. Sono io. E se qualche volta mi viene da pensare a cosa succederebbe se, e come ve la cavereste se, e mi viene un magone che mi fa male e che mi sforzo di mandare via, tu abbracciami stretta, se sei vicino, e se non ci sei e mi rispondi dal loggione, urlami ancora una volta ATTENTA MAMMA. Ci starò, principe. Ci starò eccome.

11 ottobre, 2007

Welcome back.


E' tornato! Con le foglie che cadono, i vetri appannati al mattino, le solite robe noiose, le calze, i cappotti, le maglie pesanti, i piumini nei letti, il riscaldamento, le sciarpe (hand made, è ovvio), il golfino la sera, le minestre in brodo, l'erica nei vasi. E' tornato Santa Polenta ! Il che non significa necessariamente che io abbia nutrito la mia famigliola e l'esercito dei miei amici con risi delle buste e scatolette e che non abbia cucinato più. Nossignori. Solo, con la stagione frescolina si ha più voglia e decisamente più tempo e ispirazione per tenere lì a portata di mano la macchina fotografica ( e che macchina, signora cara, che macchina!), e rendere noto al globo terracqueo le ricette che si consumano tra le mura di Villa Villacolle. Son ricette semplicissime, certo non è un blog di cucina, ma dice la sua. Vi si trova la ricetta del minestrone e delle uova sode. Inutile? Forse. Ma così carino.

Quiero volar.


Non è importante la meta. La stessa che dice la signorina chiusa dentro il navigatore, svoltare a sinistra, è la meta. Chi l'ha detto che ce n'è una, in verità. Si vola con poco, se solo si vuole, senza annusare niente, senza fare grandi sforzi. In giorni come questo, si volerebbe dovunque. Quando ci si vede una faccia che non ci piace neanche un pò, i capelli spenti e gli occhi pure, si è cucinato come ossessi per due ore, sono così contenti i figlioli quando cucino, si sentono più coccolati, più al sicuro, non lo so. Volerei. Sopra i tetti delle case a guardare giù, a sputare sulle finestre di quelli che assaggiano l'uva al supermercato, di quelli che fanno pisciare il cane per la strada, di quelli che non ti fanno passare sulle striscie, di quelli in bici contromano. Volerei. In momenti in cui non si sopporta nessuno, non si vuole nessuno, che già il look extra dark del mattino la diceva lunghissima, eppure Halloween è tra un bel pò, nessuno se non gli abitanti di questa confusionata casa, animali compresi. Così, volo qui. Volo lo stesso, c'è spazio abbastanza per non pensare a quella delusione sottile, a quella macchiolina stupida che certo non è importante ma c'è, come qundo ti macchi di olio al ristorante, non sai come e non sai dove, eppure c'eri stata attenta ed eccola lì, una macchiolina invisibile ma visibilissima, tondissima e perfetta sulla camicia immacolata. Volo qui dentro, a scegliere una tavola impeccabile per la cena di ieri sera, tovaglia a ricami e tovaglioli veri, mica i pacconi dell'Ikea, e con il loro bravo portatovagliolo tricot, a roselline, che ho comprato dalla mia Amica Silvia, una delle 6, quella dei fiori, accidenti, proprio lei, così un pò mi perdona. La Biondina Presto col Carrè era qui ieri sera, che bello vedere il Liceale Maturando che le versava l'acqua, ma come, LUI, che versa l'acqua? Volo, nei miei pensieri più belli, in un autunno che sembra non arrivare mai, volo e me ne frego, con licenza parlando, di tutto quello che c'è fuori. Volo fra i miei fogli, i miei scritti, i miei articoli, già, il meme delle 8 cose, Iaia, mica me ne sono dimenticata, sai? C'è anche del bello, in realtà, ma oggi non mi sembra tanto e allora sto qui, rintanata, un pò in letargo, a mettere ordine nell'armadio dell'ingresso e un pò dentro di me, a cantare a squarciagola: e ogni volta che non sono coerente e ogni volta che non è importante, ogni volta che qualcuno si preoccupa per meeeeeeeee. Così, quiero volar. Mi sa che ci riesco.

10 ottobre, 2007

Riedo.


Verso casa. Anzi, a casa, oramai. La brevissima parentesi romana ahimè conclusa, affascinata come sempre da questa città, che ti dici non è possibile, che sembra fatta di cartone, un set cinematografico, un pezzo di storia recente o lontanissima ad ogni passo che fai. Ma si abituano i romani a spalancare le finestre e a dire, beh, c'è il sole oggi e vedersi lì sotto le rovine romane, così, per caso? Chi lo sa. Roma è caos, è sampietrini che ti squassano i tacchi, è il mercato sotto casa, sono le moto, gli eserciti di turisti, le chiese silenziose. Riedo, al superlativo assoluto da ripassare con la PrinciProfumoDiCocco davanti alla scuola, riedo alle cose da fare segnate su un bigliettino, riedo, colma di reali e leccornie: la confettura di visciole per fare quella torta kosher che mi ha regalato la mia Amica, la stessa che ci ha accompagnato in visita al Ghetto di Roma, che volevo vedere da molto, e dove c'è un'aria di eterno e di malinconico e di fermo, anche, perchè tutto è rimasto com'era, e la gente si saluta sorridendo e le botteghe hanno le porte piccole e gli scaffali strapieni, e pochissime insegne, e c'è profumo di pane e di malinconia, un pochino. Sono rimasta folgorata. Mi piacciono le cose che parlano da sole, la storia di tutti, mi piacciono i romani che ti guardano negli occhi, mi piacciono le drogherie dove ti senti Anna Magnani, mi piacciono le case con le persiane aperte per metà, i portoni, le scale dei palazzi, le cassette della posta e quelle per le offerte agli orfani. E fantastico di storie impossibili, avrei voluto sedermi in una panchina e scrivere e scrivere. Riedo, con biscotti comprati al forno, avvolti in sacchetti bianchi senza scritte, riedo con le matite dell'albergo, con un regalo di mio marito, la cena ai Fori Imperiali, Ricucci che andava a giocare a tennis. Oggi giornatina niente male, giusto per non perdere il vizio. Incasinatissima. Confusionatissima. Impegnatissima. Superlativo assoluto. Assolutissimo.

06 ottobre, 2007

...nun fà la stupida.

Le previsioni parlavano di caldo africano. Trenta gradi o giù di lì. Ma domani, a Roma, dove mi recherò in mini viaggio, per lavoro e per diletto, sono previsti temporali e nubi sparse. Solo in Via Condotti splenderà un sole accecante. Perchè non approfittarne?

Il tesoretto.


Non c'è proprio niente di male. Ad avere voglia di nuovo, voglia di sentirsi a posto, in ordine, quasi perfette. Perciò, in questi giorni, m'è punta vaghezza di cominciare dalle mani. Non sono una fanatica dello smalto o almeno, non fisso appuntamenti settimanali per limare o accorciare o lucidare. D'altra parte, non è che conduca una vita tutta fotoromanzi e telenovelas, e mi viene difficile mantenere uno smalto immacolato per più di giorni due, quando va bene. Così, ho ripreso una tattica prettamente autunnale. Sulle mie povere mani, provatissime da un'estate tutta cazzate e lascate ( e che bisogna stare attenti con questi termini, un'estate piena di cazzate può avere più d'una interpretazione letterale), ho deciso di regalarmi una manicure piuccheperfetta e che piuccheperfetta resterà per settimane tre. Niente di fuori dal normale, nessun uovo fuori dal cesto, è vero, nasco barocca, ma su di me sono in genere molto rigorosa, nessun fronzolo, nessuna french manicure, nessuna decalcomania, niente o quasi. Mi aveva un pò stufata, ma in realtà è l'unico modo per avere mani da regina. Mani perfette, luciderrime, lunghezza giusta che non mi impedisca di scrivere, ricamare, dare carezze e arruffare riccioli, fare a maglia e lavare i piatti. Già, i piatti. L'ancella autrice dell'opera che porto alle mani mi ha assolutamente sconsigliato di usare detersivi senza guanti. Santissima donna. Non sa che, nel silenzio della mia umile cucina, spesso la lavastoviglie è ingombra, il tavolo pure e l'acquaio anch'esso. Così, mi tocca andare di Svelto. Lo farò con assoluta eleganza, indossando non già i volgarissimi guanti usa e getta, ma quelli di gomma, lilla e rosa, così cool al momento. La mia manicure piuccheperfetta lo resterà per molto. In effetti, và salvaguardata. Assicurata. Protetta. Dichiarata patrimonio dell'umanità. Come dire, un piccolo capitale sulla punta della dita. Massì, signora mia, la vita è così breve!

05 ottobre, 2007

Cercasi Silvia disperatamente.


Quasi certamente ho ben fatto la figura della maleducata, sciagurata, cafona, machimicredodiessere. Non ho ringraziato. E questo non si fa. Si riceve un bel mazzo di fiori, colorato, con gigli e rose color crema, si cerca il bigliettino nella carta crepitante, trasparente che ci mettono i fiorai e che io abolirei, dà un'aria così triste e imprigiona l'allegria che con sè porta un' esplosione di colori e di profumi di siffatta beltade. Si legge la frase e si memorizza la firma. SILVIA. Bene, ne conosco 6. A nulla serve l'accanimento mentale, il pensare e ripensare per non far brutte figure, grazie per i Fiori, Ma quale Fiori, Non Sono Mica Stata Io! E tutto ciò per 6 volte. Non la mia Amica fin dai tempi delle medie, non la moglie di Serpico, non l'Avvocata, non quella che aspetta Alice, non la moglie di Eugenio, non la Milanese. Nessuna Silvia mi ha mandato dei fiori. E allora? La questione si fa spinosa. I miei figli sostengono che il fioraio stordito abbia scritto il nome sbagliato e io ho un bel lambiccarmi le meningi, non la troverò mai. Unico indizio, è che il mazzo è stato inviato con l'Interflora, quindi da un'altra città. Il Fioraio Stordito, che in realtà è fioraia e non mi sembra affatto stordita, dice che nemmeno lei può risalire al mittente, in quanto sconosciuto. E quinci e quindi? Mi tengo il mio dubbio. Salvo ringraziare, mestamente e sommessamente dalle pagine delle Fragole, caso mai, la Silvia in questione si riconoscesse, giustamente offesa dal fatto che io, scellerata e sciagurata, non la abbia inserita nella rosa delle 6. Chiedo perdono. Impensierita anche dal fatto che il mio Capitano è convinto che sia tutta una sceneggiata e che il mazzo incriminato sia stato inviato da uno spasimante segreto che si è firmato con un nome di fantasia. Gia. A questo non avevo pensato....Beh, niente male, no?

04 ottobre, 2007

La legge.

Va bene. Va bene così. Va bene che dormirei sempre. Avrei bisogno di vitamine. per capirci qualcosa. Ho un miraggio di vita semplice. Amish style. Vorrei poche, semplici cose. Vorrei imparare. Che le persone riservano sorprese e conigli nei cilindri e mantelli che rendono invisibili. O meglio, che li fanno sparire, puff! sparire da dentro, che è il posto più difficile da raggiungere e il più semplice da lasciare. Dura lex. Vorrei giorni scorrevoli, e pieni di quiete accesa e fantasia. Di campanelli, di violini, di rock e di gazzosa. E' l'autunno che mi fa essere così, sdolcinata e un pò melassa, e un pò mou sciolta dentro una tasca, o appiccicata ai denti, o un boero a luglio, quelli con la carta rossa da strappare dalla bacchetta nei bar. E un pò BigBubble sotto le scarpe, meglio se coi gommini, così ti fa un disastro nelle Car Shoes doratine, molto milanesi, molto cool, molto un cavolo, con la BigBubble sotto sono solo molto da buttare. Sono queste goccine che trovi di sorpresa sul terrazzo, lentiggini, quasi, ma come, sono uscita un attimo fa e c'era il sole, ho guardato per bene le foglie rosse della collina e mi sembrava che facesse così caldo, mi sono detta, che bello, ancora senza calze e anche un pò mi dispiace per quel cappottino bon ton che ho comprato e che ancora non metterò, ma insomma, va bene. Sono da odore di naftalina, sono da coperta, sono da divano e cioccolata, in questi giorni, sono di libro e thè zuccherato, con uno zucchero speciale, che lo Zefiro non basta più, ci vuole l'eccellenza anche nelle cose più semplici. Voglio gomitoli e confidenze, voglio nuovi pensieri con gli amici di sempre, e anche amici nuovi nuovi,ancora da scartare. Voglio sentirmi in pace, raccontarmi una storia, pensare che tutto quello che desidero è qui. E ho la smodata, assoluta presunzione di volere essere felice, felice, felice ad ogni costo, felice nonostante, felice e basta. Scomoda, troppo sorridente, troppo entusiasta, troppo atteggiata, troppo agghindata, troppo di tutto. Ma che m'importa, in fondo. La mia legge non permette scivoloni. Molto dò e molto pretendo. E a chi molto sorride, molti sorridono, ci avete mai fatto caso? Lo so, non sono di facile interpretazione. Sed lex.

03 ottobre, 2007

CIN-QUE-CEN-TO!!!!!!


Le belle statuine
d'oro e d'argento
che valgon.....CINQUECENTO!!!
Al mio cinquecentesimo post, un augurio speciale. Certo non bello come quelli di ieri, una macchina fotografica color ciliegia, che a guardarla bene sembra color fragola, nuova di zecca, signora cara, così magari, sarà la volta buona che imparerò a fare fotografie decenti, sa? E poi un cuscino magnifico, da un Bell'Acquisto, o una Bella Scoperta, e questo, lo si badi benissimo, indipendentissimamente da tutto il contorno di zuccheri e panna e bignè e boccoli e caschi. E fiori, fiori a fascine, rose e gigli e gerbere, le mie preferite. Beh, fascine forse è esagerato, vale anche il mazzo di tulipani che mi sono comprata da sola all'Esselunga? E poi, signora, lo so benissimo che è più curiosa di una gazza ladra e allora le dico che no, il mio regalo cioè il Suo, non è stato affatto uno scatolino piccolo e di velluto, e nemmeno una scatolona di media grandezza con nastro di stoffa bianco e blù. Un tavolo, signora, un tavolo di vetro bellissimo, sì, un tavolo è fatto come un tavolo, non è che ci voglia tanta fantasia, ma quello che c'è scritto sopra, in tutte le lingue, è la parola più bella che si possa pronunciare mai nei secoli dei secoli. La stessa che mi ha fatto piagnucolare come da copione leggendo il Suo sms del mattino alle 7, e leggere il Loro biglietto scritto a tre mani, un pezzettino per uno, con le grafie diversissime ma così uguali a dirmi quanto bene volevano a questa mamma che vola, che gioca e che canta e che scrive e che sgrida e si arrabbia, ma che ieri ha compiuto 44 anni e che impressione fa scriverlo se ti senti ferma a 25. Come dice? Cosa c'e scritto sul tavolo? Amore, signora mia, A-MO-RE!!! Glielo devo ripetere cinquecento volte?

02 ottobre, 2007

E buon.



Buoni giorni d'autunno e di inverno, con la fronte appiccicata ai vetri a veder fuori che freddo che fa, perchè il freddo si vede, anche. E buone notti, di stelle lontane e di lune, rosse o bianche, che giocano con la luce dei lampioni sulla piazza. buone colazioni, di pigiami scompagnati o di camicie da notte morbidissime e sottovesti sottili e trasparenti. E buone torte bruciacchiate e pani insipidi e paste scotte e buone spese, buone file alla Posta, buone camminate lungo il corso, in equilibrio quasi, che i tacchi nel selciato fanno una brutta fine. Buone chiacchiere tranquille, di quelle con le amiche, senza fretta, appena appena, che ancora i figli non escono da scuola e di tempo ancora ce n'è. E buoni sorrisi e buone risate, di quelle che scaldano e ti fanno d'argento, e buoni magoni e buone lacrime, già che ci siamo, per non farci mancare niente, che le lacrime meglio di no, ma poi all'improvviso arrivano lì, e salgono, salgono e ti pungono gli occhi e tu mandi giù, ancora e ancora, ma niente da fare, perciò, meglio essere preparate. E buoni, sabati e domeniche, e anche venerdì, che nessuno mai ne parla, ma che è il più bello di tutti. E buone stagioni e buon vento e buon mare e buona neve e buon sole, di quello a picco, verticale, bianco e salato, ecco, quello lì. Buoni figli, da guardare diventare quello che sono e pensare a come saranno, che non so se li vorrei uguali a me o no, ma forse già lo sono e allora non vale, buone urla sulle scale, buone firme da fare, buone vitamine e citrosodine e tachipirine, e spremute e creme per le storte e shampoo alla vaniglia, buoni messaggi sulla lavagna. Buone mele sbucciate e arance a metà per la spremuta, buoni toast per la merenda, buoni pane e nutella, buoni castighi senza convinzione, buoni baci di sfuggita, buoni sguardi d'intesa, e di perdono e di Ti Voglio Bene Novantanove Universi Staccati. Buon amore, buon risveglio e lui e lì, buone risate, buone litigate furibonde e buone complicità, ogni volta più forti, ogni volta più sorprendenti, che ti sposo ancora domani, se me lo chiedi. Buoni fiori. Buoni sogni. Buoni progetti. Buoni biscotti. Buone amiche. Buone sorprese. Buone lavatrici. Buoni baci. Buon viaggio. Buon... buon...buon...beh, mi sa che ho scordato qualcosa.

01 ottobre, 2007

Ottobre.

Ho da sempre la mania del primo del mese. Non so, è come se iniziasse qualcosa di nuovo ogni volta, che settembre ci aveva già così stufato, se non altro per le chiacchiere del niente, Non so Più Come Vestirmi, con la Maglia Ho Caldo e Senza Ho Freddo, alla gente, bisognerebbe avere il coraggio di dire, Ok, Ma Chi Te Lo Ha Chiesto? Il primo del mese, di qualsiasi, schiude per me un pacchettino di cose nuove, buoni propositi, magari, tornare in palestra, bleah, riordinare i cassetti, doppio bleah, finire finalmente il maglioncino celeste della Princi, che già ho una lista di richieste di sciarpe e golfini che nemmeno Missoni. Già, a Villa Villacolle, sono iniziate in questi giorni le Grandi Manovre, facciamo così, qui mettiamo un divano, lì un tavolino, qui spostiamo. Io mi limito al software: acquisto poltroncine ai mercati e magari qualche vaso. L'Ingegneristico Consorte, invece, passa all'hardware. Sì, ma se sfondiamo questa parete qua, e poi cartongessiamo di là, e poi buttiamo giù questa e la facciamo più bassa....Forse abbiamo voglia di cambiamenti, un pochino, mica tanto, e magari basta una passata di colore alle pareti, delle fodere nuove per le centinaia di cuscini, un candelabro di design, una vecchia foto color seppia sul camino. Ottobre porta grandi novità, questo non è mistero per nessuno. Porta funghi e cstagne e maglioni che pizzicano. E odore di naftalina, un pò. Non è triste come novembre e non è caotico e ingordo come dicembre. Ottobre è il mese mio. Sì, perchè insieme alla polenta e alle foglie che scricchiolano e alla nebbia e alla pioggerellina e ai piumoni, porta in dono una candelina sulla mia torta. Domani, però. Oggi mi godo in santa pace questa vigilia, che è il giorno di San Remigio, che una volta era il primo di scuola. E mi guardo, un pò soddisfatta e un pò preoccupata, questa casa che un pò si trasforma. Chi è che diceva La felicità è fatta di piccole cose ? Ecco, uguale.

28 settembre, 2007

Sono.


Voglio un foglio per scrivere e un cremino da sciogliere e un amore da stringere e una somma da vincere. Voglio un giorno da vivere e un bicchiere da rompere, una strada per correre e una rotta da scegliere. Ed un figlio da crescere, e le ruote che girano e gli aerei che partono. Le minestre che scottano, le coperte che pungono e le ortiche che pizzicano. E se niente significa non è poi così male, son parole che corrono, son pensieri che giocano, son folletti di neve in una sera che è buia, son sorrisi brillanti in un giorno di pioggia. Son dispetti e sorprese, un po’ veri un po’ no, esercizi di stile in un niente perfetto. Son racconti, allusioni, illusioni e misfatti e se anche nessuno li ha mai raccontati, son raccolti, per bene e per nulla schiacciati, incartati, con fiocco, biglietto e nastrino. Son regali, stavolta, che ho un po’ sonno e un po’ sete, son giocattoli rotti, sono cani che scappano, sono prose e poesie, sono vite qualunque, sono amori ridicoli ed elastici rotti, sono panna, rabarbaro, maghi e balene. Son follie, miei signori, sono assurde canzoni, sono storie di un attimo che durano un secolo, sono vetri appannati e pastiglie e confetti, medicine e spremute, gianduiotti e soufflè. Sono Fragole, in scrigno, in pacchetti da dieci, sono frutti inconsueti, uno a me e uno a te. Sono il sogno più bello, un tesoro nascosto, una sfida, una spada, il mantello del Re.

27 settembre, 2007

Piove.


Di una pioggina noiosa e a filini, di quella che sì, basta una passata de tergicristallo e và via, non di quei goccioloni che fanno le bolle sul terrazzo. Piove, di quella pioggia che devi guardare per bene, ma piove o no? fuori dalla finestra, che apri in camicia da notte sperando che non faccia ancora freddo. Piove, sui piumini che hai tirato fuori dall'armadio, legati come sacchi a pelo coi nastri rossi, e infilata dentro una bustina di deodorante, muschio e vaniglia, una specie di odore dell'inverno che verrà. Piove sugli sbadigli, sulla colazione con la luce accesa, sulla zero voglia. E piove, sulle rose dell'aiuola, maleducate, loro continuano a fiorire, con i loro colori dei gelati, crema, mirtillo, fior di latte. Non ho rose rosse, me ne sono accorta solo stamattina. E piove e piove, sulla bicicletta della Princi, sulla moto del Liceale, lasciati ancora fuori nella speranza di poterli usare ancora, lei per andare avanti e indietro, lui per raggiungere la Biondina Lisciata Sabato Sera. Piove su una macchinina e sui disegni col gesso fatti dai piccoli del villaggio, sugli aghi dei pini che il vento di stanotte ha buttato giù. Piove anche su di me. Odio gli ombrelli di ogni forma e colore, li uso solo quando diluvia a stecca (a stecca?), piove sulla mia gonna di Zara da professoressa di matematica, zitella, inacidita e con le calze riposanti, la crocchia e gli occhiali spessi. Piove, sul portachiavi a stella marina che mi ha regalato il mio sposo, forse per lasciarmi ancora un pò d'estate tra le mani. Ma in fondo che importa se piove e pioverà. Noi si sta, belli tranquilli, a fare le cose di sempre, in questa quiete accesa di cose e di progetti e di giri e di questioni, anche, e di parole e di abbracci, e di magoni e di sorrisi. E per ben iniziare, si imita Il Vate e si scrive, scrive e scrive. L'unico modo che so per darmi il buongiorno, per trovare deliziosa anche la pioggia che dai, se guardi meglio, tra poco smetterà.

25 settembre, 2007

Ode all'oro Saiwa.


Certo, lo conoscono tutti. E non è certo famoso per il suo sapore. E' insipido, e per nulla dolce. Croccante, certo, ma di zucchero ne ha proprio pochino. Insomma, tanto biscotto non è. Ma è simpatico e molto elegante. Per esempio, lo si usa moltissimo d'estate. E per una colazione leggera. E per premiare il cane quando si siede composta e non tutta storta e di sghimbescio. L'oro Saiwa, si diceva, è il più glamour, in assoluto. Tanto per cominciare, il numero: è l'unico biscotto al mondo che si vende in multipli di 100. Non esistono confezioni da 100 grammi. O ne compri mille o non ne compri nessuno. E poi, quel contorno! Con tutti quei ghirigori, quel merletto che ha tutt'intorno ha già scatenato l'invidia di più di un collega. Lui, non si smuove. Non si sbriciola, è il vero lord della biscottiera. Il suo abbigliamento è classico, immutato negli anni, il pacchetto giallo e la scritta rossa. Si tuffa bello sereno nel caffelatte e non la fa tanto lunga. Anche se, come ogni nobile che si rispetti, soffre di solitudine. E guai, guai, guai ad intingerlo solingo. La vera apoteosi di un Oro Saiwa è un altro Oro Saiwa. In due, si sa, viene tutto meglio. Ed è così educato, che appena prima di tuffarsi, vuol fare la conoscenza del suo compagno di viaggio. Così, con i merletti perfettamente combacianti,e quel profumo di grano, Lui si presenta: il mio nome è Saiwa. Oro Saiwa. E per piacere, non chiamatelo Biscotto Secco!

24 settembre, 2007

Così non va.

No che non va bene. Confusa, inconcludente, ciondolante, un pochino. Svegliata a pezzi, le gambe giù dal letto e tutto il resto lì, le braccia sotto il cuscino, i capelli arruffati sulla faccia, non mi alzo, non ce la posso fare, non stamattina, non adesso, per piacere, non così. Nessuna voglia di niente. E invece, bellezza, ti conviene scrollarti per bene, alzati e cammina, e fila in cucina, ti ci vuole un caffè triplo, magari, e iniziare a fare i programmi, bella presente a te stessa e non con quella faccia lì, le braccia ciondolanti, i capelli esplosi, gli occhi semichiusi e quei mugugni, suvvia! una signora per bene non scende dalle scale biascicando ma chesonno, ma che ore sono e cose del genere. Una signora per bene si alza e schizza sotto la doccia e giù di guanto di crine e canticchia, magari, e poi avvolta in una nuvola di profumo di mirtillo imburra toast e versa caffè e Ancora Succo D'Arancia? e poi sale e sveglia i figlioli con voce da fringuello, Tesoriiiiii! Un bel niente, invece. La giornata virerà, mi auguro, nel senso che alla fine mi sveglierò davvero e farò la tonnellata di cose che devo fare e che non ne ho nessunissima voglia al mondo nemmeno per sogno. Sono stata chiara? Con tutto ciò, signora cara, è ben meglio che se lo metta bene in quella deliziosa testolina: l'estate, ahimè, è proprio finita per ben sul serio. Certo, siamo ancora in magliettina e senza calze e abbiamo ancora quell'aria di salute dorata e biscottosa, carezze di quel sole di cui ci siamo fatte scorpacciate. Ma presto, molto presto, sarà autunno davvero e la nebbiolina che ora avverte nel suo altrettanto delizioso cervello, ci sarà, ma sì, proprio fuori dalla finestra. Già. La patologia comunemente chiamata Sindrome da Cambiamento di Stagione è più brevemente definita scazzo, e non faccia quella faccia lì, che siamo nel Benemerito Paese dove basta dire un Vaffan e ti invitano da Santoro. Comunque, ben meglio sarà che s'organizzi: non più fresche insalatine ma zuppe e passati. Non più camiciole ma felpone e sciarpone. E i parei se li scordi per un pò. Coraggio, si abituerà. Nel frattempo, le prescrivo una bella cura. Ricostituenti, per iniziare, ginseng e guaranà, per finire. E cachemere, cachemere, cachemere in quantità. Bell'e pronto o da tricottare nel prossimo Knit Cafè, nel cachemere v'è la soluzione ai suoi acciacchi. Da qualcosa bisogna pure cominciare, no?

22 settembre, 2007

Il Premio della Critica.


Nel senso più letterale del termine, però. Nessun tappeto rosso, nessun And The Winner Is, nessuna foto in abito lungo d'ordinanza, anche se il tour di vetrine di ieri mattina poteva fare al caso mio, ho provato un cappotto viola da non dormirci la notte e alla fine sono uscita con un paio di scarpe, ma va?, che ne avevo tanto bisogno. Ma di critica, si parlava. Le critiche più spietate, più crudeli, che fanno più male non sono certo quelle delle Dame di Carità della città in cui vivo, non delle Vicine, adorabili, non dalle Amiche, certo che no. Sono quelle, impunite e sfacciate, che fuoriescono dalle rosee boccucce dei miei figlioli. Dai maschi, com'è ovvio. Loro, i Principi del Liceo e/o dell'Ateneo, i Gran Visir del Buon Gusto e dell' educazione, loro, sì, Profeti del Saper Vivere e delle Buone Maniere, mi criticano. E come ti sei vestita, ma dove credi di andare, ma qui e ma là. E di me, parlano e sparlano. Di come sono. Pettegola. Chiacchierona. Che voglio sapere. Serpente a sonagli. Che mi bulleggio ( che ancora bene non mi è chiaro il significato ma studierò la questione). Che mi impiccio. E soprattutto, regina incontrastata di tutte le Critiche Mondiali.....CHE SCRIVI I FATTI NOSTRI. Già, scrivo. Di me, delle cose mie, della mia vita, delle cose che faccio e di quelle che no, tanti mi hanno chiesto perchè, e io mai che abbia dato una risposta uguale per due volte di seguito. In realtà non lo so nemmeno io. Ho scritto diari da tutta la vita, e tenuto fotografie e raccolto spaghini dei regali e bastoncini del gelato e biglietti del cinema e carte d'imbarco e scontrini e bigliettini quelli bianchi nei mazzi di fiori. Scrivo perchè questo pezzo della mia vita mi piace così tanto che lo voglio un pò fermare, non so, raccontare, sì, che male c'è, e cosa importa se chi lo legge è qui vicino o a Singapore. Da tutto il mondo, è vero, si può vedere da dove leggono dei miei figli e dei gatti e dei miei ricami e dei miei magoni. Resta la curiosità, a chi può interessare che cosa faccio io, e l'orgoglio, anche, ma guarda guarda, mi leggono anche da lì. E mi dicono, dai, scrivi ancora. Pubblicherò, un giorno non lontano, quando una Casa Editrice finalmente vorrà raccogliere le mie Fragole, e allora, sì, ai miei figli che non capiscono dirò che ogni mamma ha un sogno. E da quando avevo l'età loro, cari i miei trucidi piccini, il mio sogno è questo qua. E non sono brava a inventare i personaggi, che anche alla Holden me l'hanno detto, no, inventare i personaggi non ti viene tanto bene, scrivi di quello che sai. E io, so di voi. Così, scrivo. Scrivo e aspetto. Scrivo e pubblico ogni giorno. E ogni giorno il mio sogno si avvera, attravero tutti i click che mi fanno dal mondo e dalla casa qui vicino. E sono felice. E a voi, figliolini adorati, dico che smetterò. Smetterò e non dirò, per esempio, della cena di ieri sera, col mare e la luna, tutti insieme anzi un pò di più, che la Biondina Timida era dei nostri, che ha avuto in dono dal Feroce Capitano la maglietta dell'equipaggio e che...ops! Ma si sa, le mamme che sognano son così sbadate.

20 settembre, 2007

Itaca.


Tornati, i miei naufraghi. Raccolti col cucchiaino, in verità, stravolti da quasi 15 ore di navigazione, il mare grosso, i temporali, nonostante le previsione, bruttine sì, ma chi immaginava onde del genere. Arrivati, salati e stanchissimi, e io sul pontile coi tacchi e il vestitino, ma come, dico al mio sposo, non dovevamo andare a cena? certo che no, bellezza, dai uno sguardo qui sotto, i barattoli allineati con grazia in cucina, benchè molto ermetici e molto legati, sono praticamente esplosi nelle burrasca, e per terra è un delirio di sale e caffè e zucchero e biscotti fradici e io, con licenza parlando, ho bagnate anche le mutande e sogno una doccia calda e lenzuola fresche di bucato e dormire, dormire, dormire, che tutto 'sto sù e giù mi ha intorcinato le budella e anche il cervello. Sì, sei carina, ma ti posso guardare meglio domani? Come dirgli di no. Fascinoso, il mio sposo travestito da Ulisse, ha gli occhi più verdi, stasera, ed è vero, è stanco e affamato e un pò sciabordito, ma ha in sorriso che stende e che quasi non ricordavo. E io qui, con le scarpe in mano e il vesititino tirato sù, a scaricare sacche di biancheria da lavare e souvenir de la Corse. Eccola qui, la mia bizzarra famiglia, l'amore più grande che ho, riunita in cucina, anche se è tardi e bisognerebbe andare a dormire, ma le cose da raccontare sono tante e ho fatto un pane croccante che si spazzolano in un secondo. Stasera, ogni letto di casa mia sarà occupato. E il mio sposo accanto a me. Era ora, in fondo, fare la Penelope per un pò va bene, ma che non si esageri. Quanto alla mia camicia da notte da corsa, viola pervinca e con scollatura, che le devo dire, signora mia, Ulisse manco l'ha vista. Pazienza ci vuole, coi marinai.

17 settembre, 2007

Piroette.


Mai fatto danza in vita mia. Lo si capisce dal mio passo da corrazziere. E dalle spalle, anche, da anni di nuoto e atletica. Perciò le mie piroette son tutt'altro che aggraziate. E meno male che non lo sono. Esse infatti si svolgono non già alla sbarra, sul parquet scricchiolante, in una immensa sala prove all'ultimo piano di un palazzone del centro storico, dove un'arcigna zitella al pianoforte e una maestra non zitella ma arcigna ella pure svela i segreti del pliè e del degagè a fanciulline sbadiglianti di ottima famiglia, che la danza fa bene al portamento. No, no, le mie piroette son di tutt'altrissimo genere. Passo, trafelata, dalla fila alla posta alla fila alla Motorizzazione Civile, che signora mia, i figlioli crescono e pure il Nuovo Liceale ha da dare l'esame per il ciclomotore, oh yes. E poi, via, a razzo, ad altre file e altre incombenze, il medico da cambiare che il pediatra resta solo fino al quattordicesimo anno , non lo sapeva? e poi ancora in Comune per la mensa della PrinciGolia, intesa come caramellina, che stamattina era imbronciatissima. E io danzo, danzo su e giù per la città, e osservo la gente che è in fila con me, o nella fila vicino e mi chiedo, mi chiedo molto. Perchè mai agli extracomunitari gli impiegati diano del tu, perchè c'è gente che ha una faccia così triste e rassegnata, perchè è così raro trovare qualcuno mediamente gentile, perchè le signore col velo e i passeggini sono le più educate di tutti, perchè quel signore disoccupato che chiedeva l'esenzione del ticket era incravattato e incatenato e profumato alla nausea, perchè gli anziani hanno sempre più fretta di tutti, perchè alla posta hanno ancora la colla col pennello in un vasetto di vetro, perchè nessuno ha in mano un libro o un giornale e stanno lì, tutti rimbambiti e imbesuiti ad aspettare il proprio turno e nessuno, nessuno che gli venga voglia di scambiare una chiacchiera o un sorriso con nessuno. Perchè le donne straniere hanno le scarpe che fanno rumore, perchè parlano a voce altissima, perchè gli uomini si danno tre baci come a Parigi, perchè i bambini non fanno mai un capriccio, perchè se fai sedere un vecchietto ti guarda storto e fa finta di non sentire, perchè, perchè, perchè. Sarà che ho avuto troppo tempo per osservare e avrei voluto tirar fuori il mio ricamo di Natale (di già?) che 32 persone davanti alla Posta sono un bel numerino, sarà che oggi ero così di buonumore, che sembrava freddo e invece no, è ancora dannatamente estate qui, e allora, che m'importa della gente e della confusione, sorrido dentro di me, sono in pace e sto bene, di niente, in realtà, ma è tutto così tranquillo, nonostante il caos, e quindi e perciò sarà meglio che continui, sorridendo e sorridendo, a fare le mie piroette. Che nonostante l'atletica e i 200 farfalla, non mi vengono neppure tanto male, sa?

14 settembre, 2007

Ode alla Gocciola.


Che la Gocciola fosse un bel tipino, si era già scoperto da un pezzo. Non passa certo inosservata con tutti quei gioielli di cioccolato da far invidia e quelle curve, che già ravanando nella biscottiera, anche senza guardare, ti accorgi che non può essere nè un Pan Di Stelle , nè un Savoiardo, men che meno una Fetta Biscottata. E' sinuosa, accattivante, melliflua. Seducente, direi. E lui, quell'ingenuo del latte, c'è cascato in pieno. La adora. Si è lasciato abbindolare, innamorandosi perdutamente di lei. La accarezza, nell'intimità della tazza, appena tiepido e giammai bollente. La coccola. E lei, la sfrontata, ci gioca, si fa intingere e girare col cucchiaino, si immerge un pò e riaffiora, nel candore, con i suoi monili al cioccolato appena un pochino sciolti. Dicono sia un pò vezzosa e che si dia un sacco di arie, e che non lo confessi a nessuno ma che anche lei straveda per il latte. Si amano così, nel silenzio della cucina, a colazione, principalmente, ma anche in quei momenti di pace perfetta e solitudine gradevolissima, di calma apparente, in cui si vogliono coccole e dolcezze. La tenera, segreta storia tra Latte e Gocciole vi conquisterà e sarà amore al primo assaggio. Anche la Gocciola ci è cascata: nel latte, intendo.

13 settembre, 2007

Dormi.


Da sempre, niente al mondo mi dà più pace di guardare i miei figli dormire. Sono momenti in cui ti senti un pò artista, un pò prescelta, bravissima e perfetta. In queste sere, la Princi ha trasferito il suo pigiamino a pois sotto il cuscino del mio Sposo, ed è lei la sostituta ufficiale. Mi piace che sia lì. Mi piace sentire il suo profumo della sera, un misto di sapone e dentifricio, mi piace che salti sul letto già assonnata, Però Parliamo, Vero Mamma? e si copra fin sulle orecchie e si rannicchi strofinandosi, e chiamando il gatto, salvo poi addormentarsi di stecca, così, bam! alle mie parole sussurrate risponde solo a mugolii e poi, silenzio. La sento respirare dolce, e poi profondo, e guardandola, penso a lei, alla sua giornata di scuola appena iniziata, alle amiche, lo zaino e la gomma da cancellare, le sue paure, la sua tazza di latte, e le sue prove davanti allo specchio. Vorrei vedere i suoi sogni, di gnomi, elfi e folletti, lustrini e paillettes. Attraverso i suoi occhi chiusi, le ciglia appena un pò più bionde sulle punte, vorrei dormire il suo sonno, tenermela vicino e guardarla e guardarla, e vedere le cose che vede, sognare i sogni suoi, dormire col suo sonno di nuvole e neve e di questo respiro, così regolare e profondo, che sa di beatitudine infinita, Sono al Sicuro, Il Mio Mondo è Questo Qua. Niente dà più pace e niente è così difficile da descrivere, di un bimbo che ti dorme accanto. E tu dormi, bambina felice, dormi. Domattina sul cuscino accanto a te, un lustrino, una paillettes, la piccola impronta di uno gnomo burlone.

12 settembre, 2007

Jarabe De Palo - Mi piace come sei

L'inca@@atura.



A mille. Di quelle che così te ne vengono una ogni 2 anni, forse. Devastante, assoluta, sconvolgente. Piena di imprecazioni e vaffan, che non è più l'8 settembre e nemmeno Grillo mi sta tanto simpatico. Che ti fa bruciare gli occhi, stringere i denti, furente. E lucidare la cucina come fossero i gioielli della Corona, che ti fa scaraventare fuori il gatto, ecco, vai fuori, mi hai rotto anche tu. Quando è così, niente e nessuno te la farà passare prima di un paio di giorni, pensi, e anche se arriva la Princi e ti fa una carezzina e un sorriso pieno di zucchero, è solo per un attimo, e poi, la stizza riaffiora, come i palloni da calcio nel mare e ti ci siedi sopra ma loro no, schizzano fuori dall'acqua. E così, mescoli il budino alla menta come i muratori del tuo Amico quando preparano il cemento, e sbatti e sbatti che in un attimo è pronto, ma quale frusta, ma quale Kitchen Aid, basti tu. Inviperita, imbestialita, che non è irritata o alterata, men che meno arrabbiata o contrariata. Inca @@ata, ecco. Altro nome non c'è.

11 settembre, 2007

Un tuffo.

E nemmeno dove l'acqua è più blu, niente di piùùùùùùù. Il tuffo c'è stato, eccome, direttamente dalla sabbia bianca alla Coccoina, dal mare d'inchiostro all'inchiostro per la stilografica della Princi. Si riede, signora mia carissima, alle cose terrene, passando dritti dritti dalla fantasia del pareo a quella delle copertine dei quaderni, dalla stuoia al dizionario. E' tutto un fiorire di ri. Si ri-prende il tacabanda, si ri-comincia a svegliarsi all'alba o quasi, dovendosi ri-abituare al bit bit della sveglia, si ri-prende a stazionare, nei secoli dei secoli e volesse il Cielo per l'ultimo anno, davanti alla scuola. Ed è qui che si ri-trovano le donne di sempre, amiche e non già, abbronzate e palliducce, ingrassate e dimagrite, simpatiche e Che Dio Me Ne Liberi, è qui che si sfoggiano le mises più eleganti per il rito mondanissimo del primo giorno di scuola. E' qui che si indossa l'ultima Christian Louboutin tacco 15, qui che si fa sfoggio della collezione autunno inverno Prada Sport, esattamente qui che la messimpiega deve per forza di cose essere superimpeccabile, senza un capello fuori posto, a costo di avere l'ultimo bigodino occultato sotto il sedile dell'automobile. Che diranno di me, allora, presentata in jeans e camiciola, capello lungo e un pò arrostito da vento e sole, ma col suo bel perchè, ça va sans dire, munita di sacchettone per la Princi stracolmo di Rotoloni Regina per la Scorta Armadietto, sonnolenta perchè il Nuovo Liceale ha avuto la bizzarra idea di trovarsi alle ore 7,30 con i nuovi compagni. Ma insomma, non ci si ha da lamentà. Le sciagure son ben altre, già lo dissi in più d'un'occasione. Così, continuo coi tuffi. E non piangere salame dai capelli verderame. Verderame? Ho detto arrostiti.

09 settembre, 2007

L'ho fatto.

E' stato bello. Emozionante, anche, non comprensibile da chi lo fa sempre e magari ci si annoia pure e non ne può più. Per la prima volta nella storia della mia vita, ho fatto la cognata. L'invitata. Quella che arriva col vestitino buono e qualche figliolo, un pensierino per la padrona di casa, un vassoio di paste, quelle legate col cordino dorato, come nella tradizione della città in cui vivo che non è la mia, già, ma la mia, invero, quale sarà mai? Troppi traslochi e transumanze e spostamenti. Adesso, si ha voglia di radici. Da un pò di tempo, in realtà. Si ha voglia di non sentirsi sempre stranieri in terra straniera, di sentirsi dire, Siete Soli, Venite a Pranzo, Domenica? E mica da persone qualsiasi, si badi bene. Ora, càpita che la scrivente abbia sì una famiglia che è simile ad una falange armata, unita e compatta. Ma a volte, sono le origini che mancano, siamo tutti un pò sparpagliati, forse nemmeno tanto legati, o forse legata la sono solo io e gli altri hanno fatto un corso di Slegamento da Figlie e Sorelle e sono stati promossi a pieni voti. Com'è come non è, oggi mi sono recata. In visita pastorale, su invito, da parenti inventati. Da cognate che erano e non sono più. Da sorelle di cognate che cantavano con me in chiesa centinaia di anni fa, che se ci fossimo messe, oggi, avremmo cantato l' Ave Verum di Mozart proprio come Bocelli, la sappiamo a memoria, mica bruscolini. E suo marito, che è stato mio catechista per la Cresima e a dirlo non sembra neanche vero, preparava il soffritto e chiacchierava con me con la limpidezza e l'accento benevolo e carezzevole che solo le persone di queste parti, le mie, hanno con me. Delle cose passate, neanche una parola, ma in fondo io che c'entro, i matrimoni finiscono solo tra due persone, chi mai l'ha detto che si debbano aspirare col battitappeto anche le persone che ruotano intorno agli sposi non più sposi? Certo, deve passare del tempo. Deve esserci un nipotastro che adoro, che ha il mio cognome e gli occhi dolci, unico sulla crosta terrestre che mi chiama zia e io mi sciolgo ogni volta, perchè sua zia la sono davvero e per un pò non l'ho fatta e sto cercando di riprendermi il tempo che ho perso, non per causa mia. Si rimedia, con gli affetti. Coi risotti della domenica, con gli inviti da una famiglia che non è la tua, ma che ti regala marmellata e conserve e ti dice Ti preparo Un Caffè, come, a me? E ci si trova a spettegolare di gente che non pensavi più, di cose e persone, a sentire il campanile, a dire ancora qualche parola in quel dialetto che un pò hai scordato. Ma le ragioni dei sentimenti, della vicinanza e del bene più schietto, vanno al di là delle carte bollate. Cognati o non cognati, amici che sembrano cugini, Amiche del Cuore che passano apposta per farti un saluto, grazie di farmi sentire, nel paese che non è più il mio, ogni volta, a casa mia.

08 settembre, 2007

La gita scolastica.


Ma sì che ci siamo. Lunedì inizia la buriana. La sarabanda. Il delirio. Il Gran Ballo della Scuola. Da qualche anno, ho istituito a casa mia una serie di piccoli riti, stupidaggini perlopiù, ma che rendono un pò più dolce il rientro, la sveglia presto, per cominciare, e i ritmi scanditi, per finire, i giorni programmati, gli impegni, insomma. Finiti i giorni senza orologio, a chiedersi se è martedì o domenica, il rientro è caratterizzato dalla cerimonia della Scorta Scuola. Si sceglie con cura un supermercato, meglio se in un centro commerciale, e, ben forniti di pecunia, i figlioli son tanti, signora bella, e con quel che costa la roba al giorno d'oggi, non mi dica nulla, guardi, e ci si reca. Ieri era il giorno designato per tale operazione. La PrinciBigBubble al settimo cielo, anche perchè quest'anno abbiamo avuto una new entry. Mi sono caricata infatti uno stuolo di figli, i miei, e anche la Biondina, che mai, mai, mai avrebbe lasciato solo il suo Amato nell'ardua impresa di scegliere un temperino. Detto fatto, ci recammo. In realtà la situazione ci è un pò sfuggita di mano. Non soltanto perchè durante il viaggio si è deciso che sì, in fondo di quaderni nuovi ne avevano ancora dell'anno scorso e che con pastelli e pennarelli ci potremmo lastricare la Fifth Avenue, e che forse, però, magari, un giretto da Zara per un maglioncino con scollo a V, che vanno tanto di moda tra i liceali, un vestitino, mamma, che quelli che ho mi sono corti, com'è, come non è, mi sono lasciata convincere. Ora, chi ha figli adolescenti o giù di lì, sa con precisione che razza di estenuante, sfinente, raccapricciante compito sia fare spese di abbigliamento con loro, i figlioli. In tali situazioni, anche il più disinteressato alla vicenda assume atteggiamenti da Maria Callas in camerino: o prova decine di jeans (tutti uguali) o non ne prova nessuno e bofonchia. Ho stilato un piano d'azione. Ci dividiamo, ognuno cerca per sè con un occhio al budget e poi ci troviamo alla cassa. E' stato divertente. Ci sono passaggi, nella vita di una donna, in cui fare la mamma passa da soffiare nasi, a sentire sul polso se il latte scotta, a guardare Bambi per la centesima volta, a costruire coi Lego, a pettinare le bambole. E poi, via via, il tempo ti scivola, e quando scopri che, accidenti, ti hanno superato di almeno due centimetri e non sai più esattamente che cosa succede, se sono loro che crescono e tu che stai ferma. E adesso, qualche volta, sono loro a far giocare te perchè insieme ti capita di ridere fino alle lacrime e a far confusione da Zara, come all'Upim di Firenze nel '79, e allora non ti importa se sulla prossima torta avrai due 4, e che non sono voti, ma ti senti bene e felice e un pò ragazza, e fai finta di scandalizzarti un pochino se il Liceale e la Biondina si baciano ogni 5 secondi, e te li guardi, grandi e bellissimi, e la PrinciDolce che li consiglia, Il Marrone Non è Il Tuo Colore, ma dove lo ha imparato? Tornati a pomeriggio inoltrato, stanchi, felici e senza il becco di un quattrino. Ma in segreto, in camicia da notte, appena prima di lavarmi i denti e andare a dormire, mi sono data un bel 7, e questo è un voto, signora cara. E il mio sorriso nello specchio, ma guarda un pò, era uguale uguale a quello del '79. Un regalo dei miei figli.

06 settembre, 2007

Casa.


A casa, alla fine. Una casa strana, diventata in quese ultime due settimane il ritrovo di gran parte degli amici dei miei figli, luogo di bivacco e di tornei infiniti di Playstation, di film di Blockbuster, di pastasciutte, di confessioni sul divano e spero solo quelle. L'ho trovata impeccabile, al mio rientro. I fornelli splendenti, non la traccia di una briciola, i letti rifatti, le lenzuola tesissime. Non mi convince. Scoprirò più tardi, infatti, che il ritardo della mia nave è stato provvidenziale e che un piccolo esercito di giovinastri, armato di Glassex e aspirapolvere, ha rimediato ai misfatti compiuti. E' il risultato quello che conta, no? Complimenti ai figlioli, miei e non. C'è un sottile piacere a ritornare alle cose di sempre, alle più semplici e più piccole, in fondo. Passato il primo smarrimento tra valigie e zaini, pochi, in realtà, viaggiavamo solo io e la PrinciFolletto, si ha il tempo, beato, di assaporare in pace ogni singolo angolo di questa casa colorata, sterminata, disseminata, piena di angoli e anfratti dove ognuno possa fare in pace quel che più gli aggrada, il broccolo davanti alla TV, l'intellettuale con un libro in mano, la sciccosa ricamatrice, il moderno internauta, la cuoca provetta, la nullafacente, la sbadigliante, annoiata donna di campagna, condizioni, queste ultime, che vorrei provare, ogni tanto, ma che, ahimè, sono di difficile messa in atto. C'è un momento, che và da quando posi le valigie a quando decidi di iniziare a disfarle, che il tuo cuore si riprende, o meglio, riprende possesso delle cose che ama, le sue, quelle che sa. Un giro rapido, a constatare che sì, il prato è bello e verdissimo, con l'acquazzone di due giorni fa, e le ortensie hanno perso il loro colore sfacciato dei pastelli, e sono verdine, opache, affascinanti, nel loro abito quasi autunnale. Mi piacciono anche così. E ritrovi i piatti a cuoricini e quel bicchiere sbeccato che non hai coraggio di buttare e decidi, su due piedi, di usarlo di sopra, per le matite. Sfiori appena la posta accumulata, non ora, per piacere. Sei a casa, si sente dall'odore. Vale per tutti, mi sa. La mia sa di cera per i mobili, di miele, credo, di vaniglia per via delle candele spesso accese. E di caldo. E qui, in questa casa in collina, in mezzo a tante ma unica, inizio da subito la mia vita di sempre, che non è il mare e la sabbia, ma figli e libri e zaini e spese e cene e verdure pulite mentre un figlio racconta, e le note sulla lavagna e i fiori freschi e grida dalle scale e pace sul divano, le fusa del gatto e due manine che mi fanno una treccia. "Home is where your heart is". Siamo a casa. Anche il cuore lo sa, anche se crede, impertinente, che lui possa stare in due posti diversi.

03 settembre, 2007

E tanti saluti.

Così, me ne vado. Tanti saluti, torno all'altra casa, quella col ciliegio, i gatti, il cane e il pettirosso. Domani si parla di una gran maestralata, chissà che mare ci sarà. Ma io, vado e tanti saluti. A tutti quelli che sono passati di qua, agli amici persi e ritrovati, ritrovati e persi, a quelli smarriti e a quelli che non si sono mai mossi da dove sono. Tanti saluti alle Crocs, alle donne rifatte, alle trentenni tristi e insoddisfatte, a quelli del Billionnaire, a quelli del Conosco un Agriturismo, tanti saluti ai tender, ai merdosi di Porto Rafael, ai marinai, alle filippine, saluti al contadino che vende la verdura all'incrocio, al ragazzo che Signora, Formaggio Le Occorre? Tanti saluti alle ceste di paglia, agli ambulanti della spiaggia, a quella che faceva le treccine, alla pilotina che vende i gelati all'Isola Piana, saluti ai gabbiani, ai delfini e alle balene, Saluti alla statua di Costanzo Ciano, posto che adoro, mi affascina, mi calma e mi dà pace, saluti ai parei, ai flaconi di Nivea, ai balsami al cocco, agli occhiali da sole. Tanti saluti al vento, alle onde più alte, al mirto e alle candele, agli aperitivi improvvisati, alle paste per 16, alle notti di luna, all'arcobaleno, che non si vede ma c'è. Tanti saluti ai pensieri più belli, alle lacrime, anche, alle storie passate, alle cose raccontate e a quelle ascoltate. Saluti ai sogni, belli e no, al rumore del vento sulle foglie, alle stelle cadenti e ai desideri, non se ne avvererà nessuno, lo so già, ma è stato bello farli. Saluti ai surf, alla sabbia e alle palette, ai salvagenti, alle gare di tuffi e alle notti alla fonda. Saluti all'estate che và via, strana e crudele, velocissima e trasparente. Domani sera, tante cose lasceranno quest'isola, insieme a me. Un pò di tutto questo lo porterò via. Ma qui lascio ogni volta un pezzo di cuore, un pò del mio tempo, i miei figli che crescono, le altezze segnate chissà perchè, sul muro accanto al frigo. Lascio un pò dei miei giorni, ogni volta un pochino, e andar via da qui è sempre così strano. Perciò, prima che diventi triste sul serio, baci abbracci e auguri per tutto, strangolerò il prossimo che me lo dice. Restiamo sul classico. E quindi e perciò, TANTI SALUTI.

01 settembre, 2007

Bricolage.

Con le passate giornate di tempo non proprio da spiaggia, con transumanze da curare, biglietti da fare, lavatrici da suddividere al motto di DiChiSonoLeMutandeAzzurre? assettare la casa già un pochino per l'autunno, abbiamo un matrimonio a fine ottobre, sull'Isola, possiamo mica mancare, in queste giornate, per l'appunto, m'è punta vaghezza di copiare dal famoso libriccino francese di cui sotto, un porta bijoux. Non già quei bei cofanetti delle caramelle Sperlari, quelli che non si incartavano mai, e nemmeno quelli con la ballerina e il carillon, o meglio, quelli tutti tempestati di conchiglie e foderati di vellutino, non mi vergogno a dirlo, mi piacevano da matti. Un quadro, mia bella signora, una cosa che sì, riunisca tutti i miei gioielli farlocchissimi, giusto per non trovarli dovunque per casa, si sa, nasco disordinata cromosomicamente, ma per vederli tutti lì, appesi in bellissima mostra nella casa delle vacanze che mi troverò tra qualche giorno a lasciare. Ingredienti per il porta bijoux: si trovi un bel falegname, palestrato q.b., che ti regali un pezzo di compensato, materiale di scarto, che cosa se ne fa di un assicella di queste dimensioni? Si aggiungano dei gancettini e due chiodi. E poi, manciate di collane e braccialettini, valore minimo, direi, nessuna preziosità, anche se ben si riconsce, al gancetto Precieux, l'anello che mi ha regalato la Fux. Si copi lo schema nei colori che più ci aggradano e che più si intonano al vostro umore del momento. Durata dell'operazione: una mattina di pioggia battente, con la nebbia che nemmeno si vede Maddalena, e la PrinciMedusa da assistere negli ultimi compiti delle vacanze. Ora, non resta che chiamare il Bel Falegname, e mostrargli l'opera compiuta. Aspetterò che il Capitano salpi.

30 agosto, 2007

Lo chignon.

Mi piacciono i capelli lunghi. Li ho sempre avuti lunghi, lunghissimi, fin quando non ho avuto i figlioli. Dopodichè, mi è sembrato giusto tagliar le mie lunghe trecce che altro non erano che un appiglio per le loro manine grassocce. Sono diventata una caschetto addict, liscio, gassato, asimmettrico, fuori misura, ma sempre caschetto. Non che la vicenda possa interessare le folle, ma mi sembrava utile puntualizzare. Adesso, che ho avuto voglia di cambiare un pò, che le manine grassocce sono diventate farlecche (do you know farlecche ?) da 25 cm, o deliziose manine che vogliono imparare a ricamare come me, e a far le torte come me, beh, adesso ho avuto voglia di nuovo di capelli lunghissimi. Ci sto riuscendo. Non sono fanatica dei cento colpi di spazzola, ma mi piace il rito del balsamo, per esempio, o degli impacchi, e di tutti quei pasticci che sembrano fatti apposta per le fluenti chiome. Che problemi, nevvero? E poi amo tutti quegli orpelli, forcine, pettinini, bastoncini e spilloni che servono appunto a dar loro una sistemata. In questi giorni estivi, col vento e il caldo, ho potuto testè sperimentare una pratica che adoro, e che, ben attenti, nulla ha a che vedere con giochi erotici e similari. Tal pratica è definita Dello Chignon Improvvisato, della quale la scrivente è, fin dai tempi della scuola, regina indiscussa. Il tirar sù i capelli con l'attrezzo giusto è roba da dilettanti. La giostra cambia quando l'attrezzo usato è, per esempio, una penna. La migliore in assoluto, per questo tipo di pettinatura, è la Bic Punta Fine, debitamente privata del suo cappuccio. Non troppo scivolosa, discreta e della lunghezza giusta, conferirà alle voste chiome sapientemente raccolte un aria sufficientemente colta e chic. Per le serate si potranno usare tutti i modelli di Bic Crystall, di vari colori, dal rosa, al viole, al verde. Assolutamente sconsigliate le MontBlanc in ogni modello e le stilografiche, che per altro amo, ma solo per scrivere.Il top però va raggiuno con la matita da disegno. Non importa che numero di mina, basta che sia di colore naturale, non laccata, e senza gommina in cima, che tira i capelli. Per un effetto coordinato benissimo i Caran D'Ache, i Giotto Acquerellabili, gli Stabilo, dai colori vivaci intonati all'abbiglio. Spiritoso il lapis rosso e blù, effetto Professoressa Che Corregge i Compiti. Spunteranno con discrezione dall'acconciatura, ben appuntita, per carità, e sarà un felice connubio di semplicità e ricercatezza. Ho sperimentato per tutta l'estate questo tipo di pettinatura e devo dire che dà un'aria fintamente disordinata: per ottenere un effetto decoroso ci vogliono almeno due o tre tentativi, e il mio Sposo sostiene che una donna che si raccoglie o si scioglie, a scelta, le chiome ha su di lui un effetto afrodisiaco. Misteri della mente umana. E del mio Sposo, appunto. Ma in maniera più pratica, mi viene alla mente la storica frase del mio Esimio Parrucchiere: "Quando i capelli si devono raccogliere, è ora di tagliarli". Farò la gnorri.

26 agosto, 2007

Si crea.

Complici i giorni di pioggia che per fortuna sono passati, complice un regalo inaspettato, 8 teli bagno morbidissimi tinta corda, con un bordo non proprio ricamabile ma ho fatto finta che. Il risultato è stato strabiliante: pronti per andare a far parte del corredo di Amaranta, che ho già visto flirtare con il mega yacht che ha di fianco, tale Shangri Là, che si fa tirare a lucido dal suo marinaio quando la vede arrivare da lontano, proprio lì, appena dietro il faro di Punta Sardegna. Complici le notti di luna di Porto Raphael, il profumo dell'ibisco e quell'acqua trasparente, i due si strofinano, parabordo a parabordo, dividendo la stessa banchina, fianco a fianco, da tutta l'estate. E per le nozze, imminenti, la piccola Amy porterà in dono questi splendidi teli. Ricamati da me medesima, c'è da puntualizzare?

E invece, per gli ospiti di Amaranta, autori di mucchi inverecondi di panni da lavare, ho ricamato con le mie santissime manine questo sacchetto. Lo schema è un delirio, tratto da un libriccino francese di rara bellezza. I giorni di pioggia sono forieri di grandissime idee. Per esempio, è in via di ultimazione un insolito orpello per ricoverare, con grazia, eleganza ed inusuale beltà, le collane di casa. E la PrinciSirena mi ha già commissionato una mezza dozzina di astuccini e cuscinetti da mandare in visibilio le appassionate di questo bel modo di impegnare mente e cuore. E' il punto croce, bellezza. Umile quanto basta, semplice, un pò d'antan, così fuori moda da essere snob, affascinante e intrigante da non credersi. Provare, fanciulle, provare, provare, provare...

25 agosto, 2007

Che ne sarà.


Di questa fine estate. Burlona, freddina, autunnale, di già. La pioggia, il freddo, i lampi e il temporale. Che ne sarà, di questa estate che è passata, dei discorsi sul niente fatti sulla battigia, sotto l'ombrellone o in giro per il mare. In vacanza ci si sente protetti, in un certo senso, da quel che succede nel resto del mondo. Le notizie arrivano di rimbalzo, un pò in sordina, gli incendi, come sempre, un bimbetto dagli occhi spersi lasciato in un supermercato. E i delitti. Stragi di mafia e stragi di cosa. Aveva un bel sorriso, incontaminato, non so, semplice, da prima della classe, da ragazza normale. I capelli raccolti, uno sguardo tranquillo. Forse non le piacerebbe tutto questo clamore. Non le piacerebbero i fiori finti sul cancello, non tutto questo gran parlare che si fa di lei, o meglio, che non si fa. Si parla d'altro, non della mamma o del papà, si parla di tutti gli altri, quelli che forse, le hanno fatto così male e l'hanno portata via da questo mondo. E si mettono in vetrina, grazie a lei. Di questa storia che ne sarà, se troveranno chi è stato a cosa servirà. Ma prego per te, Chiara, perchè da lì dove sei volata possa non sentire tutto il rumore che si fa, le foto e le bugie. E' una strana, beffarda estate. Ma tu, vola e sorridi, così come fai in quella assurda fotografia, vola e non guardare, Chiara, non guardare giù.

21 agosto, 2007

Lascialo andare.

Non è Capodanno. Non è il brindisi, il meno otto e meno nove, non i botti e l'agenda nuova. Non è la scuola che finisce, nemmeno che inizia. Non sono i compleanni, le candeline comprate a pacchi da 10, i numeri sulla torta. Non è quello, no. Niente mi fa pensare al tempo che passa come la fine dell'estate. Più precisamente, le operazioni di dismissione, le valigie preparate un pò alla rinfusa, constatando che, forse, ci si è portati troppe scarpe. Metà della mia famiglia se ne torna questa sera in Continente. L'Universitario e il Liceale, manco a dirlo. Il primo ai libri, si spera, il secondo al suo Biondo Amore. L'estate è quasi finita, quando oramai, per tradizione, si compra la Smemoranda alla cartoleria del Nuraghe e la si fa riempire di scritte e cose e cuori e stelle e parolacce, anche, dagli amici di qua. L'estate è quasi finita quando un pò dei tuoi affetti vanno via, e tu che ti sforzi di sorridere e ti sei vestita di rosso pimpante ma tiri sù col naso, e cacci in fondo il magone che sale, ma sei scema?, ti metterai mica a piangere adesso, qui, nel vialetto, con loro che ridono e un pò ti canzonano, Andiamo Via Che Adesso Piange, e loro, più scemi di te, che tirano fuori il fazzoletto dal finestrino, e fingono singhiozzi e sceneggiate, e fanno casino fino all'ultimo secondo, e un pò ci ridi, solo un pò. Domattina saranno a casa, ai loro amici, agli allenamenti, agli esami, al primo amore della vita. E' giusto lasciarli andare. I figli, isole di bene e di fragilità, equilibri sottili di amore ed egoismo, di dolcezza e crudeltà, vanno lasciati andare, quando vogliono, nei limiti, dove vogliono e dove stanno meglio. E c'è un momento della vita che il meglio significa lontano da te. Ed è in questo meglio che tu, mamma un pò triste vestita di rosso, ti accorgi davvero del tempo che passa. Senza agenda e candeline, un figlio che cresce si capisce così.

19 agosto, 2007

Pioverà.


Non è che si sia stati proprio a pettinare le bambole. Si è andati sù e giù per il mare di Dentro e anche per il mare di Fuori, si son preparati aperitivi in mezzo al mare e paste per reggimenti, si è anche avuto il tempo di aver raptus omicidi per il Liceale, sconquassarsi il dito indice destro ma non per questo non aver voglia si scrivere e ricamare, si è avuto il buon gusto di cadere con eleganza dalle scale e di sbucciarsi un gomito come a 13 anni in Ciao. Nel frattempo, una quantità di lavatrici no-stiro, com'è noto, l'accoglienza di nuovi ospiti e il congedo da altri, si è sostenuta una prova di coraggio a tuffarsi da uno scoglio altissimo, e altre lussuriose, semplicissime amenità. Il mio Capitano mi avverte testè che nei prossimi giorni la musica dovrà cambiare: tempo brutto in arrivo, pioggerelle notturne e nebbioline, vento manco a parlarne. Ci si ferma per un pò e neppure mi dispiace. Finirò finalmente quel libro che ho iniziato prigramente, con 30 nodi la lettura non è l'operazione più semplice del mondo, senza contare che il libro si bagna e gli occhiali pure. Ricamerò e mi intratterò bellamente, a fare molto o fare niente, chi può dirlo. Stanotte, forse, una copertina non guasterà in fondo al letto. Non si uscirà, si starà a guardare lontano, scrutando le nuvole e le stelle che ci giocano. Pioverà, forse, chissà. Ma chi oserebbe mai contraddire il mio Capitano...

10 agosto, 2007

E invece, no.

Nossignore, oggi proprio no. Ha diluviato, eccome. Coi goccioloni, eccome. Di quelli che infradiciano il tappeto e bagnano tavoli e sedie e piove giù dal tetto ogni sorta di polvere, di ogni sorta di colore, marroncina e rossiccia. Di quelle piogge a gocciazze, nemmeno tanto improvvise , ma che non ti danno il tempo di mettere tutte le cose al riparo. E vento, oh yes. Vento da non uscire, lo stesso che stanotte ha corteggiato insistentemente la tenda sul patio, che ha fatto sbattere più di una porta, che ha mosso con forza le tende delle stanze, giusto per far correre gli anelli sul bastone e fare quel rumore di chincaglieria che insomma, proprio tanto gradevole, in pienissima notte, non risulta. La casa è affollatissima. Ma bella. Fanciulli in ogni dove, liceali belli sereni e contenti, con sguardi languidi e telefonate di sussurri dietro alle rocce, tutto è bene quel che finisce bene, e la Biondina Boccoluta impera nel cuore del mio scellerato figliolo. L'Universitario tenta inutilmente di preparare il suo esame del 6 settembre, ma ahimè, le grigliate sulla spiaggia e le partite di beach volley, e le sere in Costa non sono proprio l'ideale per chi ha da studiare. Tranquilli sono i più piccoli, il Quasi Liceale e i suoi amici, gli Amici del Liceale, insomma, una colonia estiva di età miste, che ti fa cucinare 1 chilo di spaghetti per volta, che ti fa comprare 1 barattolo di Nutella a giorni alterni, che ti fa acquistare in tutta scioltezza 16 cosce di pollo da fare al curry. Ma a me piace così. Avere i miei amici e gli amici dei miei figli a casa è divertente, rassicurante, ti fa sentire una famiglia allargata, ma come, più allargata di così, ti fa urlare un pochino, ti fa dire, ok, per la prossima mezz'ora ognuno raccatta le sue cose sparse, ma ti fa addormentare la sera un pò più contenta. Davvero, mi piace così. e come si dice, dove c'è gusto non c'è perdenza. Parole sante.

02 agosto, 2007

La battaglia delle pere.



Complice un giorno di vento, due o tre fa, che di spiaggia proprio non se ne è parlato. Complice un pomeriggio regalato, a scorribandare (!) per i giardini del villaggio, con palloni, frisbee e altre corbellerie, a giocare scalzi sull'erba, a stanare le lucertole dalle roccie. Protagonisti, un'orda di fanciulli dai 10 ai 14 anni, capitanata dal mio Quasi Liceale e altri suoi compagni di merende, intesi, che il Cielo mi ascolti, nel senso letterale del termine: ho spesso ospiti, in questi pomeriggi casalinghi, una dozzina di ragazzini, consumatori di biscotti e torte fatte in casa e panini alla Nutella come le locuste che hanno invaso l'Arizona nel '56. Il giardiniere non sapeva come dirmelo: è un uomo di grande, semplice spessore, di un'educazione antica e candida, come lo sono certi uomini dell'Isola. I malfattori avevano sì giocato a pallone nel prato, e va bene, signora, sono ragazzi, ma usare come munizioni di una battaglia improvvisata nel parcheggio le pere dell'albero che io accudisco con cura e devozione tutto l'anno, davvero non lo dovevano fare. Non li sgridi, signora, ma faccia capire loro che quelle pere io le raccoglievo in autunno e che adesso invece. Ho campato lì parole di scusa, dei Mi Dispiace sinceri, conditi da un'ira sorda che mi saliva veloce. E' dunque questa l'educazione che ho impartito ai miei figlioli? Chi ha figli sa: li ami teneramente e sconvolgentemente dal primo istante, poi, nel corso della vita hai almeno una quindicina di occasioni in cui torceresti loro il collo, li prenderesti a ceffoni sonori, a piene mani, di quelli che fanno sciaf! e nemmeno gli occhioni da cucciolo che si inventa il Bandito Quasi Liceale, sbattendo le ciglia e cercando di corromperti con un sorriso da arcangelo, riescono a farti cambiare idea. E' vero che erano tanti, ma degli altri che mi importa, sei tu, Fedifrago, che devi sapere che non si stacca la frutta acerba dall'albero per il solo gusto di spararla nel didietro del tuo amico fiorentino, sei tu, Terrorista dei Giardini, che devi avere rispetto del lavoro degli altri. Parole al vento? Non so. Nel frattempo, suo padre gli fa innaffiare ogni sera e ogni mattina il limone e tutti gli altri vasi. Io, a parte un tentativo di sberla incompiuta e una predica di diciotto minuti, quasi nulla. Ma, come si dice, i figli sono pezzi di cuore. Tranci di pizza. Fette di crostata. Alle pere? Magari.

31 luglio, 2007

Ode all'Amaca.


Nella vita di ognuno di noi arriva, prima o dopo, il momento degli acquisti scellerati. Non v'è una vera ragione. Complice l'orario dell'aperitivo, ma in grazia di Dio ho sposato un uomo che rifugge sistematicamente il rito pubblico dell'Aperitivo in senso stretto, preferendo ai luoghi affollati e modaioli che in Costa pùllulano, il raccoglimento e l'eleganza e la semplicità e il numero esiguo di partecipanti che viene fornito dall'aperitivo casalingo, ove per casa si intenda il prato, il patio, la terrazza di questa casa di vacanza. Ben perciò, l'efferato rito dell'acquisto scellerato si è compiuto nella giornata di ieri, all'incirca verso le sette di sera. Un'amaca. Non ne possediamo nessuna, nè mai ne possedemmo, perciò anche alla scrivente, regina incontrastata dell'acquisto inutile, l'idea appariva balzana. ma docilmente mi sono lasciata convincere. Dal suo colore naturale, un corda pallido, dalla balza tricot che fa sempre il suo bell'effetto su di me, e dalla sua forma strana ed esotica. Perciò, vada per l'amaca. C'è stata una specie di riunione di famiglia sul dove e sul come, e anche sul con cosa. Alla fine, la scelta è caduta su due piante di corbezzoli al limitare del pratino. Lì, uno studio accurato ha decretato che ci fosse la giusta luce per leggere e dormicchiare, la giusta temperatura, con un sapiente intreccio di correnti e venticelli e, perdiana! anche un posto letto in più che, viste le transumanze di figlioli che avremo nei prossimi giorni, capita giust'appunto a fagiuolo. L'amaca, che celestiale scoperta. Non è letto e non è divano, si può dondolare o stare fermi, si può dormire o leggere, guardare in sù in santa pace, seguendo i propri pensieri più segreti, siano essi la lista della spesa o l'essenza intrinseca della vita. Si può persino scrivere, con penna e blocco, però, giacchè nessuno al mondo mai possa offuscare tanta selvaggia beatitudine con un qualsivoglia orpello telematico, che lo riconduca così nel mondo reale. Sull'amaca è consigliabile non fare assolutamente nulla. Disponibile anche nel modello a due piazze, totalmente inutile, dacchè il suo assetto molliccio e semovibile non consente alcun tipo di approccio amoroso, pena il caracollare rovinosamente al suolo, che non è mai consigliabile. Totalmente stregati da questo nuovo oggetto, abbiamo istituito dei turni per il collaudo della stessa. Peccato che siamo tutti qui, a gambe incrociate sul prato, con il nostro numerino in mano, ad aspettare che termini il collaudo del nostro Capitano. Il mondo intero lo sa, son questioni lunghe, queste con l'amaca!

29 luglio, 2007

Mah!

Certo, mi fido. Mi fido così tanto me ne sto lì, bella imbalsamata, coricata, nel bel mezzo di una semi buriana, 25 nodi, ma che cosa vuoi che sia, in fondo. Un giretto, verso mezzogiorno, che siamo partiti col mare piatto e ad un certo punto, voilà, questo sfrontato, che si è coperto di crestine e di ondine e di raffiche. Ma io lì, imperterrita, avevo la musica a palla e non mi smuovevo di un millimetro, beh, no, forse un pochino di ondeggiamento, quando il Capitano voleva fare il virtuoso e giù, di bolina. Ma io, più furba di una faina, ben ancorata per non cascare in mare, impassibile, arpionata con grazia e piglio deciso. L'estate duemilasette, signora mia carissima, passa anche per di qua: vacanza avventurosa, sissignora, un pò selvaggia, a dire il vero, che parti in un modo e arrivi nell'altro. Un giro alla spiaggia, in ballerine rasoterra e pareo e golfino bon ton. Per essere pronte, pinte e tratte, per ogni evenienza, che so, una pizza improvvisata, una cena che ognuno fa qualcosa, un giro di vetrine. Del doman non v'è certezza: anzi sì, 50 nodi di vento, che vuol dire che di vela non si parla neppure, e allora si leggerà e si chiacchiererà nel patio con gli amici che passeranno di qui, facendo capolino dai corbezzoli, siete svegli? e noi lì, ancora a colazione. L'estate duemilasette, avventurosa, oziosa e fantasiosa, in questa sera di luna piena ha un aggettivo in più: meravigliosa. Mi sembra il minimo.



25 luglio, 2007

A tempo perso.

Con un vento della forca, che non è proprio il termine tecnico-meteorologico-nautico, ma che va bene lo stesso, con una mattina che dormono tutti, che hanno fatto tardi ma non so quanto tardi perchè ho dormito come un sasso e quando alle 6 mi sono svegliata e ho controllato la camerata, erano lì, lindi e tranquilli nei loro lettini, con le lenzuola color corda e un agglomerato di magliette e costumi e asciugamani. Con una giornata che si annuncia di un ozio vergognoso, ciondolante e piena di splendido niente, forse un giro verso la spiaggia del Relitto che già il nome affascina e mi piacerebbe tanto vederlo, ma nessuno in realtà l'ha visto mai, questo relitto. Con un invito a cena, beata rarità, quasi nessuno ci invita a cena mai, siamo sempre così in tanti, solo Lei si è spinta a tanto, a inizio estate, ma perchè in tanti sono anche loro a allora sa bene a cosa va incontro. In una giornata così, in un'ora scarsa, ecco nascere questo ennesimo strofinaccio, che il vento mi portava via i fili dal terrazzo, spingendoli, impertinente, fino sul prato. E poi, scenografici, i ricci pescati per me dal Piccolo Liceale, giacchè Mediano non si può chiamare più e un sasso bianchissimo rubato in una spiaggia di cipria. Voilà. Direi che per oggi ho già fatto abbastanza.

23 luglio, 2007

Relax.


In fondo, un regalo nemmeno costoso. Non si tratta proprio di stanchezza, certo che no, mica ci si stanca in vacanza, anche se si fanno lavatrici da colonia elioterapica, oggi si è persino tentato di stirare un pò. Ma chi l'ha detto che le magliette vanno indossate stirate? E i miei strofinacci, non sono forse più affascinanti un pò stropicciatini? E le 9 bocche per cui cucino in questi giorni, mica avranno un trauma irreversibile se per una volta o due o tre si dice loro, Ragazzi, stasera si mangia quel che c'è? Un regalo da niente, in fondo, una sera tutta per me. Chi mi conosce sa molto bene che trovarmi da sola è impresa rarissima, e infatti sola non sono, nemmeno stasera, che ho saltato con abile mossa il cinema all'aperto dove proiettavano Una Notte Al Museo, il mio sposo intenerito si è offerto di accompagnare lui l'Infanta e un fratello. Mi sono rimasti tutti gli altri, gli amici di tutti gli altri, che il Liceale e il Giovane Holden fan scorribande in Costa, questa sera, o meglio, o Giovane tenta di trascinarsi il Liceale, un pò preso da pane, amore e gelosia che di andare in Costa nemmeno ne aveva voglia, in verità, ma hanno così insistito che si è arreso. Che sospiro di sollievo quando la porta si è chiusa, due ore di calma o quasi, i ragazzi più piccoli che chiacchierano sulle rocce qui davanti, la luna che guarda, domani sono previsti 40 nodi di vento. Si sta, in accappatoio e coi capelli bagnati a guardare il cono di Maddalena, a pensare, a cose belle, per piacere, che di pensieri brutti e tristi davvero non ne abbiamo voglia e abbiamo quasi imparato a tenerli lontani. C'è silenzio, in questa sera di velluto, nemmeno le rane hanno voglia di gracidare, ci credo bene, ci sono le cicale che rubano la scena. Si ha voglia di guardare lontano, di pensare a mille cose e a nessuna, di spruzzarsi un profumo di anice e di stare così, in un buio illuminato da mille mondi di stelle, in una sera vellutata che aspetta il vento di domani, con questa luna che guarda giù.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...