13 febbraio, 2007

Tombola!


Un bel momento. Più che altro, un bel risveglio. Tosse e febbrone del Fanciullo Mediano, nausea e vomito del Liceale, ancora tosse e febbre della Princi. Un bel quadretto, non c'è che dire. E la scrivente, già alle 6 o poco più, lì ad azionare termometri (non a sbatterli, anche se era un gesto che mi piaceva tanto, sbattere il termometro per fare andare giù il mercurio, signora mia, quelli li usavano gli Egizi, adesso ci sono quelli ad ultrasuoni e che fanno biiiiip, si adegui, suvvia), a somministrare tachipirine e sciroppini, a consolare, accarezzare, rimboccare coperte e a dare baci e coccole in offerta tre per due. Mi inteneriscono i miei figli malati. Sono lì, tutt'occhi sotto il piumone, un pò smarriti e un pò contenti di stare al caldo, a casa, tranquilli, anche con la febbre, che tanto passa tra un pò. Di rara bellezza, questo mese ancora non lo avevo detto, si sa, mi concedo una volta al mese di celebrare la lor beltade, e allora, va bene. Bella prospettiva si presenta al mio sposo, che riede quest'oggi al familiare desco e al nuziale talamo. Proprio io che volevo farmi trovare in negligè ti-vedo-e-non-ti-vedo, in versione sexissima con piume e lustrini! Dovrà accontentarsi di una maglia con Minnie e degli avulsi fuseaux, che adesso si chiamano leggins. Però, le calze sì, quelle son a cuoricini. Magari, un qualche effetto lo producono lo stesso, come si dice, più che l'amor potè il digiuno. Beh, San Valentino è soltanto domani, e io mi son già portata avanti. Febbre d'amore? Non propriamente. Per il momento, due a 38 e uno a 37,3. Altro che piume e lustrini!

12 febbraio, 2007

Tanti baci.


Vuol dire buon giorno. O buonanotte, a piacere. O che voglia di rivederti, o che bello che sei qua. O mi sei mancato da morire, o torna presto, o fai attenzione e non fare stupidaggini. Vedrai che passa, che non è niente, e non preoccuparti che ci sono qua io. Vuol dire pensami, e scusami, e mi dispiace e non succederà più. Vuol dire svegliati, o dormi bene, al sicuro, vuol dire aspettami, che torno subito, o tanto lo sai che non andrò mai via. Vuol dire tanto, o quasi niente, le cose che non sai e quelle che sai a memoria, le cose che immaginavi e che sognavi spesso, vuol dire i pensieri, vuol dire i sogni, le carezze, i progetti e i ricordi. Baci. Baci a manciate, a sacchi e a tonnellate. Baci veri, baci da film, baci innocenti e baci che no, invece. E oggi, prima di tutti gli altri, veri o virtuali, scritti o a parole, letti o messaggiati, gridati o sussurrati, davanti a tutti o di nascosto, scritti sul muro o in fondo a una lettera, facciamo in modo di averne, darne, mandarne e conservarne. Di baci, per l'appunto.

10 febbraio, 2007

Stendere?!?


Lo sa il mondo. A far la casalinga, proprio non ci sono portata. La faccio, certo, soprattutto dopo che le ancelle che si sono avvicendate nella gestione della mia non semplice casa, si sono, per un motivo o per l'altro, rese latitanti, o sposate, o colte in flagrante a rubacchiare, occultare maglie di cachemere diventate stracci per la polvere, o a dire, Grazie Ma c'è Troppo da Fare, spendere quei soli 230 euro in telefonate dall'altra parte del globo terracqueo e in soli 2 giorni. Ma tant'è. Il mio modo di occuparmi di casa mia, me ne rendo conto, è...è....creativo!, ecco, non mi veniva la parola. Certo, la spiegazione di come si possa essere creativi che so, a lavare un pavimento, piuttosto che (uso proprio dell'espressione piuttosto che) a dividere i bianchi dai colorati, è faccenda complicata. La creatività, signora mia, mica la vendono insieme ai carciofi, badi bene. Semplicemente, cerco di fare le cose divertendomi un pochino, ecco, dato che è così noioso fare le faccende domestiche, che in fondo non faccio mica male a nessuno a cantare lavando le tazze delle colazione, no? O ad apparecchiare sempre come se il fotografo di Elle Decor arrivasse dopo un quarto d'ora? Certo, ho i miei limiti. Uno di questi è lo stendaggio. Anzi, lo stendimento. Cioè, lo stendere. Non mi piace. E già lì non puoi certo fare bene una cosa che non ti piace. Non sono una precisa, conosco le tecniche, e cioè che le camicie si stendono così, le magliette cosà, ma non c'è niente da fare. Io, considerando che i miei chilometrici stendini sono non già quelli orrendi pieghevoli bianchi e rossi, ma quelli di design, echevvelodicoaffare, comprati non si sa dove, per la posa dei quali è servito un'intera giornata di studio tra architetti e ingegneri e arredatori, signora mia, e non sono al pavimento, ma piazzati tra il soffitto e la parete, insomma in alto, io, butto. Lancio. Accumulo. Sovrappongo. Mischio. Appallottolo. Lego, qualche volta. E perdo, perdo, perdo. Comincio a credere che in casa mia ci sia un buco nero dove finiscano, solinghe e tristi le legittime compagne delle calze dei figlioli, e nessun Pacs potrà mai riportarle insieme. Le hanno tutte a righe e a rombi, ma mai, mai, mai, che le righe siano uguali, così, rassegnati, hanno cominciato a metterle diverse un giorno, creando così una vera tendenza in città. Certo, col mio sposo mi và di lusso, le ha tutte blu e tutte uguali. Certo, qualcuna è più blù, qualcuna è indaco, qualcuna è blu elettrico, perchè mica i lavaggi sono tutti uguali, sa? Insomma, un disastro. Cerco qualcuno che mi dia lezioni di stendaggio. Mi applicherò, lo giuro. Quanto alla mia cratività, beh, come diceva quel tale, che non è Zucchero? "Bisogna avere un caos dentro di sè per generare una stella danzante"? Beh, io mi sono portata avanti. Di stelle, per cominciare, ne ho generate ben tre. E di caos, modestia a parte, ne possiedo. E a tonnellate, signora mia, ton-nel-la-te.

09 febbraio, 2007

No, San Valentino, no.

A me gira già la testa. Menù di San Valentino, lingerie da battaglia per San Valentino, regali low cost per San Valentino, week end per San Valentino, trasmissioni tv su San Valentino, paginate di messaggi da paura sui quotidiani locali (del tipo: alla mia armadilla dal suo armadillo), insomma, la fiera di San Valentino. Devo averlo già detto, è una festa che non ho mai amato, anche se, confesso, possiedo pure la padella per fare le uova al tegamino a forma di cuore, e pure la teglia per la torta ma che non lo si dica in giro. Non credo di aver mai ricevuto alcun regalo per la festa che ci toccherà tra qualche giorno, in un tripudio di amorecuorefiore che darà la nausea. Ed è in questo esagerato show che ho scovato, saltellando qua e là, una cosa mai vista. Carina sarebbe la colazione con queste belle tazzze, acquistabili in tutta scioltezza qui magari in montagna mentre fuori nevica. Sono belle, aiuterebbero a iniziare la giornata con una discreta dose di romanticismo pronto all'uso, da intingere nel caffelatte insieme ai biscotti. Non regalerò nulla e nulla riceverò. Ma queste tazze le comprerei al volo. Fine delle trasmissioni. Ma poi, a ripensarci: l'armadillo, ma che razza di animale è?

08 febbraio, 2007

Eppure, sentire.

C'è una bella musica in giro in questi giorni. C'è come un buon odore, una bella aria, che freddo non fa ma caldo nemmeno ed è così strano e sfacciato e impertinente e bugiardo, questo febbraio. Mi arrivano freschissime notizie dall''Isola, racconti ed immagini, come questa, l'alba di stamattina, sul mare. Si sente. Energia e colore. Calma ed entusiasmo. Si sente, una specie di allegria, sottile e discreta, si sente che si sta bene e si è pronti a berla piano, come l'acqua quando è gelata, così non fa male, questa inaspettata felicità. Per farla durare a lungo, come il ghiacciolo all'amarena, come il Cornetto Algida. Non c'è un motivo vero, ci si sorprende a cantare molto, a parlare molto, a sorridere, molto. E ci si sente un 'pò sopra le cose, si passa a volo radente sui pensieri che ci inquietano e si pensa di averli cancellati, allontanati, almeno per un pò. Si farà una conserva, di questi giorni intatti e pieni di cose, si stiperanno per bene i barattoli con le etichette in belle scrittura FELICITA', e si apriranno con garbo, quando ce ne sarà bisogno. Ma anche preparandoli, come nelle migliori tradizioni, nulla ci vieterà di prenderne ancora, tuffando il dito, appena prima di sigillare per bene il tappo. La felicità, è cosa nota, vola via in un attimo. Meglio farne grandi provviste.

07 febbraio, 2007

Grand soirée.


Si era capito da stamattina presto che non sarebbe stata una giornata come le altre. E infatti. Il mio sposo si preparava alla partenza, che ancora di andar per mare si parla, e sarà fuori qualche giorno. E io, novella Penelope, qui ad attenderlo. Che di filare, signora mia, non ne ho mica il tempo, sa? L'ufficio, la casa e i figlioli poi, che quelli di daffare ne danno in quantità. Sono stata di corsa tutto il giorno, gestito una serie di trasporti qua e là, una spesa con la princi, e pregustavo di già una serata niente affatto male. Ha uno strano sapore, la sera, se sono sola coi miei figli. Tutti vogliono fare qualcosa per aiutarmi un pochino, sia sfamare il cane o svuotare la lavapiatti. E io, lascio fare. Ho due bodyguard e una principessa, mica noccioline. e per loro, una sera un pò trasgressiva, che questa formazione scombinata la reggiamo solo per qualche giorno. Grande cena e tutti a nanna? Nemmeno per sogno. Il regale menù comprendeva un succulento pollo arrosto Esselunga e patatine del sacchetto, che una volta all'anno si può fare, eccheddiàmine, non è mica veleno per topi! Cenato velocemente e poi, proiezione di un film non troppo impegnato, il libro l'avevo mollato a pagina 15, cosa che non faccio mai, ma mi incuriosiva di vedere la sfilza di scarpe Manolo Blahnik tanto decantate nei trailers. Seratona in casa mia, perciò. E il mio sposo stia ben sereno. Domani riso in bianco e a letto presto. Anche se sono tentata da bowling e kebab. Ma anche luna park e cinese sarebbe da valutare. Come recitava quel proverbio? Quando il topo non c'è la gatta fa per tre. Mi sa che ho sbagliato qualcosa.

05 febbraio, 2007

Meravigliosa creatura.


Che io l'adori, non è mistero. Ne avevo già parlato qui, e anche qui. Mi è simpatico. Ha un'aria dandy e finto trasandata che mette allegria, ha fatto i suoi ruzzoloni, ma che male c'è, in fondo? Se si fosse chiamato Brambilla, nessuno ci avrebbe fatto caso. Lapo ci riprova, riparte, questa volta, come dice, con un progetto tutto suo. Certo, di idee ne deve avere avute tante, che ne so, un bell'allevamento di procioni, oppure curare le pubbliche relazioni della Premiata Merceria Mariuccia di San Colombano al Lambro. O ancora, una fiorente industria di tappi per le orecchie. Mannò, signora, il Lapo è un tipo intelligente, sa che cosa fa tendenza e che cosa no. Carbonio, signora mia, car-bo-nio, e che non si confonda con quelle pastiglie nere che prende lei quando ha mal di pancia, quello è il carbone ed è un'altra questione. Il Lapo è una specie di Re Mida, non lo sapeva? Tutto quel che tocca diventa prezioso e glamour. Così come le felpe, gli occhiali di carbonio disegnati da lui stesso medesimo, con la sua bella matitina, sono destinati a diventare un vero must. E che cosa importa se costano 1007 euro, che numero bizzarro, suvvia, forse la classe ha un prezzo? Forse il suo nonno, quando ha fatto costruire lo Stealth, ha badato a spese? Certochennò. Insomma, diamo una possibilità al piccolo Lapo. Io, da parte mia, gli auguro tutto il bene possibile. Di vendere tonnellate di occhiali e di fare un successo coi controfiocchi. In barba alle malelingue che lo volevano finito, nipote di tanto nonno e figlio di tanto padre, incapace di camminare per conto suo. Vai, Lapo, sono dalla tua parte. promettimi però di fare attenzione, questa volta. Nonostante il tuo scivolone e tutto il resto, la Fiat, italica e precipua risorsa del nostro Paese, sta volando in alto. Ma se sbagli un'altra volta, ciccio, mi sa che non basteranno Vasco Rossi e la Nannini, a fare degli spot della Fiat Auto, delle vere opere d'arte. Dovresti provare con Pavarotti. Ma che consegni le chiavi direttamente, in concessionaria, e già che c'è, improvvisi un Nessun Dorma all'acquirente. Non sarebbe mica male.

Flower power.


E' piccola cosa. Stamattina il risveglio con l'ansia, inspiegabile e immotivata come tutte le ansie che si rispettino, se no, che ansia è? Ci si è vestiti a caso, ripassato le catene montuose in macchina con la Princi, un pò svogliate tutt'e due, in realtà, ma come potrebbe essere il contrario, il sonno, il freddo e la nebbia, sfido chiunque. Sembrava che nulla potesse risollevare le sorti di una giornata così. Nulla o quasi. Al mercato di Piazza Garibaldi, quello del lunedì che è più grande, è ben vero che non è granchè, ma il fioraio è un omino simpatico con un forte accento genovese e aveva ai suoi piedi una distesa di piantine senza pretese, coloratissime, timide e impacciate a mostrare i loro colori in una mattinata così. Io non son brava con le piante, mi son fatta spiegare per filo e per segno come prendermi cura di queste piantine di viole del pensiero ne abbiamo 12 colori diversi ma a me ne è bastato uno, il mio. Le ho prese tutte uguali e disposte, per ora, ancora nel loro vasetto, negli avulsi vasi vuoti del davanzale. Avrò tempo per loro. Tempo per guardare fuori dalla finestra e vedere questi piccoli petali e queste piccole foglie, e provare una gioia. Piccola, certo, ma impagabile. Consigliata la terapia floreale, in un lunedì di febbraio senza senso alcuno, senza voglia alcuna, senza slancio alcuno. Cinquanta centesimi a piantina. Cinquanta centesimi per una piccola felicità.

01 febbraio, 2007

Occhiali da luna.



No che non sono da sole. O forse anche. Ma questi occhiali, che vanno a impinguare la mia già ben nutrita collezione, sono occhiali speciali. Ricordano Stenmark e Thoeni, la Valanga Azzurra e quella Rosa. Bellissimi. Hanno quest'aria semplice e dimessa, eppure li trovo così esclusivi, sportivissimi eppure così eleganti, da ghiacciaio, forse, da neve, assolutamente. Da luna, ho deciso. Non importa se piena o a metà, se velata o limpidissima. Da luna, e basta. Per guardarla e sentirla più vicina. Per guardarla e dirsi ma che bella è. Per guardarla come si fa sempre, da sempre, che sia inverno e che sia estate. Per guardarla e pensare, anche qui, non importa a che cosa. Lei, intanto, guarda giù. Alberi e case, amori inventati e amori mai finiti, macchine e cose, musiche e poesie, risate e sospiri, fughe e sogni, sorrisi e promesse, baci e sguardi. Occhiali da luna. Assolutamente perfetti per stasera, che è luna piena. Il must, mi sembra ovvio.

E vissero felici e contenti.



Caro Silvio.
Mi sembra davvero che ti sia un pochino lasciato andare. Lo so, lo so, stè due sventolone ti avevano fatto perdere la testa, e tu ci hai dato giù di limoncello alla festa dei Telegatti, però, dai, un po’ di contegno. Io non mi sono mica arrabbiata, sai, solo, avrei preferito che ieri sera, rientrato a casa, mi avessi mandato un messaggino, con scritto Buonanotte o una carineria del genere. Io, ci sarei passata sopra. Dai, adesso non facciamola tanto lunga, tu hai un sacco da lavorare e io devo badare ai figli che guarda, mi mandano fuori dai gangheri. E quando torni, ricordati di passare all’Esselunga a comprare le uova, che ieri sera PierSilvio ha voluto la frittata e se le è spazzolate tutte.
Baci.
Tua Veronica.

Cara Veronica,
In effetti mi hai fatto una bella sorpresa. Stamattina quando sono andato dal giornalaio e ho comprato Repubblica, miseria, ancora un attimo e mi veniva un infarto. Non mi sono nemmeno fermato a parlare del Milan come faccio sempre. Forse hai ragione, ho un pochino esagerato, ma non te la devi mica prendere così ogni volta. Io avrei dovuto stare buonino con quelle ragazze, ma sai, sono così scosciate e scollate, che l’occhio casca sempre proprio lì, sono un uomo, cribbio. Vero, non facciamola tanto lunga. L’amore non è bello se non è litigarello. Ci farò una canzone con l’Apicella. O l’hanno già fatta? Dai, non tenermi il muso, però. Vuoi un'altra collana come quella che ti ho portato a Marrakech? Dimmi come ti piace. Stasera però lasciami qualcosa nel microonde, che arrivo tardi. E ricordati di stirarmi la camicia celeste. Domani mi serve.
Baci.
Tuo Silvio.

31 gennaio, 2007

Oro, argento e bronzo.


Va bene, Natale è passato da un pezzo, siamo ai giorni della Merla, cara signora, non se ne era nemmeno accorta. E col Natale, via le luminarie, i lustrini e i lamè. Mica tanto, però. In questa giornata più grigia del grigio e più fredda del freddo, un giro per il centro, di sfuggita che siamo di corsa e che devo stirare, ohibò, che snob dire non che vado in palestra, vado a farmi un massaggio o dal parrucchiere, e invece no, signora mia, vado proprio a stirare, sìssì, con le acque profumate da cambiare a seconda dell'umore, oggi, per esempio, stiro alla Felce Azzurra, ogni pieghina un bacino d'amor. Beh, vabbè, mi lasci pure cantare una canzoncina alla sua portata, signora cara, che se mi metto a cantarle Bersani o Ligabue lei mi và in confusione. Insomma, un giro in centro. Un caffè alla nocciola con la mia Amica, qualche spesuccia innocente, e la baguette del Corso, che almeno si fa finta di essere a Parigi, Gliela Taglio? Mappercarità, sacrilegio tagliare in due una baguette. Il guaio è che la profumeria la piazzano proprio lì. E mica si può cambiare strada. Il richiamo di una sirena. E tu dici, massì, un giretto da niente, mi spruzzo un pò di profumi a caso, mi provo un rossetto, che male faccio, in fondo. E invece il male lo faccio eccome, adocchio una Limited Edition Chanel che ha turbato i miei sonni nelle ultime settimane da desperate housewife o presunta tale. Oro, argento e bronzo, nossignora, non sono medaglie, ma puro lusso dove tuffarcisi-vi-ci, una magica polverina, misteriosa quanto basta, lucente e perfetta per occhi fataturchinosi, per sguardi da cinema. E' mia. Da qualche ora, la Chanel Polverina fa bella mostra di sè sul ripiano del mio bagno. Usare con parsimonia. Un brillo qui, un altro là. Che stiriate o spazzate, di Pronto o di Vetril, almeno, che lo facciate con classe. Da medaglia.

30 gennaio, 2007

...com'esuli pensieri.


Guidare mi piace. E guido da maschio. Lo so, non è un'affermazione felice, ma è così. Guido meglio di tanti uomini, soprattutto di quelli col cappello. E di quelli con la Duna. Parcheggio con scioltezza e precisione. Di muso e di...retromarcia, và. Posso guidare per ore senza stancarmi, con tutti che dormono a fianco e dietro di me. E dietro dietro, dato che da un pò ho un macchinone a 7 posti. Non avrò altri figlioli, mi sa, anche per il futile motivo che non saprei più che automobile comprare. Ciò detto, stasera ho guidato con la nebbia. Così come mi affascina a guardarla dalla finestra, ben accoccolata sul divano e col camino di sottofondo, così mi indispone a guardarla dalla macchina. Soprattutto se guido io. A nulla serve cantare, come faccio spesso se sono sola e anche quando no, a nulla serve allargare bene gli occhi e andare piano piano, senza sorpassare. I fari sono puntini evanescenti e polverosi, la strada la indovini, quasi, e non vedi l'ora di arrivare a casa, di vedere il campanile allo svincolo dell'uscita che è la tua. Con la nebbia, a pensare non si riesce molto. Si rimane così, un pò imbambolati col volante in mano, a passare il tergicristallo non serve a nulla, quel cotone che c'è fuori, così affascinante eppure così infido, è sempre lì. E se d'improvviso, così come la trovi, svanisce appena sali un pochino per la collina, ti sembra così strano che il mondo che attraversi sia lo stesso di un secondo fa.Ma come, è tutto così lucido, qui, e le luci delle case si distinguono così bene, e i giardini e le cose, e solo un attimo fa ero immersa in un mare opaco e lattiginoso. Ma non importa più. Sarà anche una questione di altitudine e di temperature, a far sembrare la strada verso casa, la più bella che c'è.

29 gennaio, 2007

Felicità.


Ma sì che lo sapevo. Lo sentivo, ancora prima di svegliarmi, nell'istante immediatamente prima che suoni la sveglia, sono sempre stata convinta di svegliarmi un secondo prima del biiiip biiiiip, altrimenti, come farei a sentirlo sempre così bene. E poi, qualche volta ci tirerei sopra un cuscino, qualche volta il mio sposo glielo tira per me, oppure, insomma, ma non era questo che volevo dire, non certo raccontarvi nel dettaglio una mattina qualsiasi in una casa qualsiasi, alle ore 6 e 30. C'è roba più interessante in giro. Dicevo, sapevo che sarebbe stato un giorno un pò speciale, di quelli che non filano via normali. Già a colazione, quella striscia rosa laggiù, dietro la collina, e quella luce così limpida che si vede che fa freddo. E' stata una mail con una notizia, una specie di invito, una cosa nuova. E' stata lei, la mail, appunto, che ho letto, riletto e riletto. Lei che mi ha fatto scapicollare giù dalle scale per andare ad aprire la porta al mio sposo e al liceale che tosto riedevano al desco famigliare per consumare un frugale pasto. E' stata lei che mi ha fatto saltare e ballare in cucina, rendendo noto ai miei famigliari il contenuto. Della mail, e di che cosa se no. Nulla svelerò, per ora. Curiosi come il mal di pancia, diceva mia nonna. Massì, si saprà presto il motivo di tanta beata euforia. Vi dò qualche indizio: non ho vinto al Superenalotto e non mi ha scritto Guido Barilla. Fuoco fuochino.

Ode all'Atene.

Non so che cosa mi spinga a comprare, a volte sì, a volte no, il biscotto Atene. Forse, perché era, insieme ai Mattutini e agli Steccalatte, uno dei pochissimi biscotti della mia infanzia e, non c’è niente da fare, quella ogni tanto salta fuori. Il biscotto Atene è un bel biscottone senza tante pretese, con quel suo gusto ruvido e un pò contadino, senza nessun spot pubblicitario, senza concorsi a premi e senza sorprese dentro la scatola, che poi è un sacchettone dove gli Atene riposano beati, divisi in pacchetti. E’ un semplicione, ecco. Sa benissimo che lo si riconosce tra mille, per quella sua dimensione inusuale, certo, ma soprattutto per quei suoi tre buchi che lo fanno assomigliare al portone di uno scrigno magico, da dove si possono agevolmente spiare tutte le cose all’interno. I tre buchi del biscotti Atene attirano da sempre le attenzioni di intere generazioni di bambini intenti nella colazione del mattino. Appena prima di tuffarlo, con una semplice ed abile mossa che lo bagnerà soltanto fino alla metà del secondo buco, sfido chiunque a non avere la tentazione fortissima di brandirlo con dolcezza, avvicinarlo ai propri occhi e guardarci dentro. Si narra di mirabolanti avventure viste da lì, viaggi fantastici su tappeti volanti, battaglie di pirati con uncini e tesori annessi, meravigliosi paesaggi esotici con spiagge candide e palme spettinate dal vento e tutto senza nemmeno essersi mossi dalla sedia della propria cucina, in pigiama e con la scodella davanti. Guardare il mondo attraverso un biscotto è quanto di più poetico e terapeutico si possa mai consigliare. Meglio se di lunedì mattina.

27 gennaio, 2007

A sei mani.


Lo avevamo deciso da settimane. Solo, non avevamo ancora individuato la sera giusta, con tutti presenti e non via per lavoro, per diletto o dove diavolo. Una cena a sei mani è quanto di più stimolante e divertente possa esserci per movimentare di un pochino le sere d'inverno, il venerdì, per la precisione, che a mio parere ha il titolo di essere il più bel giorno del week end. E' la vigilia della vigilia, si possono fare una serie di progetti e congetture e programmi che nel novanta per cento dei casi vengono disattesi, ma che fa, in fondo il divertente è pensarli, mica farli per davvero. Che poi il sabato ci sono varie commissioni da fare, magari, e la domenica si ozia con classe, si guarda un film, si gestiscono senza troppo impegno compiti e lezioni, si firmano cose, ma poi già col pensiero si è al giorno dopo e tanta della magia è già andata via. Ma il venerdì è qui, intatto e lucido, pronto da vivere. Ognuna di noi ha fatto qualcosa. E vedere arrivare le mie Amiche coi cestini e le patate per i gnocchi, e la pentola del coniglio appena tolta dal fuoco, mi dà un piacere sottile. E' come dire sì, guarda, ho cucinato a casa mia e ti ho portato questa meraviglia, questo trionfo di profumi e stiamo insieme, questa sera, i figlioli grandi in settimana bianca arriveranno domani, qui ci sono i piccoli e i grandi-grandi. Possiamo chiacchierare fino a tardi, spettegolare un pochino, appena appena, programmare un giro in barca a vela tutti insieme la prossima estate, raccontarci qualche segreto e qualche spavento, passato, per fortuna, e qualche sogno, perchè ne abbiamo tanti e metterli in fila sono come perle, tonde e perfette, ed è così bello tirarli fuori, stasera. Abbiamo preparato gnocchi per un reggimento, ma in fondo un reggimento eravamo, siamo sempre e allora va bene. E torte e pane e ragù da rivista e il coniglio che ha mandato tutti in visibilio. Semplice e grandioso. La cena a sei mani necessita per forza di cose un menù non troppo elaborato, una tavola apparecchiata con mazzi e contromazzi, e degli amici. Veri, vicini, di sempre. Niente di più si aggiunga.

25 gennaio, 2007

Chiedi chi era Braccobaldo.



Ci sono volte in cui ci si sente troppo grandi. Un po’ obsoleti, come dire. E tutto quel fantastico bagaglio che è costituito dai nostri ricordi bambini, non è nient’altro che una specie di termometro per capire quanto si è diventati grandi e in troppo poco tempo e quante cose ancora fare e da spiegare e da provare, sperimentare, insegnare. Anche se in fondo si è rimaste un pò oche, ecco. Troppa filosofia, stamattina. Ma ieri, la Princi mi ha sbalordito. Non sono giurassica, sono nata nei primissimi anni 60, dico sempre per tirarmela, figlia del boom economico, con la 500, la lavatrice e le gite fuori porta. E mi è rimasto molto di quegli anni, come a tutti, credo. I miei figli sono figli fortunati, sono sani, piuttosto furbi e, com’è ovvio che dica, bellissimi. Ma si sono persi molto. Per esempio, la TV dei Ragazzi. Cominciava alle 4 e finiva alle 5, se non sbaglio, sul primo canale. Io impazzivo per Giocagiò, una specie di Art Attack che richiedeva in ogni esperimento la famigerata forbice con le punte arrotondate che io non avevo mai. Credo di aver riportato seri danni psichici per questo, insieme alla tristissima vicenda del Dolceforno. Ma tutto questo giro di parole per dire che ieri sera, appena prima di dormire, giocavo con la Princi sotto il piumone, appena prima di quel bacio che accompagna i bambini nel loro viaggio attraverso i sogni di zucchero e di brillantini, che li scorta e un pò li protegge, tra i peluche e il cuscino e il pigiamino coi bottoncini a cuore, e i denti lavati e i capelli spazzolati, e quel vago sentore di borotalco e di inchiostro e di quaderno nuovo che hanno tutti i bambini prima di andare a dormire, che te li baceresti per delle ore, e nemmeno quando pungono di barba e brontolano e un pochino ti respingono perché sono grandi e non si fa più, smetteresti mai. Ieri sera, appunto, cantavo alla Princi “Siamo tutti qui, e tutti insieme, vogliam vedere, Braccobaldo Bauuuuuu!”. Orrore. Chi diavolo è Braccobaldo. Come. Era il mio cartone preferito. Era un cagnetto delizioso, un po’ sfigatello, in realtà, col nasone e la cravatta. Lo adoravo. E tu, Principessina che usi il computer quasi come me, che non riesci a concepire una vita senza telefonino e senza bancomat, e senza supermercato, che i gettoni telefonici non sai nemmeno che cosa sono, che una volta mi hai chiesto se quando andavo a scuola io esistevano già le penne biro, tu, bimbetta quasi decenne che hai un canale tutto per te e che se solo hai voglia di guardare un cartone basta che accendi il decoder e non devi aspettare come noi bambini, le 4 perché inizi il tuo programma, che prima ci sono le previsioni del tempo di Bernacca e dopo Sette Giorni al Parlamento, tu…..mi vieni a chiedere CHI E’ BRACCOBALDO???? Ma hai ragione tu, cuore della mamma. Io ci provo a non farti vivere troppo nel tuo tempo, ti compro Piccole Donne da leggere e ti ho regalato un diario con lucchetto, da scrivere con la penna, e ti ricamo il nome sul grembiule della scuola, dove si va senza lucidalabbra e senza minigonna e senza cellulare, che si usa solo nelle emergenze, e quindi mai. Ma non so quanto resisto. E non so se faccio troppo bene. Forse, è il solo modo che ho per farti capire di tenere quel tuo cuore di bambina così com’è, per molto tempo ancora, e di non fartelo troppo annacquare dall’aridità degli sms, dagli automatismi dei copia e incolla, dalla freddezza delle mail. Scrivi biglietti e lettere, e ricopia a mano, amore mio. E ricordati delle canzoni dei tuoi cartoni preferiti. Le canterai, fra vent’anni, a un’altra bambina, che avrà i tuoi occhi, e che saprà di borotalco e di inchiostro, e che avrà un pigiamino coi bottoncini a cuori. Lo conserverò per lei.

24 gennaio, 2007

E chi lo sa.

Pioverà, non pioverà, ma tu dimmi chi lo sa. E se poi nevica, alla fine? La vicenda mi tocca poco, quasi niente, se non fosse per il Giovane Principe, in settimana bianca con la scuola media, felice e poco incline a chiamare a casa, Mi Diverto un Casino, Mamma, serve che si aggiunga dell'altro? Giornate tranquille, nessunissimo attacco di ansia e/o panico diffuso, un pò di lavoro da casa, il riassettare e riordinare che ha anche i suoi bei lati positivi, mi sento un pò una donna anni 50, mi manca solo la gonna a ruota, il tacco a cono e la messinpiega boccoluta, per il resto ho quasi tutto. Il mio sposo dice che mi vede una faccia distesa e rilassata, e infatti, modestia a parte, la tengo. Ho cucinato una torta salata da primato, certo, un bel niente di straordinario, ma a vederla lì sfrigolante nel forno, accanto ad una mini teglia di lasagne al pesto, mi fa sentire bene. Mi sto aggravando? Non credo. Che male c'è ad innamorarsi un pochino di più delle proprie cose, a viverle in un modo diverso, non di sfuggita e di lato, come si faceva prima. Bisogno di lentezza, di tranquillità e di cose normali. Un libro, un ricamo, ma anche la spesa, le amiche al telefono, figli, marito e frivolezze, certo, anche quelle, ma in una vita serena fatta di semplice quotidianità. E' la normalità la vera rivoluzione? Beh, Muccino aveva già ragione tempo fa. Che figliolo lungimirante!

22 gennaio, 2007

Passa in un attimo.



Non che sia un fiore di maggio, quest'oggi. Certo, nulla di grave, un raffreddore in piena regola, mi sento un pò scentrata e anche un pò rincoglionta, si può dire? anche perchè mi sono ostinata in questo inverno tardivo a circolare sulle strade del Monferrato senza calze. Vabbè, c'è di peggio. E dato che io appartengo a quella categoria di persone che non sta MAI male, neppure quasi partoriente e/o con nascituro pronto a diventare neonato, il fatto che io sia, come dire, fuori fase, rappresenta un'assoluta novità per me e per gli altri abitanti della mia casa. Coccolata, ecco. Mio marito è premurosissimo, acquista per me confettini per il mal di gola e si è offerto volontario di gestire tutte le transumanze dei figlioli, pur di compiacermi. ATTENZIONE. Questa magia durerà soltanto fino alla mezzanotte di oggi. Dopodichè, il mio sposo scuoterà l'amato capo e sentenzierà che forse non è il caso di farla tanto lunga per un raffreddore da niente, e che, cribbio, non era nemmeno il caso di andare in giro discinta in pieno inverno, e che forse, a quarant'anni e spingi, madre e moglie esemplarissima, un pò di sale in zucca lo dovrei testè apporre, no? Come dargli torto? Ma, signora mia, il collant è così out nella stagione invernale duemilasette! Che fare? Idea. Ho acquistato giorni orsono, in un anonimo discount, un termometro di rara bellezza, viola, appunto, bellissimo ma costantemente fermo sui 39 gradi. Dopotutto, per 1,99 euro, cosa pretendevo? ma ecco che mi accorre in soccorso. Mostrerò al mio sposo il termometro e dirò che sì, son cagionevole di salute, mi trascinerò caracollante al più vicino supermercato per fare la spesa, ma come vede, tale sforzo potrebbe essermi fatale. Non voglio uscire. Voglio stare qui, al caldo del divano, coi fazzoletti, i giornali, il pc e la tv, voglio fare il pieno di trasmissioni trash, cercando di resistere almeno una mezz'ora, voglio sorseggiare compunta thè fumanti e tisanine, spremute e bustine al sapore di menta. Coccolatemi ancora un pochino, vi scongiuro. Scriveranno per me Ode all'Amica Risanata, se soltanto Foscolo abitasse due isolati più in là, ma vi prego, lasciatemi soffrire in silenzio (buuuuu, per un raffreddorino?). Verò è che stanotte avevo un criceto che mi girava nelle orecchie e un riccio di mare al posto delle tonsille, ma nessuno in casa mia tollera di vedermi fuori fase per più di ore 24. Tanto per cominciare, domani ho un bell'appuntamentino a Milano. E la mia influenza, voilà, sarà già passata. Per amore o per forza. Ma, mi sovvien, non è forse ancora stagione di saldi? Molto bene benissimo, mi recherò con gioia. E farò incetta, manco a dirlo, di calze e collant. Di cachemire, però.

19 gennaio, 2007

Pericolosissimo.


Potrebbe suonare alquanto strano, ma questa settimana tra le domestiche mura me la sono proprio goduta. Sollazzata, direi. In realtà sono una casalinga impropria, nel senso che chiunque, vedendomi all'opera, direbbe che tutto son, fuorchè casalinga. Il look, innanzitutto. Bigodini e vestaglia gettati alle ortiche, ci vuole un certo glamour anche con l'aspirapolvere, signora mia. Un bel jeans Cavalli direi che va bene. E un velo di gloss, e un'idea di fard, ma di questo ne avevo già parlato. E poi, la mattina si snocciola via con serenità e metodo, senza farsi prendere dallo sconforto di fronte alla rivoluzione russa che regna nella mansarda dei figlioli, e nel mucchio selvaggio lasciato dal metti e togli della Princi, che prova abbinamenti di nuance alle sette e venti del mattino con un occhio critico che neanche Krizia ai bei craxiani tempi d'oro. Ma vabbè. Si aggiunga ancorchè il momento più atteso della mattinata, che in realtà sono due: le pause. Sì, perchè se fisicamente in ufficio non ci vado, resto però in contatto con il mondo esterno e professionale attraverso il pc. Ed è un rispondere a mail, telefonate, ricerche su internet eccetera. Ecco, appunto. Il pericolo è testè individuato. Secondo un complicato e diabolico piano, accantonati con grazia strofinacci e spruzzini, scope e piumini, io sorseggio beata il mio thè all'arancia di metà mattina e nel frattempo...compro. Sissignori. E' di una magia ineluttabile e piacevolissima scoprire come, ad una leggera pressione di un insulso tastino, ti vengano recapitate a casa ogni sorta di meravigliose corbellerie. Libri di ricamo dalla Francia, caffè da Londra, e come non parlare delle aste on line, dove riesci anche a trovare il pathos del rischio e dell'attesa, e dove ti puoi accaparrare in tutta scioltezza, improbabili bicchierini da liquore, manifesti di vecchi film, zuppiere della nonna e Gucci vintage da oltreoceano. Le americane, si sa, si stufano assai presto dell'Italian Style, e se la borsa non la vedono più al braccio delle loro attricette filiformi e plurimaritate, via! via!, si cambia soggetto.Compro. Per gratificarmi, per rendere meno solinga la mia mattinata, per tirarmi un pò sù. Invero, non ne ho granchè bisogno, ho ancora necessità di una leggera organizzazione, ma, c'è da crederci, sono già ad un ottimo punto. I miei figlioli felici come Pasque, che non trovano il solito appiccicoso fusillo al sugo Barilla, perchè magari riesco anche a lanciarmi in un sugo degno. Ma vedo lievemente preoccupato il mio Sposo. Ti stuferai, mi dice sconsolato, e dovremo ricominciare a cercare qualcuno. Ma per l'amor di Dio! Non ancora, Maestà. L'asta di quel bauletto Dior scade giusto fra 6 giorni. Fino ad allora, mi dispiace, di qui non mi muovo. Al resto, ci penseremo.

17 gennaio, 2007

Ode al ferro da stiro.


Oh, è raccapricciante lo so. Da me, poi. Una lode al ferro da stiro, l'oggetto forse più odiato dalle casalinghe più o meno disperate, dalle costrette alla vita domestica, dalle italiche massaie, dagli angeli del focolare sù e giù per lo Stivale. Ebbene, raccapriccio o no, io credo che in questi giorni, Lui, debba essere in qualche modo rivalutato, sdoganato, ecco. E vado ad illustrare la mia diabolica quanto inusuale teoria all'uopo concepita. Non ne ho fatto mistero, mi sto occupando medesimamente e personalmente della faccende domestiche, del riordino e del rassetto della mia umile magione. Direi che mi piace, almeno per ora. Mio marito nicchia, sostiene che, tra qualche giorno, sbatterò con forza piatti e stoviglie, e, scavalcando un mucchio di biancheria che attende di essere introdotta con leggiadria e mestiere in lavatrice ove troverebbe degna lavatura, mi avvierò alla porta e non mi vedranno per le ssuccessive 8-10 ore. Ma mi sa che ha torto. Per ora. Oggi, riflettevo sulle sorti umane. Stirando, per l'appunto. E' un lavoro non faticoso. Non implica alcuno sforzo, se non il chinarsi a prendere le cose dal cesto e la leggera pressione sul tastino del vapore. Permette di sciogliere come trecce scomposte i pensieri più arditi e complicati, li concilia, non so come dire. Sei lì, sul collo di una camicia e la tua mente vaga, lontana o vicina non è mica importante, basta lasciarla andare. meglio se con una musica di sottofondo, o un film in bianco e nero, quelli che se anche non li guardi non fa niente, basterà alzare gli occhi ogni tanto e il senso della pellicola non svanirà. Ogni capo, un pensiero a sè stante: gli strofinacci e le lenzuola piane chiamano i pensieri semplici e piacevoli. Le camicie e quelle dannate lenzuola con gli angoli, che lasci e prendi e lasci e prendi, e giri e comunque ben stirati non sono mai, portano invece pensieri contorti, un pò bislacchi, da cacciare subito via o comunque non dar loro troppo peso. Occorre poi un attento studio sugli orpelli da usare. Appretto o acqua profumata, urge una sessione nella corsia dei detersivi per farsi una vera cultura in merito, prendendo appunti, acquistando l'intera gamma di quello Al Profumo Di Vento del Nord, di Primavera Giapponese o di Serata Nella Steppa. Una vera e propria Vestale dell'Asse. Da Stiro, ovvio. Come si dice, necessità fa virtù? Ecco, appunto.

16 gennaio, 2007

Lo sbianco.


Ci sono delle giornate che non sai mai se non vedi l'ora che arrivino o che passino in fretta. Ci sono giornate in cui appena apri gli occhi e realizzi che è proprio quel giorno e che devi fare quella cosa che non vuoi fare, vorresti coprirti la testa col piumone così, da non respirare quasi, e farti sottile, spiaccicarti contro il materasso, farti pesante sul letto, rigida, e ripeterti non mi alzo, non mi alzo, non mi alzo. E poi, improvvisa ti viene un'energia insospettabile, una voglia di fare, di toglierti di mezzo l'impiccio, la preoccupazione e l'ansia subdola che ti accompagna da qualche giorno in qua, anche se non le hai dato ascolto, sei stata "brava a tenerla brava", quieta e zitta in un angolino del cuore, come in castigo. Ma lei era lì. E ti ha fatto pulire la casa da cima a fondo, cucinare per un plotone, telefonare a destra e a manca per fissare appuntamenti, una visita, per cominciare, e un esame del sangue, per finire. Già, perchè c'è una cosa che ti scava nello stomaco e nella testa, come un piccolo scalpello appuntito, creandoti un dolore sibilante e continuo: ed è quando uno dei tuoi figli ti dice Mamma Non Sto Bene. Come non stai bene, figlio. Ti ho fatto tutto in ordine, a posto, hai diciassette anni e sei di una bellezza che inquieta, come non stai bene, non puoi non stare bene tu, che giochi a pallone e corri e salti e hai un'allegria che contagia e a volte strema, tu che ascolti la musica a manetta ed è tutto uno zunt! zunt! zunt! che fa andar fuori di testa anche chi passa per caso da camera tua. Mamma Non Sto Bene, ed è un mesetto che non sta, che sta così, che è stanco e non ne ha voglia, che a volte non ha fame e troppo caldo o troppo freddo. Bene, in questi casi, alla pagina 539 del Manuale Del Perfetto Genitore, c'è scritto Fare Accertamenti. Così, si va. Con il cuore ridotto a un gomitolo sghembo, lo stomaco sigillato, come di pongo, una specie di tremore non palesato, Mica Posso Farmi Vedere Preoccupata. E invece la sono, porca miseria, la sono da morire, ostento una tranquillità che mi fa paura, sorrido molto, respiro molto, di quei respiri che conosco bene, di quelli lunghissimi che ti fa fare il dottore quando hai la bronchite. Allora, si va. Stamattina niente scuola, ma è una vacanza che non piace a nessuno dei due. In fondo, sono io l'incaricata della salute, in famiglia. Io che distribuisco vitamine e sciroppi, antibiotici e goccine, dove necessitano.Mio marito si chiama fuori. Ma stamattina, sulla porta, nemmeno lui era tanto normale e si vedeva da lontano, aveva quel passo a scatti che gli riconosco quando c'è qualcosa che non va. Fatte la analisi, dalla mia Amica Dottoressa, che gli ha fatto un prelievo come una carezza, ridendo delle sue scarpe di due colori diversi e di quel suo piercing in quella parte d'orecchio che non è il lobo e che per questo mi sa che fa un male orbo. Ma lui era teso. Mi ha rivolto quei suoi occhi da Bambi, quel suo viso angiolesco e quel piccolo broncio. Mi parla con quegli occhi, che sono i miei, il suo cuore tocca il mio, senza parlare, senza bisogno di dire. E so esattamente che cosa prova adesso, così bene che lo potrei disegnare, o farci un film. Che cosa sorregge un genitore quando non sa bene se suo figlio sta bene oppure no, che cosa lo fa respirare e deglutire, camminare e muoversi, se è lì ad aspettare. Aspetteremo poche ore,per fortuna. Anche dall'Amico Medico, una visita minuziosa, una lastra. Poi, in tarda mattinata, la telefonata dal laboratorio. E' tutto a posto, a postissimo, proprio tutto. Solo il valore del ferro, dovrà prendere quei botticini che sanno di chiodi che prendevo quando aspettavo, lui e i suoi fratelli. Fine dell'avventura. Hai Visto, Te L'Avevo Detto. E adesso, qui. Qui, come se mi avessero preso a botte, a manganellate sulla testa, lui, sereno e io spossata, come se avessi scaricato un camion di arance, come se non avessi dormito per settimane. I figli non crescono, sono fragili e cristallini anche da grandi, alti due metri e con un accenno di barba. I figli sono crochi nella neve, stelle lucenti di sabbia e di brina, micini con gli occhi chiusi, fili di seta anche se sembrano di acciaio. I miei figli sono la parte di me che avvolgerei, che terrei sempre al caldo, che difenderei sempre anche dal raffreddore, dai ragni, dall'umidità e dalle cattiverie. E dalla paura. Con la loro cancello la mia, per un pò, e mi sento forte e inattaccabile, per poi trovarmi, come ora, totalmente svuotata, felice e stravolta. Eppure, dovrei esserci abituata, a sbianchi del genere. Mi sa che dovrò applicarmi, forse non ho studiata abbastanza e perciò dovrò ripassarmi quel Manuale. Ma forse, a pagina mille non sarò neppure a metà.

15 gennaio, 2007

Coraggio.


Tutto daccapo. So bene che non è un problema serio, certo che lo so. Però, per me, è una vera necessità. Il fatto di avere un aiuto in casa non consiste nell'opportunità di stare lì, libera e bella, a darmi lo smalto e fare zapping sbadigliando in vestaglia e pantofole, magari coi bigodini (orrore, non li ho mai messi in vita mia, ecco la sesta cosa che di me non si sa). Ma mi permetterebbe di andare, infinita libidine, a lavorare. Ma si vede che in questo periodo, gli astri mi sono contro e così, anche Svetlana, la spia che venne dal freddo, fisico da top e fanciulla poco incline a lavare pavimenti e preparare pastasciutte, mi ha dato il benservito, ieri sera, dopo una sola settimana di lavoro, col suo bell'accento russo che ti aspetti da un momento all'altro che ti dica Ti spiezzo in due, come in Rocky NonRicordoCheNumero. E così, bonjour, sono la Schiava Isaura, qui per spazzare, spolverare, aspirare, sbattere, lavare, stendere, lucidare e riordinare. Non che non mi piaccia. Beh, sinceramente c'è di meglio, ma non posso mica lasciare la mia casina in balia di acari e polvere e disordine cosmico? E' solo una questione di organizzazione. Un grazioso cestino provenzale contiene tutti i prodotti e gli strofinacci che occorrono. Un bel jeans e una T-shirt, meglio se a maniche corte. Capelli raccolti con un mollettone con gli strass, un velo di fard e una passata di gloss, signora mia, metta che càpiti così, a sorpresa, mio marito a farmi un salutino, mica posso avere un look stile Mrs. Doubtfire? Tirerò a lucido questa mia magione, almeno fino a quando non troverò un'altra ancella. Già, ma quando? Nel frattempo, c'è la spesa da fare, e portare il cane dal veterinario e due/tre telefonate di lavoro che proprio non possono aspettare. Ce la farò. Ho un Cd di Giovanni Allevi che mi rimette in pace col mondo, un sms del liceale che mi informa che ha preso 7 in matematica e fuori, oggi, non c'è nemmeno la nebbia. Coraggio, sarà una passeggiata. I sogni son desideri. Chi lo diceva?

13 gennaio, 2007

5 cose che non si sanno di me...


Non so mica se mi conviene. Ma, come si suole, colgo la palla lanciata da Cabiria, e partecipo con massimo entusiasmo a un altro di questi graziosi giochini in cui ci si imbatte ogni tanto...
E il fatto che l'invito mi sia stato inviato da Perec, aggiunge un che di divertente ed intrigante a tutta la vicenda, perciò, voilà.
Ecco le cinque cose cinque di me che, forse, era meglio non si sapessero tanto in giro.
1) Ho un passato da alcolista. A 9 anni, golosissima di cioccolato, ho sgraffignato di nascosto dal mobile della sala, quello con sopra la tv in bianco e nero senza telecomando, con il primo, il secondo e la Svizzera, una scatola di cioccolatini Mon Cheri alla ciliegia. Col liquore, ovvio. Ne ho mangiati una decina. Dopodichè, ho iniziato a dire frasi sconnesse, a scoppiare in risate fragorose e senza motivo e a parlare come Don Lurio. Mia madre, seriamente preoccupata, sospettava un improbabile attacco di meningite, ma, avendo scoperto le cartine rosa metallizzato tra i cuscini del divano, ha compreso. E giù di Citrosodina. Inutile dire che mi sono addormentata di schianto sul divano suddetto, e al mio risveglio sono stata sgridata per benino, con il divieto di raggiungere i miei amichetti in cortile per giorni due. Ed ora mi vedo costretta ad ammettere con orgoglio e vergogna che quella è stata l'unica volta in vita mia che mi sono ubriacata. I miei figli non ci credono e intuisco il motivo. Ma come si fa ad avere una madre che si è ubriacata coi MonChèri? Meglio rimuovere. E fare finta di niente..
2) Leggo i quotidiani al contrario. Cioè, non proprio. Leggo la prima pagina, poi li metto al contrario e inizio da lì. Spettacoli, locale, sport, fino alla pagina della politica, saltando la Borsa, della quale non me ne importa una beata. E non sopporto che nessuno lo legga prima di me, e se lo fa non lo deve stropicciare. E non tollero che chi lo legge prima di me mi anticipi le notizie. E detesto che qualcuno mi legga da dietro, sbirciando sulla mia spalla, io seduta e lui/lei in piedi. Son guai seri. E poi, udite, leggo i necrologi. Qualche volta di sfuggita, qualche volta mi ci applico. Ma deve essere un retaggio dell’infanzia trascorsa con mia nonna materna che accoglieva mia madre al ritorno dalla spesa con la frase Chi è Morto? con una punta di sottile soddisfazione nella voce, a dire, beh, finchè lo chiedo, và tutto bene.

3) Non mi piace la frutta lavata. O meglio, la frutta bagnata. Non lavo mai le mele d’inverno e le pesche d’estate. Qualche volta, giusto per non prendere una qualche infezione o rara malattia tropicale, mi inganno da sola: le lavo, le asciugo e le mangio il giorno dopo, fingendo di dimenticarmene. La mia Amica Logopedista direbbe che sono psicotico-ossessivo-compulsiva, ma io, che non so proprio bene che cosa significhi, credo che esageri un pochino, so che mi vuole bene e non faccio altre domande.

4) Ho un rosario nella borsa, che porto sempre con me. E un altro accanto al letto,in una scatolina, regalo di un’Amica Cara. A volte, lo recito sottovoce, un po’ di nascosto, non so. Sono stata militante di Azione Cattolica e catechista e soffro da morire a non poter avvicinarmi a nessun Sacramento, confessione compresa, E neppure fare da madrina di battesimo o testimone di nozze, per espiare la colpa di aver sposato in Municipio un uomo divorziato, e, benché i miei figli siano cresimati e battezzati, essi sono nati fuori dal matrimonio cattolico e quindi Nostra Romana Chiesa di me non sa proprio che farsene. E io ci piango ogni volta.

5) Sono un’ansiosissima e lo sanno anche i sassi. In tempi non sospetti, prima delle Torri Gemelle e quindi una decina di anni fa, mio marito viaggiava spesso in aereo. Dato che per me ogni partenza, sia transoceanica che il tratto campo di calcio- scuola media, è passibile di tamponamenti a catena, voragini improvvise, inondazioni non previste e terremoti di catastrofiche dimensioni, ero usa telefonare all’aeroporto per tranquillizzarmi(ancora non avevo scoperto la valeriana e altre corbellerie). Un giorno, e fu l’ultima volta, chiamai Napoli Capodichino, per avere notizie sul volo dove viaggiava beato e ignaro, il mio sposo. L’omino che mi rispose restò un attimo in silenzio e poi mi disse, con marcato accento partenopeo, “E chevvulìte, signurì, che l’aereo abbia caduto?” Lì per lì non ci avevo pensato, ma credo che l’omino, rientrato a casa, abbia raccontato al desco famigliare che quella mattina una stordita aveva chiamato per sapere se l’aereo Torino Napoli fosse arrivato, e che in giro era pieno di gente bizzarra e che non aveva niente di meglio da fare, e tutta la famiglia ha convenuto con lui che in effetti quella lì doveva essere parecchio strana. Se lo facessi ora avrei già la Polizia alle calcagna, mi sa.

Di me non si sa molto altro. Ma dato che questo Meme si accontenta solo di 5 cose, direi che mi è andata di lusso. E a voi, anche.
E la mia palla, a spicchi viola, la lancio con grazia a Sigrid, Ruben e Daniela.
Vediamo un pò.

Quando le sorprese.


Arrivano così, inaspettate, altrimenti avrebbero un altro nome. In realtà io sapevo che Gourmet aveva in serbo per me un pacchettino, ma, per l'appunto,mi aspettavo un pacchettino, una cosa da infilare in borsa, ringraziando felice, che so, un barattolino di marmellata, un vasetto di sale o di conserva. Ebbene, è arrivato tutto insieme. Sel de Guerande, Lenticchie blasonate, spezie per la tajine, composta di peperoni e di ananas, riso carnaroli di nobilerrima provenienza, insomma, un trionfo di leccornie, molte fatte da lei, ed elegantemente accomodate in un vassoio di cartapesta home made che ha già trovato una sua collocazione nel salone di casa mia. La meraviglia. Anche io, c'è da dirlo, avevo il mio bel pacchettino, che aveva passato tutte le vacanze di Natale sotto il mio albero zen, in attesa di giungere alla legittima proprietaria. Ora, i rispettivi pensieri sono a dimora. Speriamo di poter ripetere spesso l'esperimento, di ricambiare questo invito a pranzo graditissimo, nonostante la dieta ferrea che mi ha fatto guardare sospirando il dolce di nocciola e cioccolato che lo chef del Cubico proponeva. Ma va bene. Conserverò gelosamente anche il libriccino di lasagne e torte salate. E, già che ci sono, occulto la tavoletta di cioccolato alla cannella. Con le iene che mi girano per casa, qui, niente è al sicuro.

12 gennaio, 2007

Perchè Fragole.



Mi chiedono spesso. Perchè proprio Fragole? E perchè Infinite, poi. Che strano titolo, che vorrà dire? Mi piaceva. Per il suono che ha, perchè adoro le fragole così come sono, senza panna, senza limone e senza zucchero, intere, da mangiare in un morso solo, una per volta, come le ciliegie , e lasciarci solo quel ciuffetto verde che le rende graziose e un pò buffe, eleganti, quasi. Fragole perchè hanno una bella forma, un pò a cuore, tanto per dire. E Infinite perchè non cominciano e non iniziano, non c'è un C'era una volta una fragola e nemmeno E così le fragole vissero felici e contente in un cestino fatato. E perchè mi piace il suono di Infinite, è una bella parola, sottile, dolcissima, non separi quasi mai le labbra per dirlo, e non si grida, è più bello sussurrato, appena appena, solo un pò, infinite. E alla fine perchè, a ben pensarci, le fragole sono un pò come me. Mi somigliano. Le vedi e dici, beh, discrete ma insulse, un pò vuote, danno allergia, qualche volta e sono troppo care. Poi scopri, in un mercato di Torino, che a metà gennaio le fragole costano un euro al cestino, bella scoperta, vengono dal Marocco, mica dall'orticello dietro casa, anche se con questo caldo, non mi stupirei nemmeno tanto, chi può dirlo. E insulse, no, proprio no, e qui un'altra bella scoperta, tirano sù il morale a trovarle in tavola, hanno proprietà digestive e sono piene zeppe di vitamina C. Eh, signora mia, che sottile lezione questa mattina. Mai fidarsi delle apparenze. Nemmeno al mercato, badi benissimo. Nemmeno con le fragole. E nemmeno, manco a dirlo, con la scrivente. Voilà.

10 gennaio, 2007

Non si è vista.


Che peccato, ce la siamo persa. Doveva farsi vedere questo pomeriggio alle 5, l'ho sentito alla radio, e già mi ero in un certo senso preparata e un pò emozionata, anche, come tutte le volte che succede qualcosa di straordinario che riguarda la Volta Celeste, che mi attira e mi affascina e un pò mi spaventa, come tutti, credo, per la magia e il mistero e per la nostra totale, completa, assoluta impotenza e ignoranza, anche un pochino, in una materia così...così...celestiale, appunto. Insomma, le questioni delle stelle, delle eclissi e delle comete mi piacciono un sacco, che male c'è? Forse perchè ad Hale Bopp, nella foto, ho legato la nascita della mia picci, anzi, le abbiamo ricamato una storia che nemmeno Asimov, raccontando a Emma che l'aveva portata la cometa, con la sua scia luminosa e bellissima, che vedevamo ogni sera dalla finestra di Pila, a fine febbraio di quel millenovecentonovantasette e le dicevamo, ma quando ci lasci quella bimba che hai lì, seduta a cavalcioni sulla tua coda d'argento? Alla fine, il 4 marzo, la cometa si è decisa e prima di sparire ci ha portato questa bimba burrosa con gli occhi di lago. Beh, insomma, la cometa di oggi invece, non si è proprio vista. Non già perchè fossimo fuori portata, ma Lei, la Cometa, si deve essere un pò scoraggiata. Ma come, si è detta, vivo a due passi dalla Via Lattea, da casa mia posso vedere con facilità Saturno e i suoi anelli, Marte e il suo lago, e pure quella smorfiosa di Venere, e dovrei andare proprio lì, a vegliare per un pò quella distesa di cotone, anzi no, forse si tratta di panna montata scaduta, o meglio, quell'abito da sposa lavato male in tintoria? La nebbia e la pioggia e il buio di questo pomeriggio le hanno fatto cambiare idea, alla Cometa. Ma io, io che con le Comete, come dire, c'ho feeling, io che quando non so cosa dire, un pò balbetto e un pò tossicchio ma alla fine me la sfango sempre, a Lei, vorrei dire una cosina. Spero, Cometa che passando sulle nostre teste e decidendo di non farti vedre, abbia almeno lasciato cadere un pò di quella polverina argentata che ci piace tanto. E' vero, la vendono in barattolini all'Ikea, ma non è mica la stessa cosa. La tua polverina ci serve, sai? Ci serve a fermarci un pò, e a pensare. A non vivere le nostre vite di corsa, a non sprecare giorni e cose, a sorridere un pò di più, a parlarci di più, accontentarci di quel tutto che c'è. Ci serve un pò di giudizio, serve per fermarci un secondo a pensare prima di ferire, serve a non essere privi di contenuti e di traguardi. E di sogni, anche. Spero che mi ascolti. Domani, cercherò la sua polverina nell'aiuola delle rose, guarderò per bene dietro al vaso della miseria e tutt'intorno al rosmarino. L a troverò, lo so già. La conserverò in un barattolino che terrò sul davanzale, e che luccicherà, da lontano, per mille giorni ancora, fino al prossimo inverno, fino alla prossima favola, fino alla prossima Cometa.

09 gennaio, 2007

Vertigo.

Sarà che ci siamo svegliati al volo. Sarà che stamattina qualcuno aveva rubato la collina, sostituendola con una tenda grigiolina non bella a vedersi. Sarà che non ne avevo voglia e basta. La vertigine è una sensazione sfaccettata, non sai mai se stai bene o se stai male, in fondo star sospesi può avere anche i suoi vantaggi, a dire, guarda qui, vi guardo tutti dall'alto o dal basso e mi gira tutto intorno in una danza silenziosa e soffice che vedo soltanto io, e che mi fa sentire, in un certo senso, privilegiata. E nessuno sente neppure questo ronzio celestiale, questa eco che ovatta il rumore del traffico e i passi sulle scale e la musica alla radio. Mi gira la testa, oh yes, ma non sto mica male, scelgo di non farmi troppo prendere dalla non voglia, dal non entusiasmo, dalla mia non propensione per alcunchè, quest'oggi. E la lascio andare, così com'è. Presa, scossa, buttata e frullata in una fredda mattina di inizio gennaio, farò le cose una per volta, spuntandole dall'elenco stilato sulla mia agenda nuova di zecca, dove ho solo scritto il mio nome e la mia mail. Mi sono spruzzata più profumo del solito, ho raccolto i capelli e ho dato il via alle danze, vitamine, spremutine, merendine, e via, in ufficio. Frullata o non frullata, con la testa che và a farsi un giro e vive di vita propria, con questa sensazione da Houston Abbiamo un Problema, mi manca giusto una bella tuta da astronauta per essere pronta all'allunaggio. Qualcuno telefoni a Tito Stagno, che stavolta sulla luna ci andiamo per davvero. Profumatissime, perdiana!

07 gennaio, 2007

La Tombola degli Orrori.


Ormai, un appuntamento fisso. Da tre anni in qua, il giorno dell'Epifania ci si raduna a casa di qualcuno e si dà luogo all'attesissima Tombola degli Orrori. Il procedimento è molto semplice. Chi di noi non ha in casa da tempo immemore quel vaso finto cinese della zia Palmira che non abbiamo cuore di buttare, anche perchè, con la raccolta differenziata, non sappiamo bene se vada nel vetro o nei Diversamente Smaltibili? E chi non riceve, ad ogni Natale, qualcosa di veramente orrido e inguardabile? Bene, la Tombola è nata così. E' un riciclo, invero. Un'arte sopraffina per disfarsi del brutto che, se brutto per noi, non è detto affatto che lo sia. Ho vinto l'anno scorso delle tazze a forma di cuore che mi hanno mandato in visibilio, e delle quali vado fierissima. Ma anche l'occasione per fare un pò di bene: la vendita delle cartelle, infatti, darà origine ad una somma che quest'anno spediremo ad una missione in Africa per i bambini malati di Aids. Bella cosa. La T.d.O. ha un suo cerimoniale ben specifico e delle regole ferree. Per esempio, non si conosce mai il numero esatto dei partecipanti. più si è e meglio è. Ciascuno degli invitati deve portare con sè uno o più Orrori, catalogati in base al valore (ambo, terno, cinquina o tombola) e ben impacchettati per l'effetto sorpresa che non è certo da sottovalutare. E qualcosa da mangiare per la cena che ne segue. Fatto. Il resto è divertimento allo stato puro. Ieri, casa mia ha ospitato la Terza Edizione della Tombola degli Orrori 2007. Con gli amici più cari, le persone che contano davvero per me, le amiche dei quindici anni, andavamo in due in motorino e adesso, guardaci lì, a parlare di figli e di vecchi fidanzati. Un bel pomeriggio. A chiudere questa kermesse di feste e festine, a ricaricarci per questo anno che viene, a prepararci, che domani ri-iniziano le danze, quelle vere. Ho messo insieme molte delle persone che amo. Non tutte, ma quasi. E pazienza se se ne sono andati via con vasi orribili, libri di porcellana e orrende bottiglie. Una se la sono dimenticata nel mio frigo, insieme ad un salmone di dimensioni quasi umane. Brindiamo con una pregiata bottiglia di Mò Esce Antonio a quel che vogliamo. Alla festa di ieri, alla tombola folle, agli affetti che erano qui con noi e a quel che di bello ci sarà. Che sarà tanto, lo so.

03 gennaio, 2007

Buttare via.


E solo da calcio. E qualcuna da calcetto. E parastinchi. Che non vanno più bene a nessuno. Tre figlioli calciatori hanno il loro perchè, cara la mia signora. E questa distesa di scarpe inutilizzate e ahimè, ormai inutilizzabili perchè, come si dice, piccoli piedi crescono, la dice lunghissima. Oggi, col mio sposo, mi sono dedicata ad una emozionante pratica, che si fa raramente, invero, perchè comporta un notevole dispendio di energia e molto tempo a disposizione. Non già un nuovo capitolo dell'Ars Amatoria, signora, non mi faccia arrossire, bensì, ecco, non so come dirglielo...il riordino del garage. Lo so che non è propriamente una poesia, ma va fatto e allora si fa. E si fa di sci, di ogni misura, ne ho contate 13 paia, e scarponi e bob, e tute da sci, e pantaloni da sci e occhiali da sci e guanti da sci e caschi da sci e biciclettine e biciclettone e mountain bike e monopattini e cap da cavallo e pattini in linea e zainini da asilo e cartelle con scritto Classe I, e scarpette da ballo e tutù minuscoli e zaini da liceo e cerate da vela e cuffie da piscina e cose, cose, cose dovunque, non buttate mai, tenute lì, conservate. Questa pratica non mi entusiasma. Mi costringe a buttare cose che davvero non userei mai e vorrei tenere solo per ricordo, di quella volta che e allora io e allora lui e poi alla fine. Fosse per me non butterei niente. Ho ancora il mio Ciao blù classe 1978, non venderei le macchine, ho ancora i biberon e i ciucci appiccicosi dei miei figli, i lenzuolini con i ricci ricamati e tutte le bavaglie coi loro nomi, sono una novantina, ne farò una coperta, mi sa. Ma buttare serve. Serve a capire. Serve un pò a crescere, a staccarsi, a guardare in là, ad aspettarsi le cose più belle, ancora più belle di quelle che sono qui. E allora, chiudo gli occhi e butto via, non cancello, ma butto via, e riordino, fuori e dentro, e faccio spazio, e invento una nuova stanza, un salotto anni 60, coi mobili di recupero e la specchiera sulla credenza, dove leggere e stare con gli amici e accendere il camino, e uno studio tutto mio, dove ricamo e scrivo e progetto e penso, e faccio di un garage disordinato e pieno di cose un magazzino ordinato e con un senso, e una dispensa che nemmeno Palazzo Reale. E fra mille anni, quando di nuovo riordinerò, che di nuovo avrò accumulato e mai buttato, ritroverò cose e penserò ancora a quella volta che e allora lui e allora io, e ricomincerò da capo, e rifarò tutto. Sorriderò. Perchè forse, ritroverò parecchie delle cose che ho qui ora. C'è da giurarci.

31 dicembre, 2006

Buon.

Buone giornate di vacanza. E di neve, se c'è. E di mare, qualora. Buoni giorni normali, di scuole e di uffici e di riunioni e di scadenze. Buone bollette da pagare e spese da fare e camicie da stirare. Buone pastasciutte, a mezzogiorno o mezzanotte, buone cotolette alla milanese, buoni risotti col vino giusto, buoni prosciutti di Parma e Culatelli di Zibello. Buoni libri da leggere e viaggi da fare, buoni amici da ascoltare, da vedere, da chiacchierare. Buone sere tranquille e sere da paura, buoni film da vedere, divano o anteprima, buone feste in montagna, buone maglie di cachemire, buone borse di Gucci e scarpette di Prada. Buone multe per divieto di sosta, buone tasse, buoni raffreddori e influenze e carenze di ferro e anche quelle d'affetto, che nessun botticino dal gusto di chiodi guarirà mai. Buoni smalti colorati, buoni sorrisi da vendere, buoni giorni di sole, e di nebbia al mattino, buoni tramonti sul mare, buone barche a vela, buon vento da nord ovest, buone doccie all'aperto, buone sere di mirto e di stelle. Buone favole da raccontare, buoni figli da sgridare, coccolare, amare sopra ogni cosa, buone battutacce in cucina, buone bugie, buoni abbracci da scaldare, buone domeniche mattina che dormono tutti, buone colazioni che durano tre ore, buon pane croccante e crostate di marmellata, che si è un pò bruciacchiata ma va bene così. Buone canzoni da imparare, buone poesie da insegnare, buoni giorni, buone notti, d'amore e di sonno, di sogni e magie, di pigiama e di baci. Buoni bigliettini, trovati o lasciati, buone telefonate, buone lettere spedite, o ricevute, o strappate, buone sorprese, buoni regalini inaspettati. Buone idee, buoni progetti e buonissimi sogni, da farne a tonnellate, più lucidi che mai. E buoni sentimenti, buoni amori, buone tenerezze e buone amicizie, e buoni affetti, e buoni perdoni e buoni sorrisi. E frizzi e lazzi, lustrini e brilli, paillettes e cotillons, e meno otto e meno nove, e tutte proprio tutte le cose che in un giorno normale che sembra speciale, in un giorno che è domenica e molto di più, una persona normale, felice e un pò fuori, possa mai augurare a ciascuno di voi.

30 dicembre, 2006

A proposito.


Esprimi un desiderio. E fai cinque buoni propositi per l'anno nuovo, si fa sempre, non è vero? Riordinare i cassetti, i fili da ricamo, una specie di inventario, buttare i vestiti vecchi e le vecchie presine consunte dall'uso e gli strofinacci, anche quelli, e le tazze sbrecciate e le maglie di lana che fanno i pallini. Buttare via, un pò come per dirsi che, in fondo, si stava male con tutta quella roba vetusta intorno, ci dava brutti pensieri e rimandava brutte immagini. Via, un sacco nero, di quelli grossi e tutto dentro senza guardare, non quelli lillini che sono trasparenti, se no ti vien voglia di salvare quel vaso o quella t-shirt che ti piaceva tanto. Resettare, come ho fatto a non pensarci, riprendere da capo, freschi come rose e freddi come spie, lontani, distanti, cucirsi il cuore nella fodera del cappotto, nel cappuccio della felpa e non ascoltarlo, per un pò. Mi vogliono superba? Lo sarò, eccome, più di sempre, altezzosa e un pò vigliacca, si dice stronza, in realtà. Benissimo, pronti, via. Non la sono stata mai, o forse non abbastanza. ho sempre cercato di salvare quel ridicolo senso di appartenenza a qualcosa che non esiste più da molto, e da adesso, da prima, da ieri, cercherò di appiccicarmi addosso questo nuovo ruolo. La mia famiglia è questa qua, mio marito e i miei bambini, bambini? ma dove, sono alti due metri e belli come il sole di giugno. Nient'altro mi serve. Avrò spalle su cui piangere lo stesso, avrò discorsi difficili da dividere con le persone che sanno davvero come sono, che strano, non il tuo sangue, però, che buffo scherzo della vita, le persone uguali a te non sanno nemmeno da che parte sei voltata e quelle che hai incontrato solo l'altroieri sanno come stai al solo suono della tua voce al telefono. Che storia. Butto via tutto. Le offese di ieri, le falsità, il mio implorare attenzioni che non merito, si vede, Non mi sentirò sola, c'è forse un modo per sentirsi più sola di così, certo peggiore ma in ogni caso diversa, più attaccata ai gesti d'affetto, alle piccole sorprese, alle piccole cose che ti fanno sentirse un pò voluta, amata, circondata di bene, al sicuro, insomma. Bene, negatemi pure tutto ciò, sono anni che lo rincorro e non l'ho mai acchiappato, eppure ero brava a prendere farfalle, da bambina. Si resta bambini in un certo senso, si ha sempre voglia di un abbraccio caldo, sempre voglia di una carezza. Non sono stata abbastanza brava, meritevole, non sono stata nominata per il Premio Bontà Duemilasei. Ho ingoiato rospi, prestato soldi mai rivisti, fatto finta di niente. Non abbastanza. E adesso, la Scocciata Stronzissima Superba, mette sù una bella corazza, diventa algida e merdosetta sul serio, sparisce dal giro, nel sacco nero butta anche le cose che le fanno male, che la fanno piangere in autostrada con la nebbia e i TIR, e se nessuno si preoccupa di sapere se per caso è spiaccicata contro qualche guard-rail, ma cosa importa, ho le spalle grosse e sopravviverò. A casa mi aspetta l'amore quello vero, che ho fatto io, che ho voluto. Di tutto il resto non me ne importerà più fico secco. Si cambia, signori miei. E vaffanculo pure alla farfalle.

26 dicembre, 2006

E anche questo Natale...


Resta poco. Quasi niente. L'affanno, la magia, l'attesa dei giorni passati non lasciano traccia. Non gradevole, almeno. Ci si rende conto che, nonostante i proponimenti e il dirsi, sarà diverso, sarà bello, sarà come vorrei io, tutto è uguale, irrimediabilmente uguale all'anno scorso e a quello prima e a quello prima ancora. Certo, la famiglia è stata spettacolare e preziosa, e non solo nei regali, il clima che mi aspettavo, la sera della Vigilia, la scena per Babbo Natale, giurando di aver visto la scia luminosa della slitta proprio lì, dietro il ciliegio. Ma è il giorno che mi ha deluso. Che mi fa pensare. Che mi dà l'ennesima riprova. Che per l'ennesima volta mi sono un pò sforzata, a inventare argomenti che non ho, ad evitarne altri, ad arrabbiarmi in silenzio, sorridendo, perchè è Natale, appunto, e perchè tutti gli altri, seduti a questo tavolo, coi lustrini e le candele, proprio non se lo meritano. E' passato. E adesso, la scenografia dei piatti sistemati per bene è solo una pila di stoviglie da lavare, e sai, non ti ho preso niente perchè tu hai tutto e farti regali è difficile, e ringraziamenti finti e fuori luogo, complimenti di plastica e ovvietà. Le portate che hai cucinato dalle 8 del mattino sono avanzi che balleranno fuori e dentro dal frigo per una settimana e a vederli ti viene la nausea. Ripiegherai per bene le carte dei regali e i nastrini e i bigliettini e li conserverai, chissà perchè, in una scatola. Un altro Natale è arrivato e se ne è andato. Si sono avute cose belle, bei momenti e bei sorrisi, ma anche qualche piccola mancanza, qualche risaputa offesa, qualche semplice dolcezza negata. E non ci si abitua mai. I pacchi scartati sono lì, sotto l'albero zen. Le persone care dormono tranquille in una mattina di festa, che ieri sera abbiamo fatto tardi dagli amici a finire i loro avanzi, come tradizione, e altri amici ci aspettano in montagna quest'oggi. Preziosi, come regali. Della tradizione "con i tuoi", non resta niente. Solo candele, diventate brutte sculture di cera sciolta e le briciole, da scuotere via insieme ai lustrini.

23 dicembre, 2006

Desiderata.



Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta,
e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio.


Finché è possibile senza doverti abbassare,
sii in buoni rapporti con tutte le persone.
Dì la verità con calma e chiarezza; e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli
ignoranti; anche loro hanno una storia da raccontare.


Evita le persone volgari e aggressive; esse opprimono lo spirito.
Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine,
perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te.

Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti.
Conserva l'interesse per il tuo lavoro, per quanto umile;
è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo.


Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli.
Ma ciò non acciechi la tua capacità di dinstinguere la virtù;
molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo.
Sii te stesso.

Soprattutto non fingere negli affetti, e neppure sii cinico
riguardo all'amore;

poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni esso è perenne come l'erba.


Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall'età,
lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza.
Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l'improvvisa sfortuna,
ma non tormentarti con l'immaginazione.
Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.

Al di là di una disciplina morale,
sii tranquillo con te stesso. Tu sei un figlio dell'universo, non meno degli alberi e
delle stelle;

tu hai il diritto di essere qui.
E che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio
che l'universo ti stia schiudendo come si dovrebbe.

Perciò sii in pace con Dio,
comunque tu lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni,
conserva la pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita.
Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti,
è ancora un mondo stupendo.
Fai attenzione.
Cerca di essere felice.

(Trovata nell'antica chiesa di S. Paolo, Baltimora. Datata 1692.

21 dicembre, 2006

L'ha fatto per me.

Non c'è altra spiegazione. E' stato il suo modo per dirmi Buon Natale, io lo so, ne sono certa, vero è così? Non è mistero per nessuno: abbiamo una storia torbida. E che mio marito non lo sappia mai, per carità. Anche se gli ho confessato che, dovessi , a caso, trovarlo a fare joggin' sulle colline del Monferrato, mi dispiace tanto, ma faccio sù baracca e burattini e vado via con lui, anche se è in tuta e scarmigliato e io non ho con me neppure lo spazzolino. Che vuole farci, signora cara, ognuno c'ha le sue debolezze e io, modestia a parte, c'ho questa. Da sempre, sa? Da quando giovincella in vacanza in Costa con le amiche, ci appostavamo per spiare le feste a bordo della sua barca, elaborando scuse e millantando parentele illustri per farci invitare a bordo. Non è mai successo, sob. E quella volta che eravamo insieme alla stessa trasmissione televisiva? E l'anno scorso, gomito a gomito nella stessa pizzeria ? Veramente era 10 tavoli più in là, cosa importa. Ah, signora, signora, che avventura. Comunque, oggi, vada a vedere che bel regalo mi ha fatto, il mio Guido, massì, come fa a conoscerlo, già, lei guarda solo le telenovele e le repliche di Dallas su Sky. E' proprio lui, Guido Barilla, il mio fidanzato segreto. Vabbè, dire che è quello dei fusilli è riduttivo, andiamo. Comunque, dicevo, oggi, vada a comprare un sacchetto di biscotti. Lui, il Guido, ha disegnato personalmente il packaging (il sacchetto, orsù), e ci ha messo una serie di schemini a punto croce da perderci la testa. E poi in incognito, si sa, per non far ingelosire la moglie, mi ha anche mandato una mail con il link dove posso trovare tante cose deliziose per Natale. Guardi qui se dico bugie. L'ha fatto per me, è un messaggio sublinguale, l'ho capito subito, io. Ma, vede, la nostra è una storia difficile e contrastata, abbiamo 9 figli in due, sa com'è, e poi la distanza, il lavoro, lavora un sacco, sa? ma come si dice, alla fine l'amore trionfa. Come dice? Mio marito? Beh, mio marito non lo sa, è ovvio, e, ehm, veramente neppure il Guido. Ma come si dice, signora mia, mai come in questo periodo dell'anno vale il detto Basta Il Pensiero. E io. sempre modestia a parte, lo bastai.

20 dicembre, 2006

Più viola di così!


Oh, certo che lo so. La foto non rende giustizia. Ma è tutto un turbinio di violettini, di lillini, di zucchero viola, di farfalle glicine, di matassine di cotone che vanno dal lilla al lavanda chiarissimo, di caramelline Stratta, di tovaglioli lilla, di una tazza violetta, di uno smalto coi brilli che un amore, di un talco profumatissimo e violissimo. Che grande invenzione i pacchi postali! Soprattutto quando finalmente arrivano a destinazione. E poi, li apri con attenzione, chiedendoti ma che ci sarà, senza strappare troppo la carta, lentamente, perchè la sopresa duri a lungo, un pò di più. Grazie ad Alessandra di Viaggio di Luna. Aspettare, a volte, non è poi così male.

19 dicembre, 2006

Niente.


Cè il mutuo da pagare. E una multa sul tergicristallo. E sono in coda da mezz'ora e non trovo parcheggio. E ho bruciato l'arrosto e ho dimenticato di fare la lavatrice e di stendere, anche. E ho il raffreddore, forse l'influenza e una caviglia slogata e non so come vestirmi per la cena di domani e non so cosa cucinare a Natale. Il capo è un cretino, e ho perso le chiavi, ho litigato con mio marito,e mia moglie spende troppo, e ho messo gli addobbi, ho rotto una tazza, ma chi credi di essere, e ho una grana di lavoro che mi assilla, e mio figlio non ha voglia di studiare, e vorrei un telefonino dorato, e devo cambiare le fodere dei divani, e il cane non sta bene, e vorrei tornare in palestra e trovare un nuovo aiuto per casa e dei vasi di erica, e ho bucato una gomma. La mia squadra ha perso, ma che gente c'è in giro, mi hanno battuto a tennis, hanno rotto lo specchietto, e la casa è sempre in disordine, e si è sempre di corsa, che ci vuoi fare, sopravviviamo, e non hai tempo per niente e quella maglia che volevo, al negozio l'hanno venduta, e quest'anno le ferie, e cambierò macchina le Maldive un paradiso, si va al giapponese?
Tutto questo, la rabbia e la noia di ogni giorno, le cose che, almeno una, qualcuno ha già detto stamattina, le cose che sembrano così gravi e terribili, tutte queste cose diventano così ridicole e sciocche e banali e stupide. Se muore un amico.

18 dicembre, 2006

Baci.



I baci son promesse. Nella buona e nella cattiva sorte, baci da amanti e per tutta la vita, baci di un week end e da un giorno soltanto. Appassionati, lunghissimi e travolgenti, baci di velluto da ricordare per sempre, da togliere il respiro, anche. Baci ad occhi chiusi, per dire portami via da qui, baci di diamanti, luminosi e forti, come a dire certo, ti porto via eccome, adesso, non importa dove. Baci, leggerissimi e veloci, di circostanza, uno di qui e l’altro di là, i baci agli zii e a quelli di cui ti importa poco o niente. Baci che consolano, coraggio, sono qua io, raccontami le cose che ti fanno stare male, baci che raccontano quello che hai dentro, baci morbidi, al fuoco del camino, baci per far addormentare, piccolissimi e di seta, un bacio, buongiorno, ti faccio un caffè. Baci che avvolgono, di slancio e di allegria, aprendo una scatola, che bello, è per me? Baci che scaldano guanciotte rosse di neve, baci per dire che bravo e non è niente, baci su sbucciature di ginocchia, dai che passa subito, baci di zucchero ai compleanni, che volano su una manina, manda un bacio, così, d’oro e d’argento per la notte di Natale. Un bacio solo, in fondo a una lettera, un bacio soltanto per dire mi manchi, un bacio che vale dieci, cento e mille, alla stazione o in aeroporto, così diversi se parti o se arrivi. Due gusti, due baci, baci di cioccolata con le frasi d’amore, due baci e arrivederci, due baci e bentornato, due baci e fai buon viaggio, due baci e stai tranquilla, due baci e come stai. Oppure tre, mi piacciono di più, tre baci, destra, sinistra, destra, tre baci inconsueti, diversi, carini. Tre baci, uno, due e tre, come a Parigi. E così, qualche maglione e una cartina, quasi quasi a Parigi ci scappo sul serio, non che stia male, per carità, ma Paris c’est la folie, cara la mia signora, e allora via, allez, mollo tutto, spengo il telefono e tanti saluti. E baci, voilà.

16 dicembre, 2006

Swap! Swap! Swap!

Sarà il periodo. O la mia proverbiale e assoluta frivolezza cosmica. Ma a me, scartare i pacchi, galvanizza. Elettrizza. Mi piace, insomma. Così, oggi, complice un figliolo non proprio in forma e il sabato dedicato a ultimare gli ultimi regali di Natale senza muovere il mio regale posteriore dalla sedia (leggi:ricamo indefesso), e zero voglia di tuffarmi nel caos, mi sono imbattuta qui. E testè iscritta. Funziona un pò come i Pacchetti della Felicità di Fiordizucca e magari è stato proprio questo pacco ricevuto da Huevoblanco, che mi ha fatto venir voglia di ripetere l'esperimento all'infinito, anche in tempi non sospetti, quando ormai le feste natalizie saranno lontane. Chissà, magari mi arriveranno un paio di guanti dalla Lapponia, o dei bastoncini per il sushi made in Japan. E io, che cosa potrò mai mettere nel mio pacchettino da spedire, a sorpresa, oltreoceano, magari? Beh, sicuramente un barattolo di Nutella. E poi, dei biscotti italiani, krumiri, magari, e un berretto di lana o di cotone, dipende. O magari un porta iPod fatto da me, che ha spopolato quest'estate. E poi e poi, mi farò ispirare al momento. Dipende anche dove il mio pacco è diretto. ora vado a studiarmi benissimo il sito. Per quanto riguarda me, vorrei ricevere qualsiasi cosa che riguarda il punto croce, libri di cucina, una penna stilografica che scriva viola, un cestino da ricamo, bottoni e stampi per biscotti. Altro, non saprei. Tanto, la sera è ancora lunga, la cena di Sandra, ahimè, saltata, con la promessa di vederci presto in queste vacanze. le premesse per una bella sera ci sono, nonostante tutto. A volte, la felicità è piccola cosa.

The book is on the table:

I’m very curios about this Swap World. Now, in winter holidays, I’m very interested to send and receive some things from all over the world.
I exchange:
- handmade stuff (knitted cover for lap top, iPod and mobile)
- gorgeous made in Italy items (food, pictures, music, stationery, and anything you ask)
- Italian foods, (Nutella, jam, candies, cookies, cake, chocolate and so on)

My wish list:
- everything about cross stitch
- Buttons, boxes, basket for cross stitch and knitting.
- Pens.
- Lunchbox and kitchen accessories.
If you would like to contact me, just send email: lauraat fragoleinfinite dot it
Thank you.

La preghiera.


Ci sono pensieri che volano via, leggeri, che non ti danno nemmeno il tempo di renderti conto che sono lì. Altri che rimangono, appiccicati come le foglie per terra quando piove. Di solito, sono i pensieri più tristi, le malinconie sottili, le ansie stupide, i dolori un pò sciocchi, non autorizzati, senza un vero senso, non so. Ho pensato, ieri sera, a due mamme che vivevano, da ieri, il dolore più grande e straziante impossibile da sopportare, io credo, come la perdita di un figlio. E mi veniva da pregare per loro, sentivo che serviva a pochissimo, in realtà, i dolori che squàssano non li alleggerisce nessuno, credente o meno. Ho pensato a loro, guardando dalla finestra, le luci e le case, pensando che da ieri, la loro vita, la loro luce e le loro case non sarebbero state le stesse, mai più. Ho pensato a quelle famiglie a quei papà, a quei fratelli, forse, e ho pregato che qualcuno, da qualche parte, oltre le nuvole, oltre il vento e oltre il cielo, dia loro la forza di sopportare, di portarsi addosso questo masso di pianto e di lacrime, di tristezza infinita e di assurdo, sordo, infinito, opprimente dolore. Poi, mi sono detta, questa qui è una preghiera inventata, non è quella che si recita a memoria, in chiesa. Ma credo che Qualcuno, inventate, balbettate o singhiozzate, le preghiere le ascolti un pò tutte. Sono certa di sì.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...