16 luglio, 2007

Fermè pour Corse.


Stavolta si và. Fatta una specie di cambusa, salatini e biscottini, crema solare protezione mille, una manciata di costumi presi a caso. Lette e rilette le previsioni del tempo, Météo France, mica noccioline, avremo una settimana magnifica, mare calmo e ahimè poco vento, ma va bene. Organizzate gite ed escursioni, se ne avremo voglia, e se no va bene uguale. Ho vaghe notizie di mercatini sulla spiaggia, di collane di conchiglie da perderci la testa, di scogliere bianchissime, di mare trasparente e di paesini affascinanti. Non mi farò scappare nulla, immortalerò, relazionerò e racconterò. Ca va sans dire.

13 luglio, 2007

Bella scoperta.


Massì, che ogni tanto ci vuole. Si deve uscire dai soliti percorsi, fare un uovo fuori dal cesto, come spiegarlo in altro modo? Così, a naso, alla domanda, ma con cosa diavolo ci si asciuga i capelli sull'Isola? Ah, signora , non ci crederà: sull'Isola i capelli li asciuga il vento. Ma non quello della spiaggia, che tutt'al più ti riempie di sabbia, ma ci si atteggia un pochino, un pò Caccia Al Ladro, ecco. Così, per andare a ritirare la PrinciStellaMarina, intrattenutasi con le amiche sulla battigia per vedere il tramonto, ecco che, uscita testè dalla domestica doccia, la scrivente si è procurata un asciugacapelli di tutto rispetto. Lussuoso, anzichenò. Una volta tanto, si può fare. Così, mentre il vento mi scompigliava i capelli, io, posizionata con garbo e rara grazia al volante di una rombante quattroruote, nel baule della quale stanno a fatica 6 uova, un auto scoperta, come lo sono certi assegni, e come ci si trova in un lettone quando ci si dorme in tre, ho fatto la mia bella e sciagurata figura. Alla fine della corsa, mi sono trovata con una capigliatura fluente e boccoluta e soprattutto, asciutta. Ma quale phon, ma quale bigodino, signora cara, lei mi è rimasta alle guerre puniche: per la messimpiega sull'Isola, quest'anno mi và il cabrio. Solo, un accorgimento: tenga, per ogni evenienza, un golfinetto nel sedile posteriore, un maglioncino, anche non di cachemere, che questo venticello impunito e malandrino non me la racconta giusta, e che il bacillo della broncopolmonite è sempre lì, bello sereno, in agguato e pronto a colpire. Perchè va bene far la diva, va bene avere il boccolo selvaggio, ma si deve consumare la vicenda senza il naso che cola. Che scoperta? Ecco, per l'appunto.

11 luglio, 2007

Ingestibile.


Lo sapevo. L'avevo detto, io. Me lo aspettavo. Sono espressioni che non sopporto, ma mai come in questo caso sono efficaci e veritiere. Dura la convivenza con il Liceale. Passa dallo stato di euforia a quello della più greve delle tristezze catartiche. Vive, in simbiosi col computer e il telefono. Si apparta, mesto, in una nicchia di casa, le cuffie nelle orecchie, i ricci scomposti, lo sguardo vacuo. Se potesse, inalbererebbe un cartello, di quelli da corteo: non rompetemi i.... E noi, la sua affettuosa famigliola, che non sappiamo bene che cosa fare, ci inventiamo pozioni magiche, atteggiamenti da tenere, ci riuniamo la sera, a dirci, meglio farlo parlare, no, meglio lasciarlo in pace, no, meglio che faccia quel che vuole. Ma quel che vuole lo sappiamo, o meglio chi, e per il momento, le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi, non si avvistano all'orizzonte. Per qualche giorno ancora. Nel frattempo, ci si sopporta. Lui noi, noi lui. Sopportiamo i suoi scazzi, i suoi scatti di ira furibonda, i suoi silenzi musoni nel ristorante che gli piace tanto, è entrato e uscito venticinque volte, suo padre mi guardava, con sguardo fra l'interrogativo e il furibondo.. Qualcuno giura di averlo visto sorridere, una volta. La Princi, di aver visto i suoi occhi di bosco brillare, leggendo una lettera scritta in fuscia, con la grafia tonda e da fumetto che hanno le fanciulle. Io, osservo. E cullo questo suo male d'amore, nessuno al mondo sarà mai più come questo, tondo e infinito, così dolce e così struggente. Quando è accanto a me, sento il suo cuore che batte nel mio e vorrei stringerlo forte e dirgli tieni stretta questa malinconia e questo amore acerbo e sterminato, cucitelo addosso e tienilo lì, ci penserai per tutta la vita, ancora e ancora e mai si staccherà da te, nemmeno quando altri amori e altre dolcezze ci saranno. Cùralo, come si fa con le piantine, con i micetti che trovi per la strada, ascolta questa solitudine che ti sembra insopportabile e fanne tesoro. E quando rivedrai la tua Fanciulla, fa che possa sentire, abbracciandoti, tutte le notti che l'hai sognata, tutte le volte che avresti voluto essere con lei e del cielo stellato, della spiaggia bianchissima, della luna e del mare turchese, financo di Cannavaro a 2 cm, non te ne importava un accidente. Per fortuna, fra pochi giorni, la Fanciulla dei Sogni arriverà, bionda e lucente, in qualche parte dell'Isola. Nel frattempo, noi qui si sopporta, si fa finta di nulla e un pò si invidia tanto amore, tanti sms a cuori e stelle e tanta splendida mancanza. Ma non ditelo all'Orlando Innamorato. Diventerebbe, in men che non si dica, Furioso.

Ode alla Nivea.


Qualora me lo chiedessero, non saprei dire con assoluta esattezza che cosa il profumo della Nivea mi ricorda. Forse una quantità talmente vasta di cose che a focalizzarle una per una ci vorrebbe uno di quegli aggeggi che usa la Margherita Hack, forse. Ci si può provare. Riviera Ligure, primi anni 70. L'omino che vende i krafen sulla spiaggia, estraendoli da un cestino unto che, a farlo ora, verrebbe arrestato all'istante. Gli aeroplani che volano radendo il mare e che buttano giù le sorprese Galbani. Il materassino rosso da un lato e blù dall'altro e di nessun altro colore al mondo. I sandalini alla schiava misura 33. Il prendisole con le margherite cucito dalla zia e indossato con orgoglio per il rito serale del ghiacciolo al tamarindo. La merenda con la focaccia. L'insalata di riso mangiata sulla spiaggia. E infine, quel giochino pazzesco, le due palline che facevano click clack, le mie erano arancioni ed ero campionessa Mondiale ed Intercontinentale con un personalissimo record di 4 minuti. In tutto questo, la Nivea era lì. Non quella del flacone blù, si badi benissimo, non quella liquida che ai primi di luglio è già esaurita al supermercato. Quella vera, la unica e sola, nella inconfondibile scatola, sempre blù, ma piatta e lucida, di latta, sono così poche le cose che ancora conservano la loro forma originale, persino il bambino del Kinder è cambiato, ma dove andremo a finire. La Nivea sa d'estate, di mandorle, un pò, di panna montata che lo so che non ha nessun odore, ma forse la consistenza la ricorda molto e allora viene facile a pensare. Si spalma a fatica, ma è assolutamente lussurioso il gesto di affondare tre dita della mano in quel lago intatto e cremoso, candido e perfetto, che già solo il pensarci ti fa stare bene. Protegge, ripara, conquista. E' abbronzante, idratante, prima del sole, durante sole e doposole. Impareggiabile. Insostituibile. Elegante e raffinata, discreta e senza tempo, al di là del glamour e delle tendenza, la Nivea c'è. Occhieggia con impavida semplicità negli scaffali, accanto alla cugina liquida, alle creme setificanti, superidratanti, autoabbronzanti e sberluccicanti. Quasi nessuno la compra più. Distinguersi bisogna. E a poco meno di tre euro ci si può assicurare nella cesta della spiaggia un pezzo di storia, di anni settanta, di sciocca e dolcissima malinconia, quella piacevole da riascoltare.

10 luglio, 2007

Grandi manovre.


Ma certo, di tempo ce n'è. Non abbiamo nient'altro che tempo. Per farci perdonare, anche. Mi capita spesso di ripetere ai miei figli l'importanza di parole come grazie, scusa, perdono. E per vicende non gravissime. Quest'oggi perdono lo chiedo io. Per un'inezia, ma che ha la sua bella fetta di importanza. Perdono. Perdono di aver trascurato. Perdono di aver trascurato Santa Polenta.Che imperdonabile errore, che gravissima mancanza, che nefasta sciagura. Come si potrebbe fare a continuare senza le mie ricette senza senso? Senza i miei esperimenti? Senza le mie dosi tirate a caso, senza le mie unità di misura, tipo un pochino, abbastanza, così ad occhio? Nulla di meglio che questa giornata di ozio per rifarmi alla grandissima. Ancora non so cosa proporrò, se dolce o salato, se appetizer o finger food, se roba complicata o di una banalità rivoltante. Meglio la prima, direi. In perfetta tradizione Santa Polenta. E sorrido, pacifica, perchè so per certo che mi avete già perdonato e che, se tutto ciò ha la sua bella fetta di importanza, codesta fetta non può che essere di Polenta. Meglio se Santa, voilà.

Mancava.

Oggi di mare non se ne parla. Si ha voglia di casa, di ricevere, magari, qualche amico che passa di qua, amici dei figli che si spostano a frotte, ciondolanti, quelli appena arrivati, li riconosci dal pallore cittadino post maturità. Si è ancora in camicia da notte, di quella collezione che hai fatto prima di partire, leggerissime, colorate o candide, da corsa, dice il mio sposo, che con l'abbronzatura hanno il loro bel perchè, signora cara, mica si può star sciatte e in disordine solo perchè si è in vacanza, no? E allora via a completi da far andare in visibilio, sottoveste e vestaglina coordinata, si può restare così per tutto il giorno, volendo, scalze e scarmigliate il giusto, selvagge, mi aiuti a dire. Si passerà la giornata a guardare le crestine del mare, i traghetti che non riescono ad attraccare, gli ulivi spettinati, il sole che viene e che và. C'è un pane che cuoce sornione nella ViolaCucina, si leggerà, si ricamerà, si chiacchiererà con gusto e ozioso piacere. Nel frattempo, uno strofinaccio che ci mancava, l'amore è una bolina stretta, signora cara, una tempesta improvvisa, una randa cazzatissima che guai a lascare. E all'uopo medesimo, dopo il pane e lo strofinaccio, ecco qui che mi entrano in gioco i sottovestini impalpabili. E sull'argomento non devo insegnarle niente, mi sa.

Perfetto.

O quasi. Mare e vento, e poca gente in giro, arriveranno, i ferragostani, ma per ora si sta ancora così bene, senza file e traffico in un paesino che d'estate passa dalla noia invernale al delirio. Perfetto, come il vento che spazza via le cose, che strappa le tende appena messe, che scuote le piante di corbezzolo, che fa mucchietti di polvere e foglie e sabbia un pò dovunque. Perfetto, come la mini luna che si vedeva ieri sera, lucente e brillantinosa in un cielo di velluto e seta a cristalli, che ho fatto un giro fuori per vedere cosa volesse da me questo vento affascinante e profumato. Perfetto, come le nuvole veloci, la colazione che dura un'ora, i ragazzi che si svegliano uno per volta, e li indovini dal passo, finchè non arrivano, assonnati, dorati, scarmigliati e bellissimi, i capelli già più chiari, la punta delle ciglia quasi bianche. L'estate, quella vera, è già qui. Malinconica e impertinente, luminosa e frizzante, conosciuta eppure sempre un pò nuova. Perfetta? Ecco, non mi veniva la parola.

05 luglio, 2007

Gone with the wind.


Non c'è nessun metodo di calcolo più infallibile. Se una famiglia aumenta d'improvviso, lo si capisce per certo da due cose: dalla spesa e dal numero dei bucati. E' una mia personalissima teoria, che annovero con orgoglio insieme all'altra messa a punto da me medesima, e cioè che una fetta biscottata spalmata di marmellata cade sempre dalla parte della marmellata. Ma torniamo al calcolo dei componenti famigliari. Sono arrivati stamattina, dopo una nottataccia avventurosa. No, non mi sono spiegata, non era la loro, la nottataccia, ma la mia. Le previsioni davano mare 10 e 40 nodi di vento. Le immagini del Titanic erano lì in agguato, per me, ma mi sono ben controllata di non darlo a vedere a nessuno. Io che immaginavo cuori nella tempesta, ho dovuto ricredermi vedendo le loro facce belle riposate, il mio sposo un bocciolo, i ragazzi belli freschi e già casinari. Tutti tranne uno, ma era da prevedere. Ho intravisto dal suo zaino foto e bigliettini e cd e cose, e mi sono ben guardata dal fargli domande. Mi dirà, se vorrà. Oggi, comunque, la giornata si è dipanata nel siffatto: bucato, bucato e bucato, dacchè la spesa per le Regie Truppe Contingenti era già stata messa a segno nella giornata di ieri. Perchè i ragazzi mettono in valigia cose che sono ancora da lavare? Le t-shirt preferite, i boxer col papero che si è raccomandato trecentocinquianta volte di non stingere, per carità. Potrebbe sopprimermi nel sonno, se mai lo facessi. Non lo farò. E in questo giorno di maestrale e di nulla e di mare con la schiuma e di bucati a raffica, l'unica consolazione è che almeno, le cose asciugano in fretta, signora mia. E domani, aiutatemi a dire, è un altro giorno.

04 luglio, 2007

L'assestamento.

Non è poca cosa. Catapultàti dai ripassi alla stuoia, dalle poesie a memoria alla protezione 30, non è roba da tutti i giorni. Certamente, non è affatto grave. Ma le giornate, da queste parti, assumono aspetti che non si immaginano neppure, e non solo dall'esterno, ma anche da coloro che le vivono in primissima persona. Ragionamenti contorti, da mente appannata da tanto mare, tanto vento, tanto azzurro, tanti amici da ritrovare, tanti anelli da ritirare al domicilio stesso della creatrice, che, svelato l'arcano, è proprio medesimamente la fanciulla della foto poco più sotto. Sono mattine di risvegli stiracchianti e sbadiglianti, con un occhio all'orologio, che ore sono? ma cosa importa, in fondo, non è che ci sia tutto questo granchè da fare, no? Chiacchiere al mattino, piano piano che dormono tutti, il vento che gioca nel patio, gli scambi di torte e pani, in camicia da notte, attraversando il prato. Qualche volta ci si smarrisce un pò. Nel bluissimo del mare, nell'odore che ha sempre questo vento, nel verdissimo del'erba, la sera, nelle stelle che spuntano fra le nuvole, a strofinare per delle mezz'ore il cespuglio di menta del terrazzo, giusto così, per sentire sulle mani quel profumo di caramella. Bisognerà farci l'abitudine. Stasera, la falange armata che è la mia complicata e impagabile famigliola sarà finalmente a ranghi completi. Sul suo cammino, un mare 8, un 24 di diritto, il cuore triste di una fanciulla biondissima che resterà per qualche tempo senza il suo Amato, anch'egli triste e vagamente intrattabile, lo so già. Ma tanta bellezza e tanti colori faranno, da bravi, la loro parte consolatrice. I miei figli conoscono palmo a palmo ogni roccia, ogni sassolino, ogni anfratto di questo posto privilegiato e un pò fuori dal mondo. Ma a queste cose, e che ve lo dico a fare, non ci si abitua mai.

02 luglio, 2007

Facce da blogger.

Indovina grillo.
Lo sfondo è stato tolto per motivi di privacy (!)
Vi dico solo che era blu, blu, bluissimo.
Ci fu una cena, deliziosa.
Ci furono chiacchiere gradevoli e rilassate.
Ci fu una padrona di casa perfetta, un marito intelligente, attento e col suo perchè, tre figlioli dolcissimi e tosti, come dire.
Aprì per noi le porte della sua casa.
Ci presentò oltre alla sua famiglia, la sua amica di sempre.
Il marito cucinò per noi una pasta che non scorderò.
E' una blogger.
E si chiama...
Provare, provare, provare....
Forse si vince qualcosa, ma ancora non so.
Basta il pensiero, quantunque.

25 giugno, 2007

Seven o'clock.






Seven o'clock... aria di mare,
uova alla coque, poi bordeggiare
dove non so... forse posti sconosciuti...
dove chissà'... si potrà' girare nudi...
Seven o'clock... ora d'andare,
non che non puoi defezionare...
il necessaire, col bilama e il piegaciglia
e un videotape col Barbiere di Siviglia...
Sergio Caputo (toh guarda chi si vede)
Mi sono svegliata all'alba. Ho guardato il mucchio di valigie all'ingresso, ho pensato che ancora non era tempo di affrontare la pratica del caricamento bagagli. Prima, si aveva da fare. Aveva la camicia a quadrettini e uno sguardo smarrito e si sforzava di non far trapelare alcun sentimento da quegli occhioni di Nutella, ma si vedeva benissimo che aveva paura. L'ho aspettato fuori, facendo tremila commissioni quasi inutili, ormai, misurando a passi ciondolanti il selciato davanti al Duomo, coi gerani e la lavanda e quell'odore di tiglio che segna la fine della scuola. E' uscito in ritardo, scarmigliato e imbronciato, con la platea dei compagni che per niente al mondo avrebbe perso la prova d'esame dell'ultimo della lista. Non è Andata Benissimo, Mamma. Me lo sono abbracciato stretto, chissenefrega di Chopin e di quel quadro di Van Gogh che non hai saputo descrivere, non è tempo di affrontare la predica dello studio adesso. Stasera, una nave salperà dal porto di Genova. Ci saremo anche noi. Di lì in poi, nulla so o quasi. Stavolta parto, signora mia, chiudo il gas, lascio il Liceale tra le braccia dell'Amata, ci raggiungerà con il Giovane Holden tra qualche giorno. Le vacanze sono cominciate sul serio, un minuto fa. Questa sì, è l'unica pratica che voglio affrontare.

21 giugno, 2007

Piscina therapy.


Il tempo è incerto, c'è un leggero venticello e magari ci sarebbe qualcos'altro da fare, ma cosa importa. Oggi di stare a casa nessuno ne ha voglia, è una specie di anticipo d'estate, il costume e l'olio solare, si mangia qualcosa lì e poi si sguazza se si vuole, si legge, si chiacchiera. Non mi ricordavo come, a piccole dosi, il luogo dove vivo potesse essere così gradevole. Ci si conosce tutti, o quasi, si vedono le new entry, si spettegola un pò sulle vicende dell'inverno, sugli amorazzi nati e quelli ahimè miseramente finiti, sulle riunioni di condominio, su quello del C che passa il tempo ma fa sempre ben la sua sporca bella figura. Ho portato la musica, un libro, potrei dormicchiare, se voglio, ma il gustoso racconto di un'altra, mirabolante avventura della signora Tale, signora mia, è proprio il caso di dirlo, proprio non me la posso perdere. Nel cestino ho anche un lavoro da iniziare, un filo di cotone color glicine, al mondo niente di meglio c'è che metter sù 30 catenelle e andare avanti, a piacere, a sfinimento, e vedere che il tuo filo si trasforma da astuccino a presina, a sacchettino, a cosa diavolo non si sa, ma è color glicine e qualsiasi cosa sarà, andrà bene, è il magico divenire delle cose che fai con le tue mani. Così, questo venticello del Basso Monferrato, le nuvole e l'aria bassa un pò ti hanno guarito dalle malinconie e chiacchieri, sottovoce e un pò felice, anche perchè quel prato laggiù, col vento che lo scuote e l'erba che si muove, a guardarlo bene sembra il mare.

20 giugno, 2007

Sola.


Inutile stare lì, a perderci il sonno e a immagonirsi, sempre, e starci male e chiedersi ma come divaolo si farà. Non serve. Avrei dovuto fare un corso di menefreghismo coatto, sicuramente mi avrebbero rimandato duecento volte almeno. Che brutta cosa è sentirsi non compresi, fraintesi, eppure mi sembra di essere chiara a dire le cose, a farle, anche. Che brutta cosa è capire ancora una volta che agli altri importa ben poco delle cose che fai, se sei felice o no, se sei in pace o no, se tuo marito ti mena o no, se hai cento amanti o solo uno, se i tuoi figli sono tossici o delinquenti o santi o seminaristi. Ogni tanto mi giunge la conferma: alla mia famiglia non importa niente di me, è ufficiale. E considerando che, alla luce degli ultimi eventi, la mia famiglia d'origine è solo mia madre, scrivere a mia madre non importa niente di me fa un brutto effetto. Ma è la realtà dei fatti e va detto, ancora una volta. Che brutto, però.

Breakfast with the cat.


Appena nato è stato battezzato Ascanio. Dopodichè, avendo sfornato Mora e Mirtillo in una piovosa mattinata di marzo, ci siamo ricreduti e le abbiamo cambiato nome: si chiama Husky, un nome da cane, in realtà, però al momento non ce ne venivano altri, troppo presi dai micetti neri appena nati. Stamattina ho fatto colazione con lei, con il rumore dell'irrigazione in sottofondo, uno strano colore dell'aria di fuori, come se fossimo sotto una scodella, ecco, umido e caldo già di prima mattina. Il mio sposo semi-partito per l'Isola, i figlioli dormienti, la casa silenziosa e immota. Oggi, un giro di ricognizione alla segreteria del nuovo liceo, qualche faccenda a destra e sinistra, forse un inizio di valigia. E sì, signora, scusate il ritardo ma stavolta parto anche io e sul serio, armi e bagagli, paletta e secchiello, pinne, fucili ed occhiali e via! Ho una collezione di costumi nuovi (2 in realtà, ma chi l'ha detto che non è una collezione?), di quelli che sono interi ma non proprio, che non sono bikini ma che sei più scoperta e scelleratamente scollacciata e che ti-vedo-e-non-ti-vedo, insomma, non so se mi spiego. Veramente alla partenza manca ancora qualche giorno, il Mediano deve ancora affrontare il suo esame orale, ieri ripeteva Cavour palleggiando con un cuscino in salone, è forse concentrazione questa? Meglio attendere pazientemente lunedì prossimo, piegare per benino costumi e parei e non pensarci ancora, sbrigando le cose che ci sono da fare e rimandendo qui, duri e puri, a far colazione col gatto, ben composti sotto un cielo a scodella. Coraggio, lo scollacciamento può aspettare. Non per molto, però.

19 giugno, 2007

Sognami.



Che questa mia canzone arrivi a te
Ti porterà dove niente e nessuno l'ascolterà
La canterò con poca voce, sussurrandotela
e arriverà prima che tu ti addormenterai….

E se mi sognerai
Dal cielo cadrò
E se domanderai….
Da qui risponderò
E se tristezza e vuoto avrai
Da qui cancellerò

Sognami se nevica
Sognami sono nuvola
Sono vento e nostalgia
Sono dove vai…..

E se mi sognerai
Quel viso riavrò…
mai più..mai più quel piangere per me
sorridi e riavrò……..

Sognami se nevica
Sognami sono nuvola
Sono il tempo che consola
Sono dove vai…..

Rèves de moi amour perdu
Rèves moi, s’il neigera
Je suis vent et nostalgie
Je suis où tu vas

Sognami mancato amore
La mia cASA è insieme a te
Sono l’ombra che farai
Sognami da li……….

Il mio cuore è li

Biagio Antonacci

La canto da giorni. Non è bellissima?

L'ostello.


L'estate, in casa mia, ha uno strano sapore, quest'anno. Prima di tutto perchè è il primo anno che mi trattengo, causa esami, in questa casa di città, prima di andare nell' altra. Occorre perciò gestire una serie di eventi ai quali non ci si è abituati; per esempio, organizzare i pomeriggi alla PrinciBiscotto, che attende paziente la partenza ma che ha il cuore già sull'Isola. Gli altri abitanti si sono già molto organizzati. Festicciole con un numero imprecisato di invitati, come quella, riuscitissima, di sabato scorso. A tenerla è stato il Mediano, squisito ed elegante padrone di casa, il cui invito telefonico era "Boh, se vuoi venire, i miei non ci sono, ok?". Hanno aderito in massa. La sola richiesta è stata per il catering, del quale, manco a dirlo, mi sono occupata personalmente. Vagonate di patatine e popcorn, CocaCola a fiumi, persino un dolce self made, a base di Oro Saiwa e Nutella, che ciascuno si poteva preparare in scioltezza, pescando direttamente dal barile della preziosa crema. Un JunkParty, insomma, che ha mandato in visibilio più di un fanciullo. Qualcuno di loro, i più intimi, ha dormito in loco, una sorta di Bed & Breakfast, sparsi qua e là, nelle stanze dei grandi, in un delirio di zaini e caschi e scarpe e felpe e cappellini. Miracolosamente, la casa era intonsa, i ragazzi, educati e rispettosi, Persino la Princi, che non credeva ai propri occhi di tutto quel traffico sù e giù per le scale e in cucina, mi ha regalato un sorriso addormentato e radioso "E' andato tutto bene, mamma, sono stati bravi". Beata ingenuità. E a pensarci bene, non era chiaro chi avessi affidato a chi, se la Princi ai ragazzi o viceversa. Ma in fondo, non è mica importante, no?

14 giugno, 2007

E a smalto?


Ne discutevo ieri con la mia Maiuscola Vicina. E oggi, l'ho buttata lì, alla mia Amica della Riviera: a smalto, come sei messa? Son domande, signora mia, che tolgono il sonno in questo periodo dell'anno, quando le cose sono ancora tante, ma con la fine della scuola ci si sente un pò in vacanza, di cocco e di granite, anche se in vacanza ancora non ci siamo, ma già abbiamo comprato solari e shampoo riparatori e balsami e doposole, e la Profumeria ti ha regalato una stuoia che è un amore e un pareo con scritto, ma guarda un pò, il tuo nome di battesimo. Ma, si diceva, lo smalto. Appartengo a quel plotone di donne che non ama lo smalto rosso sulle mani, finita è ormai l'epoca della french manicure e delle unghie ricostruite che davano per una ventina di giorni un aspetto impeccabile ad ogni manina del Pianeta Terra. Al massimo, una passata di Beige Naturel, ma devo essere proprio in vena. Son manine laboriose, e quante cose sanno far. Ma ultimamente, un nuovo Fornitore della Real Casa, leggi, l'Estetista, mi ha ben consigliato sullo smalto da apporre alle estremità. La mano, resti pure candida e lucida, se proprio si vuole, ma nell'estate che andiamo ad inaugurare non facciamoci cogliere impreparate. Rouge Noir, signora mia, Rouge Noir! Orsù, non fate le timide, se anche voi avete sempre messo basi trasparenti o al massimo glitterate, la parole d'ordine di questo giugno inquieto è O-SA-RE!!!! E quindi, su una pedicure perfetta, và apposto senza tema di esagerare un bello smalto scurissimo, ciliegia, amaranto (!), tendente al nero e simpatizzante per il viola scuro, che occhieggerà con stile dal sandalo piatto portato con pantalone capri e maglietta aderentissima. Jackie Kennedy docet. Lo smalto scuro avrà la sua parte, farà del suo meglio a dare di voi l'immagine, graffiante ed elegante ad un tempo, che mai avreste sognato di avere. Coraggio, allora. Come recita un antico adagio If you go black...Ma, adesso che ben ci penso, questa, è tutt'altra vicenda. Raffaella, mi hai compreso?

Ortensie.

Sono tra i miei fiori preferiti. Mi piace scoprirle ogni mattina, a ridosso del muretto del terrazzo, ogni volta un pò più colorite della volta prima, un pò più tonde, più esplose di fucsia e di lilla e di celeste. Mi piacciono perchè sono facili da raccogliere, non pungono e non perdono i petali. Con semplicità, tre o quattro di loro messe insieme fanno, in un angolo del tavolo, nel vaso viola che mi ha regalato Patrizia per il matrimonio, un trionfo di eleganza e di perfezione, con tutti quei fiorellini sapientemente assemblati a dare origine ad una palla morbida di squisita fattura. Altro non serve. La mia mattina è iniziata così. Ho messo una musichina soave nel telefono, che non svegliasse la PrinciPanna che dormiva accanto a me, giacchè il legittimo inquilino del talamo nuziale non riederà che domani sera dall'Altra Isola. Colazione solinga, all'alba o quasi, con due gatti acciambellati e un cane implorante e goloso di biscotti. Fuori, un sole ancora incerto. Davanti al caffelatte ho stilato la lista delle cose da fare, una decina, più o meno, ho pregato fra me che la comprensione del testo di inglese che il Mediano affronterà questa mattina, potesse scorrere via in tutta scioltezza. Loro, le ortensie, erano lì, accanto alla biscottiera, e lì le ho lasciate, tra la tazza della PrinciMiele e quella del Giovane Holden, che si sveglieranno tra poco. Sul Liceale non ci si conta prima di mezzogiorno suonato. Le ortensie danno pace, in un certo senso, passare con leggerezza una mano sui petali dà coraggio e armonia, e colore a una mattina qualunque, a ridosso di una partenza che sembrava imminente e invece no, in una cucina piena di sole e di animali, pensando che, accidenti, la colazione da sola proprio non mi piace farla. E poichè non mi lagno quasi mai, e appena realizzo che quel che ho detto è una lagnanza dura e pura, mi ricompongo con classe e mi organizzo una bella mattina di svago (!) in attesa del Mediano. Ma domattina raddoppierò il numero delle ortensie. Pat, urge un altro vaso.

12 giugno, 2007

Notte prima degli esami.





Non ho mica paura, sai mamma? Me lo ha detto così, a sorpresa, uscendo un po’ gocciolante dalla doccia, avvoltolato alla bell’e meglio in un telo di spugna, i ricci scomposti, gli occhi nocciola un po’ arrossati dallo shampoo, quel sorriso disarmante e furbastro, quel fare spaccone e tenerissimo. E’ quel che si dice un bell’elemento. Un giusto mix fra suo padre e me, preciso e vivace, intelligente e fantasioso, dolcissimo e pignolo. Tace poco, anche quando tacere lo salverebbe da urla e strepiti che lo seguono fino in cima alle scale. O quando per le scale lo seguo io, facendo i gradini a quattro a quattro, un po’ ridendo , anche se sono infuriata, ma quella scena che li rincorro sulle scale mi fa sempre ridere e lo so che è tutt’altro che educativo, ma che ci posso fare, di sberle i miei figli ne hanno prese proprio poche, lui meno di tutti. Stasera è un po’ agitato, non lo dà a vedere, ma parlaparlaparla, e gioca con suo fratello grande, ripassare? manco a parlarne, c’è il tema domani, mamma, e che ripasso a fare? Non fa una grinza. Lo adoro, com’è ovvio che sia. Mi piace perché ride sempre, perché storpia le canzoni in inglese, perchè sembra solo l’altro ieri che appendevo al cancello del viale che portava a casa un enorme fiocco di tulle con scritto il suo nome. Mi piace perché ha la s che sibila, un sorriso che conquista, una dolcezza che incanta. E sembra solo ieri che ha iniziato la prima elementare, con il braccio destro fratturato, con i Simpson disegnati da me sul gesso, perché non si vergognasse di avere il braccio ingessato in un giorno così importante, che ci ridesse un po’ su. Domani sarò lì, col cuore, accanto a lui e gli suggerirò congiuntivi e punteggiatura, il cuore non è bravo con grammatica e sintassi, ma se ti concentri, Enrico, lo sentirai, vicinissimo al tuo.Se l’amore è amore.



Sempre caro mi fu.

E' finita la scuola, da qualche giorno, oramai. Cioè, solo da venerdì, per qualcuno di casa, per qualcun altro sabato. E fin qui, niente di speciale. Non è certo una notizia, o meglio, è una notizia da Studio Aperto, con quel Brachino che ti racconta di un accoltellamento feroce e quella del caldo a Palermo con la stessa espressione attonita, fintamente professionale, vagamente addormentata e da PassavoDiQua. Perciò, meglio SkyTg24. Ma non è una recensione dei tg che voglio fare. La fine della scuola, si diceva. Dovrebbe portare con sè un'immagine romanzata, di colazioni con calma su candide tovaglie di fiandra, il porta toast argentato e la cuccuma del caffè. Di eleganti stiracchiamenti in camicia da notte, sul terrazzo, appena prima di controllare la lavanda che sta esplodendo del viola che amo, le ortensie giganti, il prato perfetto. Ho detto dovrebbe. La fine della scuola, quest'anno è tutto, fuorchè così. Tanto per cominciare non è affatto finita, il Mediano ha gli esami di licenza media, ripete l'Infinito di Leopardi a sua sorella, che paziente lo corregge, quei sovrumani silenzi se li dimentica sempre. Il Liceale è ansioso: greco proprio non lo ha mai digerito, si vedrà, l'ansia perciò, la combatte vivendo più fuori che in casa, in compagnia dell'Amata. Il Giovane Holden ancora sotto esami, ma rientrato temporaneamente qui, in famiglia. Un bel quadretto. bello se si omettono, nell'ordine, le varie incombenze veterinarie, le varie organizzazioni di traghetti, aerei, mongolfiere, Shuttle e feluche per i vari spostamenti, giammai che la regale famigliola si sposti tutta insieme, quella è roba da anni 60, la Cinquecento e il portapacchi. Noi ci si sposta a rate, come il mutuo, sarebbe troppo semplice se no, uno arriva a luglio, l'altro a fine giugno, l'altro invece ha una festa di fine scuola alla quale proprio non si manca, uno arriva con un amico, forse, ma non so bene quando. Il mio sposo, già che c'è, si fa un congressino in un'altra isola, così, tanto per far qualcosa. La casa, le vicende, le feste e i libri delle vacanze creano un groviglio di bigliettini, annotazioni, cerchiolini sul calendario e appunti sulla lavagna in cucina che nemmeno alla Nasa. Altro che toast imburrati e niente fare. Così, "tra questo delirio", si annega il pensier mio. E il naufragare, ben lo si sa, mi è dolce in questo mare. Appunto.

08 giugno, 2007

Chi, io?


Una spiegazione non c'è. La passione è arrivata, un pò in sordina in verità, con un sacco di domande, alcune palesi, altre fra me e me. Ce la farò? Mi piacerà? Sarò in grado? Non che ami le sfide in modo particolare, sono, in genere, piuttosto tranquilla nei casi miei. Ma insomma, questa cosa mi piace. Niente a che vedere con i racconti tragici che ho sentito qua e là, niente ansie da maltempo, e se piove ma chi se ne frega, signora mia, lontani sono i tempi in cui mi spaventavo a morte, immaginando disastri e burrasche e tempeste. Nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di me, facevano tutti delle facce strane, ma chi, tu? Sì, io. Ho imparato tante cose, pratiche e no, e ancor aun milione ne imparerò. Per esempio, che mai, mai, mai si sale a bordo senza una protezione 15, meglio se di Estèe Lauder, che il cappellino tricot è giustappunto quello che ci vuole per riparare chiome e meningi dal sole a picco, che il cous cous in baia, signora carissima, non si può fare senza la menta fresca, che quella in barattolo c'ha tutto un altro sapore. Orsù dunque. Si prepara un'estate elettrizzante, rilassante e nuovissima. Sono la dea dell'ormeggio, la vestale della randa, la regina del gavone. Ancora molto imparerò, in tutta scioltezza. Ma lo smalto, mi andrà lattiginoso o colorato? Meglio colorato, e sui toni corallo. Intonerà meglio coi cuscini. Perchè va bene, si è in mezzo al mare, ma il glamour è glamour.




06 giugno, 2007

Di qua e di là.



Diciamo che non ci si riesce a concentrare. Un pò di qua e un pò di là. Proprio quando le scuole stanno per finire, quando le vetrine sono strabordanti di costumi, cestini, abbronzanti e teli mare, proprio non cel asi fa a concentrarsi sulle vacanze. Sarà stata la grandine di ieri. Io adoro la gràndine, i temporali, gli acquazzoni profumati, quelli coi goccioloni e dico sempre, tranquilli, è una nuvola di passaggio, ma spero che non la sia, perchè mi piacciono quei chicchi sorprendenti che arrivano chissà da dove, poi, e ieri che sembrava che piovesse riso, e io con la finestra aperta, che ho ritirato le cose in fretta ma nemmeno tanto per bagnarmi un pochino, per essere anche io parte di questo spettacolo così bello, da ricovero, dice il mio sposo, non è mica tanto normale una che si bagna alla pioggia mista a gràndine per vedere di nascosto l'effetto che fa. Bello, però. Ho contagiato anche la Princi e ieri ridevamo come sceme, a sentirci un pò di gràndine addosso, non siamo neppure riuscite a chiudere il cancello del giardino dove era in pieno svolgimento la nostra prima Raccolta del Ribes. Abbiamo dovuto interromperla. Riprenderà stasera, tempo permettendo. Basterà che spiova per cinque minuti. Per la nostra Raccolta, in tutto 32 grappolini, non ci vuole mica di più.

04 giugno, 2007

Il Campanile.


Di campanili così, non ne ho visti altri. Mai. E' a forma di siluro, non so come dire, arrotondato in cima, un pò arabeggiante. E' il posto dove sono nata. Dove sono stata, per circa 18 anni, i primi della vita, i più importanti, forse, certamente i più belli. Ho alternato strani sentimenti nei suoi confronti. Mi sembrava che fosse troppo piccolo e provinciale e pettegolissimo, un pò limitato, se confrontato alla vicinissima Pavia, e al dietro l'angolo Milano. Mi piaceva però, quel suo essere così famigliare, ci si conosce più o meno tutti ed è il bello e il brutto delle vicende, ti senti a casa ma tutti sanno tutto di te, non va mica bene. Ma chi l'ha detto. Il mercoledì è giorno di mercato. La domenica c'è Messa alle 9,30 per i ragazzi e alle 11,30 la Messa Grande. Dopo, si comprano le paste e si và a pranzo. Ieri sono stata in Chiesa, alla Cresima della figlia di una di quelle amiche che, se hai la fortuna di avere e conservare, sono con te dalle scuole medie. Intatte. E non importa se si hanno tonnellate di figli e mariti e varie vicende, a chiacchierare è come se i 30 anni che sono passati non siano passati per niente, e siete sempre lì, col chewingum e le Superga appollaiate sul sedile del motorino a dire scemenze. Intatte, anche loro. Ma la Chiesa mi ha fatto un certo effetto. Ho passato qui molti pomeriggi, ho cantato nel coro per anni, fatto le prove della veglia di Natale, il Presepe. Ho scritto il mio nome dietro il muro dell'organo, mi sono nascosta una volta nel confessionale. Ho fatto Prima Comunione e Cresima. E anche il funerale di mio padre, ero seduta nel banco di destra. Amo questa Chiesa, dove avrei voluto anche sposarmi. E non mi sono sposata in nessun 'altra che non fosse questa. Perchè di questi campanili, anche se non comuni e un pò arabeggianti, ben pochi ce n'è.

01 giugno, 2007

Silenzio.


Soffia nasi. E firma diari. E cucina, ricama, fa la maglia. Legge. Fa le torte, organizza il compleanno, sgrida, si indigna per la stanza in disordine, per il brutto voto, per la nota di classe. Gioca, insegna filastrocche che sa soltanto lei, canzoni con parole inventate, ti fa vincere a rubamazzo, consola, per la bambola rotta, per il palloncino che ti è volato via. Media, qualche volta, per alleggerire un castigo. E ti ama, ti ama come nessuno. Cerca di fare il meglio che può. Nessuno le ha insegnato come si fa, non c'è mica un manuale. Ad un certo punto della sua vita si è trovata a dirsi, sì, voglio un bambino, ho trovato un papà giusto, lo farò con lui. Magari anche due, forse tre. E ogni volta, si reinventa. E così, la pancia, la nausea, la paura di una cosa che non sai, che tutti raccontano, tremenda e bellissima. Unica. E poi, da brava, respiri signora, e guardi che bel bambino che ha qua. Da quel momento, sei una mamma. O forse lo sei da sempre e non lo sapevi, ma da quel preciso istante sei qualcosa di più. E imparerai. Pannolini e pappe e gocce per il naso e aerosol e recite e grembiulini e fiocchi e macchinine e bambole e seggioloni e passeggini e biciclette a rotelle e il Mylicon per il mal di pancia e la tachipirina per la febbre. Imparerai. Chi non si è mai sentita una scema, quando la paffuta manina rovesciava il piatto del passato di verdura, chi non si è sentita una Cretina Maiuscola, non in grado, non capace, se non dorme, se non mangia, è colpa mia, e di chi se no. E' raro che commenti le vicende dei giornali. Ma oggi, due gocce mi sono uscite dagli occhi e hanno fatto tac! sul Corriere della Sera, che ho comprato, stranamente, c'era un libriccino sulla Liguria. Ma non commenterò. Solo un pensiero, per un sorriso biondo che la sua mamma ha spento con un coltello, in cucina, solo perchè non si sentiva capace di tirarla sù, di farla diventare grande. E' un mestiere che si impara. Qualcuno, non ci riesce. E che il Cielo possa comprendere come una mamma possa arrivare a tanto. E faccia in modo che quel sorriso biondo arrivi dritta in Paradiso, leggera e dolcissima, come fanno i palloncini che volano via.

Sicuri che è giugno?


Non ci volevo credere. Stamattina quello che vedevo dalla finestra, ancora stesa, ancora non collegata, ancora in un non luogo, beh, non mi è piaciuto per niente. Ma come, devo girare il foglio del calendario, giugno la falce in pugno, giugno in bicicletta, in mezzo al grano, giugno in magliettina e sandalini, giugno, il mare, i capppellini per il sole, la paletta e il secchiello, che magari si gioca con la terra in giardino, giugno, il mare, perchè no? le colonie estive, Estate Ragazzi, la piscina, l'odore di tiglio davanti alla scuola, le feste di fine d'anno, le recite, il cestino per la spiaggia da comprare per tempo e scegliere con cura, l'olio di cocco, un costumino nuovo, di quelli interi che di intero non hanno proprio niente, ma come, non lo sa che è il vero must della stagione? E invece, un bel niente liscio. Ci vuole l'ombrello ma mi rifiuto, l' ho eletto già da molto tempo Oggetto Più Insignificante e Ingombrante del Globo Tutto. E un maglioncino, magari, di cotone, altro che maglie scollate e sandalo argenteo. E poi, l'orrendo sniff sniff del tergicristallo sui vetri, i goccioloni che fanno le bolle nelle pozzanghere, ma che razza di giugno sarà mai? E' quel che mi chiedo. Nel frattempo, sfogli pure il calendario e provi, magari, a disegnare soli e cuoricini in ogni casellina. Magari funziona.

30 maggio, 2007

Potevo resistere?

Considerando che è ancora troppo presto per gli addobbi di Natale e che è cominciato ahimè quello che in gergo viene chiamato Scialo Estivo, che arriva un pò presto, in verità, ma a noi, a vedere tutti quei costumi e quelle ceste di paglia e quei solari ci fa venir voglia di vacanza e, secondo ahimè, di spendere e spandere, ecco che non si può resistere ad un oggettino del genere. Si tratta di uno stendino mignon, i miei Architetti Preferiti potrebbero anche saltare sulla sedia, ma non importa. Loro sanno che io nasco barocca e hanno avuto un bel daffare a indottrinarmi con Gandia Blasco e Viteo. Li ho accontentati, certo, ma non rinnego le mie origini, barocche, si diceva. Così, non riesco a resistere all'acquisto di questo aggeggio, ove forse non ci appenderò mai niente, ma che è così assurdamente improbabile che alla fine, finisce per piacere da morire. A me è successo. E pazienza se il mio sposo lo ha guardato con orrore, pazienza se i miei figli mi hanno chiesto Ma E' Uno Scherzo?, pazienza e basta. Visto e piaciuto. Disponibile anche nella versione ciliegie. Ma io, secondo voi, io, nello scellerato delirio di questa fine di maggio, potevo esimermi dal comprar Fragole?

29 maggio, 2007

Dai, che si knitta.

Ma no che non mi è passato di mente, ma proprio per niente. Solo, ho avuto due o tre altre cose da fare, sa com'è. Comunque, questo appuntamento con il terzo Knit Cafè non si deve perdere per nulla al mondo. Sistemate i figlioli, i mariti, gli amanti ove necessita, nonni, cani, canarini e cincillà, agguantate con destrezza il vostro cestino da lavoro e via di corsa verso McDonald's, ad Alessandria. Dalle 16 in poi, un nutrito gruppo di knitters, di curiose, timide, invasate, esperte, alle prime armi, libere docenti e sospettose, si darà appuntamento lì. Ne abbiamo fatti altri, qui e qui. Vorrete mica perdere la possibilità di imparare a fare uno shorts che vi renderà uniche ed inimitabili la prossima estate? Unico accorgimento: la coscia, che mi và tornita al punto giusto. Ne parleremo. Ma come quando ? Ma domani, di grazia, do-ma-ni!!!

Orsù, dunque.


Ripresi. Che eventi straordinari si vivono qualche volta, com'è difficile trovare le parole, anche quando ti piace tanto cercarle e scriverle e fermarle, per te, prima di tutto e poi per chi le vuole, una volta al giorno anche di più volendo, non è così che funziona? La Prima Comunione della Piccola Princi di Zucchero e Vaniglia è andata bene. Era bella. Era emozionata. Era radiosa. Ha avuto affetto e festeggiamenti dalle persone che ci sono vicino, nel cuore, e anche da quelli che non c'erano, che hanno voluto in tutti i modi possibili essere lì. Li abbiamo trovati. Ed ora, tacabanda, signori. Passata l'aura di santità e raccoglimento, via, si riparte. Concentrandosi su questa fine d'anno, questa volta più pesante del solito, con un esame di terza media, che vabbè, non sarà niente per me, ma che rende il Mediano nervoso, intrattabile, insofferente e inappetente. Ma bello come il sole. E il Liceale, più innamorato che mai, che litiga col testo di filosofia e assume sempre più quel suo fare imbronciato che manda in visibilio le fanciulle e me medesima al manicomio. Per non parlare del Giovane Holden, sotto esami feroci, ma forse, anche lui con un segreto romantico da nascondere. C'è da divertirsi, non c'è che dire. In tutto questo, si và. Tanto per cominciare, oggi si ricama all'Officina. Mi sa bene che si parte col Natale, non è mica presto, sa? E domani, un Knit Cafè, che è mercoledì, e si sa, il mercoledì si knitta, dove e come si saprà presto. Così, tra avanzi di festa, foto di classe, temporali e qualche urlo isolato del mio sposo, che urla sempre meno, in realtà, ma quando urla, urla per bene, sarà meglio che si cominci a correre. E veloce, anche.

26 maggio, 2007

Tutto pronto.

O quasi. Pioviggina, accidenti, e forse sarà così anche domani. Lei è uno zucchero. E' un pò tesa, e allora suona, oggi avrà la sua prima Confessione. I suoi fratelli giocano, rubano i confetti dal vassoio, si misurano la sua coroncina, le chiedono oggi chi nominerà in confessionale. Fanno gli scemi, insomma, come tutte le volte che sono emozionati, anche loro, e che non vogliono darlo a vedere, non è roba da maschi, ma adorano questa PrinciMeringa che è di una dolcezza disarmante e di una forza che sorprende, quando macina vasche in piscina, quando distribuisce baci della buonanotte e bigliettini sotto i piatti e abbracci e coccole e calci, qualche volta, ma insomma, ogni tanto ci vuole. Tutto pronto, quindi. Oggi una festa con gli amici, verso sera. E domani, un pranzo semplice con pochissimi parenti. So già che in chiesa farò fatica a stare composta. Guarderò lei, candida di zucchero filato, suo padre e i suoi fratelli, che occupano un banco intero, li guarderò uno per uno, con le camicie stirate di fresco, le scarpe con scritto una dichiarazione d'amore, i capelli che non hanno voluto tagliarsi, li guarderò, seri e attenti, un pò commossi e un pò spaesati, li guarderò e mi chiederò Chi mai ha disegnato questo per me, Chi ha progettato per me una simile perfezione, Chi ha mai incartato per me un regalo così imponente e prezioso. Avrò un fazzoletto infilato da qualche parte, mi asciugherò gli occhi furtiva, che nessuno se ne accorga. Mi riempirò il cuore con le loro facce serene. E Lo ringrazierò.

25 maggio, 2007

Ecco.


Felicità
ti ho perso ieri
e oggi ti ritrovo già
Tristezza và
una canzone
il tuo posto prenderà.
Strano, ma è Vasco.

24 maggio, 2007

Così.

Forse è proprio vero. Nessuno all'inizio ci aveva creduto veramente. Era venuto un pò così, di sbieco, giusto per fare qualcosa di nuovo, di diverso, un esperimento al quale ci si poteva affidare come no, proviamo, si vedrà. A dirla tutta, avevamo tutte un segreto: la voglia di far riuscire questa cosa ad ogni costo, ma per non rimanerne troppo deluse siamo andate caute, abbiamo risparmiato sull'entusiasmo. Ma questo, solo per i primi cinque minuti. Poi, non so come, ci siamo accorte che avevamo tutte voglia di trovarci, il martedì e il giovedì, e non solo per impegnare un paio d'ore o per fare un corso a caso, poteva essere giardinaggio o origami. Questo no. Era di più. Abbiamo creato tante cose. Strofinacci, cuscinetti, sacche per la danza, borse per neonati. Ma queste sono le cose che si vedono in vetrina. Abbiamo creato molto di più. Io lo sapevo da un pò. E stamattina, quando le ho premiate, con quell'ago d'oro che era solo una scusa, mi hanno sorpreso. Hanno comprato per me un mazzo di fiori di rara bellezza, apposta per me, coi miei colori. Hanno ricamato per me un cuscino viola, non sapendo che per me era la prima volta, nessuno mi ha mai ricamato niente, e mi hanno scritto una lettera che so quasi a memoria, oramai. E mi hanno commosso. A dire il vero i lucciconi ce li avevamo un pò tutte stamattina, che oche, ho pensato, siamo qui a tirar sù col naso, ma non doveva essere una festa? L' Officina del Basilico è tutto questo. E molto di più. E la Cerimonia di Consegna dell'Ago d'Oro era davvero solo una scusa. Per dire a tutte le mia ancelle, Serena, Francesca, Sandra e Bruna, che sono onorata di averle incontrate e che inventare cose insieme a loro è un grande privilegio. Loro hanno insegnato a me molto di più di quanto io non abbia insegnato a loro, e che è molto di più di un rovescio perfetto e di come tenere l'ago. E che sia d'oro, ma che ve lo dico a fare!

Lo schiaccianoci.


Non proprio, o quasi direi. Ci sono momenti in cui le parole non rendono bene l'idea e allora si prova a descrivere stati d'animo e sensazioni con esempi che magari non calzano a pennello, ma che almeno rendono l'idea. Questo esempio mi è venuto piuttosto bene. Non sono un'artista a spaccare le noci, faccio saltare pezzi di guscio di qua e di là, e le schiaccio sempre troppo o troppo poco, e mai mai mai che il gheriglio ne esca intonso, devo sempre perdermi nei pezzettini di guscio, per non parlare quando le noci le dovevo spaccare ai miei figli, e qualche volta mi capita ancora di sbucciare qualcosa per qualcuno, lo trovo un atto di grande affetto e complicità, lo vedi quanto bene ti voglio e quanto amo stare con te? ti sbuccio l'arancia, ti rompo la noce, faccio una striscia lunghissima con la buccia della mela, sono bravissima, lo vedi? E poi mi fermo e penso: non tutto è come sembra, qualche volta gli schiaffi non si vedono, e fanno più male di quelli veri, chi l'ha detto che gli schiaffi sono solo quelli che fanno stciaff! sulla guancia e lasciano le cinque dita, chi l'ha detto che quelli invisbili e silenziosi, quelli che senti solo tu, non facciano più male? Così, ti sforzi di parlare d'altro e di concentrarti su quello che stai facendo che è speciale e bellissimo, ma non c'è niente da fare, il tuo cuore si schiaccia sotto il peso di parole che sibilano, e ti danno della cinica e tu resti lì a bocca aperta e non sai che cosa dire e cosa fare. Resti lì, imbambolata, con la tua sciocca vita tutt'intorno, e il tuo cuore schiacciato, più sciocco di te, che ancora non si abitua.

22 maggio, 2007

Pesta.

Mi rendo conto di avere, negli ultimi due giorni, dei desideri torbidi. Delle voglie strane. Scartando a priori la possibilità che arrivi il quinto figliolo, direi che ho già dato, le mie voglie sono, come dire, voglie primitive. Ho voglia di sbadigliare. Ho voglia di annoiarmi a morte. Ho voglia di girare di qua e di là senza meta, non sapendo bene come imegnare il mio tempo. Ho voglia di dirmi, e adesso, cosa faccio? Ho voglia di fare zapping. Ho voglia di sfogliare distratta una rivista soffiando sul thè e mettendomi lo smalto alle mani e soffiando un pò sulle mani un pò sulla tazza, così. Ho voglia di dormicchiare sul divano. Ho voglia di guardare per la decima volta Mediterraneo. Ho voglia di stufarmi fino alla nausea. E invece. Due giorni di frullamento, tritamento e centrifuga. Due giorni di non essere sicura di camminare per davvero, ma solo di sfiorare il suolo. Due giorni di delirio, ecco. Con la strana sensazione di essere, aiutami a dire, sopravvissuta. Si sopravvive senza telefono, dove segni numeri, codici e appuntamenti? Certo che sì. ma il vero lusso è che nessuno ti chiama, o meglio sì, e solo quelli che hai voglia di sentire. E sono coloro ai quali hai dato il tuo numero provvisorio, perchè tu, il loro, lo sai a memoria. Certo, ce ne sono molti altri, ma che importa, in fondo. Se proprio ti vogliono ti chiamano a casa. Il lusso di sentirsi un pò in incognita, sì, sono qui ma non esattamente qui, il lusso di non essere trovata, di sentirsi un pò nascosta un pò privilegiata. Nonostante questa sera mi senta come il basilico nel pesto, direi che tutto è sotto controllo. Andrò a letto presto, però. Per trovarmi domattina fresca, pimpante e profumata. Di basilico? E perchè no?

21 maggio, 2007

La resa dei conti.


Ah, è così. Te ne sei andata andata alla chetichella, con sposo e figliolanza ridotta, che il Grandegrande è sotto esami e il Grandeebasta deve studiare e giammai lascerebbe una settimana la sua fanciulla. Hai passato una settimana da catalogo, isole e mare e vento e mare e tramonti e mare e vela e mare e pace e mare. E' andato tutto liscio e perfetto come pochissime cose nella vita. Ah, è così? Molto bene benissimo, adesso che torni, cara la mia signora, vedi di darti da fare e senza tanti preamboli bùttati nella centrifuga della vita consueta. Anzi, già che ci siamo rendiamo le cose un pò più difficili. Hai messo fuori uso il cellulare durante la vacanza? Non c'è problema, eccotene un altro in sostituzione, ma senza i tuoi numeri, bella mia, che cosa vuoi, anche due etti di Zibello, lasci pure anche se sono due etti e trenta? Ma dirò di più. Mentre stai usando un altro apparecchio, facciamo in modo che te lo rubino pure dalla macchina, dove lo avevi lasciato incustodito. Ah, ecco, si comincia a ragionare. Niente telefono, niente numeri abituali, qualcosa come trecentocinquantadue cose da fare, di lavoro, ovvio, e anche di organizzazione, ti sei forse dimenticata che la PrinciPrinci fa la Comunione domenica che viene? E dove sono tutti i numeri che ti servono? Maccerto, nel telefono in coma irreversibile, mi sa. E le lavatrici da fare, che le magliette di Amaranta si devono lavare tutte insieme, e la spesa, che il frigorifero erano mesi che non restava così desolatamente vuoto. Hai perso dei messaggi, dei numeri e delle cose. I codici delle carte, del bancomat, della Postepay dei tuoi figli quando vanno in gita. Bel rientro, non c'è che dire. Confesso che questa mattina, con la spesa a rosolare in macchina, la fila alla posta per ritirare due stupide raccomandate, la sensazione che il mondo intero cercasse me medesima per comunicare l'inizio di chissà quale sciagura, alla quale io e solo io avrei potuto porre rimedio, beh, mi è venuto anche da piangere, non mi vergongo mica a dirlo, sa? Che ne sarà di me, ora? E' presto detto. Mi comprerò un altro telefono e denuncerò il furto. E già che ci sono, faccio un appello. Via mail, rimandate i vostri numeri a questa sciagurata che li ha persi tutti e in meno di un istante. Sbadata e sulle nuvole, forse ancora alle isole. Ma con un abbronzatura stile Diabolik e, già che ci sono, un telefonino nuovo di zecca. Sopravviverò. Con classe, s'impone.

19 maggio, 2007

Canzoni d'amore.


Questo ti viene voglia di fare. Anche se non sai da che parte cominciare, anche se forse sei anche stonato o non sai bene i segreti delle note e dei bemolle. Questo ti viene voglia di scrivere, canzoni. Anche cantare sembra troppo poco. Hai cielo di sopra e di fianco e tutt'intorno. E di qui e di là, qualcuno ha srotolato per te un enorme e meraviglioso tessuto lucido. Della terra nemmeno l'ombra, per un pò, almeno. Solo mare e mare e mare.
Le cose che hai in mente prendono una forma differente, un colore che non sai, che non hai ancora visto, che ancora non conosci ma sai che ti piace e che ti piacerà ancora e ancora.


E ti scopri a pensare, ma in quale posto del mondo sono finita, in quale straordinaria cornice stanno chiacchierando i miei bambini, che cosa resterà a loro e a noi, di queste isole disabitate, non selvagge ma molto di più, con i negozi che vendono tutto di niente, con le chiese, le rovine, le case abbandonate, con i gerani selvatici ancora alle finestre.

Quel che resta non lo so. Ma ho imparato tante cose. Nodi e ricette, venti e andature. Ho imparato che si deve avere un'anima pulita per cose come queste, non dare nulla per certo, e guardare, guardare, guardare. Nel fondo di una grotta celeste, in una spiaggia deserta, in un'isola di 15 abitanti, c'è davvero tutta la pace, tutta la verità e tutto il segreto della vita.



Farò così. Scriverò al nostro Capitano e al suo Assistente, e leggerò quel libro, e dirò loro che quella passata è stata una settimana che non dimenticherò, che davvero conserverò nella scatola dei Giorni Perfetti, nonostante la Bora di ieri, e che penserò spesso a loro quando dovrò mettere in pratica tutte le cose che ho imparato. Beh, sarà una lettera o una mail, ma non credo sia molto distante da una canzone d'amore. Pensata tutta la settimana e scritta. Ora.


10 maggio, 2007

Senza titolo.


Oh, sì, me lo dicono da sempre, sono così brava con le parole, io. Qualche volta, a scuola, quando ci davano i tre titoli dei temi, spesso li facevo tutti e tre, per poi distribuirli a chi era in difficoltà. Parlo anche coi sassi, improvviso spesso, ho parlato in pubblico centinaia di volte, mai che avessi paura o fossi tesa. Dopo, magari, mai prima. Non fatemi fare di conto, ma le parole io le amo, amo il loro suono, le vedo, certe volte, amo i discorsi, la grammatica, i verbi, le poesie, le cose. Ma adesso no. Adesso sono qua che ci penso, veramente ci ho pensato tutto ieri, anche al concerto. Ho pensato ad un torrido ferragosto del 2000, c'era il Giubileo, anche, eravamo a pranzo in una splendida casa sulle colline di Perugia. Abbiamo cucinato in sei, quei pranzi chiassosi e incasinati che fino all'ultimo non si sa bene che cosa si mangerà, che uno affetta e l'altro mescola, e l'altro assaggia, che abbiamo riso come matti, e bevuto, anche, coi figli che giocavano e un pò si menavano, ma bastava chiudere la porta e non sentirli. Ci ho pensato tutto ieri. Alle vacanze, al mare, alla festa di Bea, ai discorsi, a quel sentirsi così uguali, anche se proprio amiche forse non siamo, ma vicine, questo sì, accomunate da altre amicizie, e qualcuno mi spieghi che la proprietà transitoria non si può forse applicare anche qui. E così, stasera, che ho notizie di te dai messaggi non tuoi, che ho saputo del cancro e so che lo sanno anche i tuoi figli e tuo marito, e te, stasera io, che scrivo da un tempo che non so e che so sempre, sempre trovare le parole anche quando non mi vengono, stasera che scrivo confusa e senza rileggere e correggere, stasera che sono qui a pensare che sei una come me, sei una di noi anche se lontana, e che sei tu ma potrei essere io, e i figli miei e mio marito, stasera io, proprio io non so che cosa dire. Io, Grazia, non so che cosa dire.

Per caso.

E' così che ho scoperto che c'era. Ho visto un manifesto, in un posto nemmeno tanto in vista, dalle parti della stazione. Giovanni Allevi, Joy Tour. Ho calcolato che sì, il 9 maggio ancora non era passato e che, anzi, era proprio la sera stessa. Sì, si va. Perchè sono mesi che lo ascolto, mi piace, mi fa sentire in pace e leggera, non so, non sono affatto una che ne sa di musica, ma lui mi piace, anche per com'è lui, un pò giullare un pò filosofo. La Princi, al settimo cielo. Si è vestita e cambiata, cambiata e vestita, pettinata e ripettinata, per essere carina, dice, con quel rossore da emozione che ha di solito quando deve fare qualcosa di importante. Piace anche a lei. E tanto, anche. Una folla da paura. Esclusi gli amici incontrati lì, composta perlopiù da gente che non mi piace: pseudo intellettuali, pseudo impegnati, pseudo radical-chic, pseudo sinistrorsi, pseudo griffati che sembra che no, pseudo profondi, finto tolleranti, finto benefattori, autentici incomunicanti, non avvezzi agli entusiasmi, impostati anche sotto la doccia. Ecco, loro. Ma che m'importa, sono qui per la musica, sono qui, con mio marito e mia figlia, che si è portata il quaderno di musica, per farlo autografare da Lui, qualora, caso mai. Arriva, puntuale. E io mi innamoro. Le sue dita sono di schiuma sull'onda, scivolano, leggere e perfette, e la musica che ci viene a trovare è puro incantesimo. La fa uscire, note vibranti e dolcissime, e la accompagna fino a quando l'ultima bollicina si sente ancora, lontanissima. E sembra che, alla fine di ogni brano, un pò gli dispiaccia di farla andare via, ma come, così presto, non doveva durare per sempre questa festa, non dovevamo volteggiare ancora e ancora, invece di ritrovarci di nuovo, appiccicati a queste poltroncine cremisi nemmeno tanto comode? L'ho adorato, da subito. Timidissimo, semplicissimo. E bravo, bravo, bravo. La Princi non ha avuto il suo autografo, le scienziate-guardarobiere-maschere del teatro, ci hanno guardato con sufficienza quando abbiamo chiesto la via dei camerini, come si fa in tutti i teatri. del globo terracqueo, a fine spettacolo. Ma qui, mica siamo in una città come le altre, qui regna la quintessenza del provinciale più basso, del non farsi vedere entusiasti per una cosa che sia una, del non comparire, del low profile ad ogni costo. Pazienza. Le ho recuperato, non senza storie, un manifesto del concerto, che sarebbe diventato il fondo della gabbia del canarino di qualche scienziata-ecc-ecc., e che mi hanno fatto cadere dall'alto, come se si trattasse della copia originale dell'Editto di Costantino, e che ora, troneggia beato in camera sua, della Princineve. Purtroppo non ho trovato su You Tube nessun video all'altezza. Son cose da scoprire da soli, ascoltare in pace e leggerezza, serenità e candore. Per sentirsi in pace, leggeri, sereni e candidi. E al diavolo le guardarobiere. O pseudo tali.

08 maggio, 2007

Petali.


Massì, che cosa importa, in fondo. Ho fatto la girandola tutto il giorno, sù e giù e giù e sù, per fare le cose che una persona normale impiegherebbe almeno una settimana. Si è deciso di cose importanti, terrene e marine, di menù di aperitivi e di pranzi di Comunione. Di coroncine e fiori, di riunioni spostate, slittate o fatte senza di me. Me ne vado una settimana, in un luogo non lontano, certo, ma forse ìmprobo per Internet e similari. Il mio sposo ha avuto la brillante idea di fissare questo viaggio proprio nel periodo di maggior delirio, con il Giovane Holden che, forse, dovrà operarsi di tonsille, con il liceale che ha da studiare, con il mediano che invece anche, per la licenza media, con la Princi che ha un altro saggio di pianoforte, il più importante, la Comunione sua e di una decina di amiche. Bazzecole, in fondo. La girandola della mia vita gira e gira, ma così tanto che non si distinguono i colori, e ho centinaiamilionimiliardifantastiliardi di cose da fare e da decidere, da lavorare, ogni tanto, e qualche volta mi fermerei pure, come adesso, ma ho ancora cose e appunti sparsi e una relazione ed è già dopo cena e mi verrebbe di andare giù, prendere la camicia da notte da sotto il cuscino e chiudermi in bagno, creme e cremine, spazzolino, dentifricio, una spazzolata ai capelli e via, rasente il muro, scalza e di soppiatto e senza accendere la luce, scivolare piano piano fra le lenzuola, che lenzuola non sono, è solo il sacco del piumino senza il piumino, che ha la consistenza giusta per questa stagione e se avessi freddo, niente paura, sono ben organizzata, ho giusto un piccolo pile accanto al letto, proprio lì, su quella valigia di giunco che viene da lontano, aveva ancora i fogli di un quotidiano appicciati dentro, scritti in giapponese. Così, mi ci vorrebbero 8 minuti netti, come per i fusilli, per arrivare a dormire il sonno dei giusti, il sonno di una che ha trottato di quì e di là senza nemmeno passare da casa, dalle 8 alle 20, senza soluzione di continuità. Ma non farò niente di tutto ciò. Coraggio, mica si può andare a dormire alle nove e un quarto, è ridicolo, non è nemmeno finito Carosello. E poi, il giardino in questa stagione è irresistibile, ancora non è buio, il prato è stato tagliato di fresco e sopra, posati come per caso, ci sono i petali del ciliegio e c'è profumo di erba e di fiori, e alle finestre, già la surfinie bianche per la festa del 27, e la lavanda e le margherite, e le rose, finalmente, si sono decise a fiorire, e spandono intorno le loro note di vaniglia. Dormire adesso sarebbe un peccato.

07 maggio, 2007

Funziona.

Mai affrettarsi, mai precoccuparsi. Sembra facile. Ho messo a punto in un'infinità di giorni, esperimenti e prove, un'infallibile teoria per dominare ansia e agitazione, sentimenti e stati d'animo non proprio piacevoli da gestire. Appunto, è solo teoria. Qualche volta funziona, qualche volta no. Solitamente, nei giorni in cui mi sento un Minipimer piantato all'altezza dello stomaco, quando mi ronzano le orecchie e urlo, indistintamente, con chiunque incontri lungo il mio cammino, provo a fermarmi. Ok, mi dico, calma, vediamo di ragionare. Respira a fondo, così, schiarisci bene la voce, bevi un bicchiere d'acqua, ferma. Non mi dico Rilassati perchè, chissà come, su di me è una parola che ha un effetto devastante, e mi provoca la reazione esattamente contraria. Cioè, dò di matto. Stamattina, che di ansia ne avevo già preso la mia bella dose insieme al caffelatte, ho provato la mia astrusa teoria. Ho parcheggiato lontanissimo dal centro, ho camminato, camminato e camminato per il mercato cittadino, per le strade della zona pedonale, fra le vetrine dei negozi chiusi, certo, è lunedì mattina. Così, senza un granchè di urgente da portare a termine, ho provato. Ho camminato per quasi due ore, una per andare e una per tornare, certo, mica così a vanvera, ho fatto quello che dovevo fare, commissioni e faccende quotidiane, un passaggio in ufficio e cose così. Mentre si cammina non si pensa mica, lo sapeva? Si sente lo scalpiccìo dei passi sul marciapiede, si intercettano brandelli di discorsi di sconosciuti, si vedono facce note e facce che no, si saluta qualcuno, ci si guarda nelle vetrine, si fissano gli automobilisti dai passaggi pedonali, si guardano i bambini sui passeggini, prima i cani e poi i loro padroni, si leggono i manifesti elettorali, quelli dei film, si respira profumo di focaccia, di sole e di città. Non si è chiusi ermeticamente in un abitacolo, perciò l'ansia, trova spazio e vola via, invece di girare e rigirare, saltare sui sedili e non andarsene, non passa mica dal finestrino, se ne sta lì, appiccicata,un ragno alla ragnatela. Al prossimo attacco, via, lasciare la macchina dove ci si trova, meglio se non in divieto di sosta, e camminare, camminare, camminare. Mi sa che funziona.

06 maggio, 2007

Il cestino.


Possiedo un cestino. Non è vero, ne possiedo almeno una decina: per la frutta, per la lana, per il cotone, il cestino del ricamo, quello da pic nic, anzi quelli, che un cestino da pic nic da 8 viene difficile da trasportare. No, un cestino virtuale. Un cestino dove ripongo le cose, non troppo belle in realtà. Ci metto le offese. Le parole dure. Le battute gratuite e le cattiverie. Le malignità e le invidie. Sono tutte lì, come nastrini. Non le butto via. Ogni tanto mi vengono in mente, così, senza un motivo vero, e allora le ritrovo, come quando si cerca in un cassetto una ricevuta e salta fuori una fotografia, ma guarda un pò dov'è finita, credevo di averla persa nei traslochi. Non dimentico. Rimuovo, ma non cancello del tutto. Non so bene la differenza tra erase e delete, e forse nemmeno c'è, ma che m'importa, in fondo. Tengo lì. Non per vendicarmi, non sono mica brava nelle vendette e poi non va bene, non si fa. Le cose che mi hanno fatto male preferisco tenerle sempre ben presenti, invece di eliminarle, è una piccola conquista che mi fa sentire un pò più forte. Una specie di cura omeopatica. Curo col veleno. Che non so se ne ho avuto di più, di veleno o indifferenza. E sinceramente, non so che cosa è meglio. E, ancora più sinceramente, signori cari, non è che la vicenda mi tolga il sonno. Ad ogni buon conto, è tutto lì, nel cestino. Sono nastrini arruffati, attorcigliati, un groviglio di pensieri e situazioni e tristezze e pianti, aggrovigliati fra di loro, ma che si sciolgono subito, appena li sfiori. E allora sono lì, di nuovo, ogni tanto. Solo una cosa, però. Non è che a stare nel cestino facciano meno male. Basta soltanto non aprirlo troppo spesso.

04 maggio, 2007

Ma il paterazzo...



E' da qualche tempo in qua che non si parla d'altro, dalle parti mie. Vengo rintronata già di buon mattino con deliranti progetti, itinerari impossibili, venti e vele, ma secondo te, faccio bene a prendere l'epirb ? Mah, prendine due chili , purchè lo faccia di nascosto dai bambini. Mi si regalano testi del tipo Cucinare In Barca, oppure, Come Fare il Pesce Nel Bel Mezzo di Una Burrasca e Vivere Felici. Io, per amore, sopporto. Sorrido e sopporto. Ma la notizia dii stamattina mi ha lasciato, come si dice, di stucco. Come, Mascalzone ha usato il paterazzo e così deve rifare la regata con la barca spagnola, Desafìo, che secondo me a Roma già si sprecano le battute? Vàtti a fidare di uno che fa Mascalzone di nome e Latino di cognome. Certo, le regate sono avvincenti, sarà che me le sciroppo tutte, ma proprio tutte, inutile che ci giri intorno, mi sto appassionando anche io. Non solo sorrido e sopporto, non è tanto vero, mi piace, ecco. Sarà che il mare è un luogo che mi affascina, sarà che ho sposato l'uomo più convincente del mondo, non so. E per dividere con lui un altro sogno, di nascosto, leggo i suoi sacri testi, ripasso mentalmente i termini tangone, gavone, strallo e sentina, che cazza e lasca lo sanno anche i sassi e no che non è una parolaccia, signora mia, gliel'ho già spiegato venti volte. E poi, giusto così, a dirla tutta, un pochino mi sono portata avanti. Perchè, quel cazza e lasca, quel rimbambimento di prima mattina, quel Shosholoza e quell'Oracle, a qualcosina mi serviranno ben!

02 maggio, 2007

Volare.

Non mi è affatto sembrata una buona idea. Proprio per niente. Un giorno di vacanza e due no, poi un altro, poi uno che non si capisce se c'è il ponte oppure no, ma che giorno è esattamente lunedì eppure sembra domenica, pensa che domani sembrerà domenica e invece sarà martedì. E che oggi, concèntrati, sembra lunedì ma è mercoledì, bellezza. Un delirio. No che non è stata una bella idea, queste vacanze spezzettate non sono il mio genere. Sono del tipo, tutto o niente. Si lavora, ok, si va. Si sta in vacanza? bene, allora ci si programma per benino, si può fare più di un progetto, una grigliata, magari, a dispetto delle previsioni del tempo, e chi lo sa, magari ci grazia. Stamattina, un mercoledì che ha il gusto di un lunedì, ma di quelli schifidi, invero, che ti sei addormentata col sole e il profumo della prima rosa del cespuglio, e ti svegli con quella pioggia novembrina che ti rende isterica e noiosa. C'è poco da fare, signora cara. Orsù, una bella spesa per le boccucce di rosa che ti razzolano per casa, orsù un pò di incombenze nefaste che ha buona parte degli abitanti del globo terracqueo. Vien voglia di scappare. Senza farsi vedere, sgattaiolare alla bell'e meglio dove si può, lontano, purchessìa. Vaporizzarsi in un dovunque qualsiasi, trovarsi un angolo dove nessuno ti troverà, chiamarsi fuori dai propri doveri di madre esemplare, dovendo alla bisogna redarguire pesantemente un tre di filosofia, eppure ha studiato, la creatura, che cosa si deve fare in quesi casi, cosa c'è scritto alla pagina 347 del Manuale Del Perfetto Genitore. Si tuona? Si urla? Si dice, da oggi non esci più e metti la moto in garage e non vai più a calcio? Si dice ma dai, rimedierai la prossima volta, è stato un incidente? Si dice Lo Sapevo, Ma Quando Ti Metterai a Studiare Sul Serio? Non lo so. Ci penserò. Nel frattempo, scusate tanto, ma me ne vado. Ho una mongolfiera nuova fiammante parcheggiata proprio lì in giardino, il tempo di gonfiarla e vado a farmi un giro. Lo dicevo, queste vacanze a spizzichi e bocconi non mi hanno mica fatto tanto bene.E lei, signora mia, non faccia finta di stendere per curiosare cosa faccio, non lo vede che tra un minuto diluvia?

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...