Mi capita a volte di girarmi di scatto per la strada. La sento arrivare, inconfondibile.
Lei.
La Vespa arriva senza un vero rumore in realtà, ma una specie di tossire ordinato, una serie di piccoli scoppi discreti ed eleganti, aristocratici, direi.
Il vero senso della Vespa è comprensibile solo da chi ha la mia età, dai figli degli anni 60, per intenderci, quelli cresciuti senza Playstation e telefonino.
Nella mia città, i veri giusti ce l'avevano bianca. O grigia metallizzata. Blu era veramente il massimo.
Il rumore della Vespa è inscindibile dalle canzoni degli America, dalle Superga bianche e dalla Lacoste.
E dai primi giri in giro. E chi si scorda quel giugno.
Che facciamo, andiamo?, ti porto io, c'è una festa in collina, sali.
Salgo.Se mi vedono, il mio destino è segnato, ma posso dirti di no? Hai i Ray Ban e mi piaci da morire, hai 3 anni più di me e bello non sei, lo dicono tutte le mie amiche, ma per me sei il massimo. Perfetto.
E io, bellina, molto bellina, quattordici anni di sogni e caramelle, di atletica e risate e capelli lunghi, di giostre e di oratorio,di mollettine con le mele e la camiciola di Fiorucci, di ritagli di giornale appiccicati sul diario con la coccoina.
Ma salgo, salgo perché è giugno, perché la scuola è finita da un pò e c'è un sole chiaro e silenzioso, e in latteria siamo rimasti solo noi due. La bicicletta la lascio qui, le biciclette non si chiudevano allora, si appoggiavano al muretto e via. La festa non è lontano, ma vai piano, per favore, non ho paura, certo che no, ma vorrei che questo giro durasse un'ora o due, ho le mani appoggiate alle cosce, non ti sfioro nemmeno e tu ridi e freni, così ti sbatto addosso e mi senti su di te.Felice come poche volte. E' un'espressione che non mi ha lasciato mai e che ho adorato, negli anni. Le volte in cui la felicità è limpida e perfetta sono poche davvero. E di solito te le ricordi così bene che a pensarci ancora ti manca il respiro.
La festa in collina non l'abbiamo vista quasi.La casa era una vecchia cascina della nonna di un'amica, panini al prosciutto e ginger, su una tovaglia cerata a quadrettoni rossi. Lì vicino un campo di grano e un sacco di papaveri.Siamo stati sempre io e te. Ci siamo seduti su un dondolo di ferro, aveva una fodera coi limoni, lisa dal tempo e dal sole. Si sentiva Peter Frampton suonare dallo stereo.
Abbiamo parlato. Tanto. Della scuola, dell'estate, i miei esami di terza media, i tuoi di riparazione, a settembre, che ti erano costati l'innaffiatura del prato ogni sera. Mi hai preso in giro per i miei denti un pò storti.Non ho mai messo l'apparecchio, e col tempo mi sono ripetuta che questa leggera imperfezione è bellissima. Ma forse, è perché me lo avevi detto tu. Mi hai baciato all'improvviso, senza toccarmi quasi, avevo il cuore che si vedeva da sotto la maglietta, ero sicura che lo vedessi anche tu, potevi prenderlo e portarlo via. In un certo senso l'hai fatto.. Sapevo che negli anni, avrei pensato a quel momento per miliardi di volte, riavvolto il nastro e rivisto, e ancora e ancora. Primo bacio vero, come dicevamo tra amiche, da raccontare sottovoce, da scrivere nel diario dei segreti, da custodire.
Da non scordare.
Perché, nessun altro nella vita sarà mai come quello.
Non ci siamo mai messi insieme veramente. Visti, miliardi di volte. Niente di serio. Non per te, almeno. Molte le tue fidanzate. Mai che fossi io.
Ti ho amato sempre,di un amore lucido e assoluto. I tempi della scuola e il tuo nome scritto nel diario, una tua fotografia scattata a Cortina da tuo fratello. Me la ero anche appiccicata al banco.
Ti ho scritto una marea di lettere. Disperate, perlopiù. Tenere, leggere, da ragazzina. Nessuna spedita.Adesso mi fa sorridere, ma non auguro a mia figlia di amare così tanto uno stronzo come te.
E' stato un amore lunghissimo, affannato, malinconico e dolcissimo, fino ai 20 anni credo, che è tantissimo,se pensi a come il cuore di una donna, di ognuno, si forma e cresca e diventi,in quegli anni, quello che sarà per la vita intera.
Poi la vita ha deciso per me, sono andata via, ho cambiato città, vita, mondo.Sono cambiata anche io.
Ho poche cose nel cuore della mia vita di allora. Quando si è proiettati in un mondo che non è tuo e lasci i compagni di scuola, la latteria e il mercato del mercoledì, non è facile per nessuno. Meno di tutti per una sognatrice, vanesia, di ferro e di burro, come me.
Ho la vita che volevo, serena, colorata, ho l'amore che cercavo. Ricordo di aver sofferto tanto e rimosso persone, cose e situazioni.
Non te.
Se avessi un banco, credo che la tua foto sarebbe ancora appiccicata lì
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