30 aprile, 2006

Buongiorno.

Ultimo nato. In una domenica mattina che mi sa che piove, tra un pò. Ma che ieri ci ha graziato, la grigliata in giardino, decisa così, al volo e come tutte le cose, riuscitissima. E poi penso. E decido che in fondo, sono fatta così. Non ho mezzi termini, non sono per le indecisioni, le cose a metà, i progetti a matita, le brutte copie da ricopiare in bella, i forse e i ma. Troppo diretta, forse, o tutto o niente, o bianco o rosso, o Gucci o Prada, o con me o contro, o limone o panna, o al latte o fondente nero. Sono un'amica faticosa. Impegnativa, lo so. Perchè pretendo esattamente quello che dò. Cioè, il massimo. Pochi lo sanno e condividono, quasi nessuno capisce. Ma non importa. Negli anni ho affinato una tecnica minuziosa e precisa, spietata, perlopiù. Io chiudo, sparisco. Non dopo aver dato qualche possibilità, lo si intenda bene, non dopo aver cercato di capire, di spiegarmi e farmi spiegare, di chiarire, a costo di prendermi delle grandissime porte sulla faccia, schiaffi, figurati, certo, ma che bruciano come quando si prende troppo sole, anche se non rimane il segno. Non visibile dal di fuori, almeno. Ho poche amiche. Ho pochissime amiche. Forse 3. Quelle vere, intendo. E una la sto perdendo, forse l'ho persa già. senza un motivo vero, o forse sì, e non mi ha spiegato o forse l'ha fatto e non ho capito, ma allora, che amica è?. Troppi forse per i miei gusti, per la mia legge, per la mia educazione, per il mio modo strambo di vedere le cose, per il mio tutto o niente, per il modo di essere che sembra ma non è, un pò Trilli un pò Giovanna D'Arco, tutto sembra per caso ma niente, niente, niente lo è. Queste le mie riflessioni del mattino, mentre stiravo la mia nuova creazione, mentre ho alzato le spalle e mi son detta, un'altra volta, fa niente, una domenica mattina che tra un pò piove, mi sa.

28 aprile, 2006

Echantillon gratuit.


Qui ci vuole un bel giro in profumeria. Giusto così, per sentire che c'è di nuovo, annusare nuove fragranze, guardare un pò i colori e via. La cosa che guardo più di tutte in assoluto, sono i packaging. Che a volte sono davvero geniali, siano flaconi di profumo, siano rossetti o palette. Soprattutto le edizioni effimere, cioè quelle che ci sono per un pò e poi basta e potresti anche piangere, ma proprio, quell'indispensabile braccialetto Dior con i due gloss, mi dispiace signora, è già esaurito. Tragedia. Ma da simili calamità mi riprendo molto in fretta, non c'è che dire. La profumeria è una specie di parco dei divertimenti, dove si può provare un pò di tutto, quel lillino lì, un rosa più acceso, osare un viola choc, profumi a manciate, dal kiwi alla tuberosa, dal ribes alla magnolia. La beatitudine. Un'altro aspetto non secondario sono i campioncini. Le commesse più zelanti e professionali sanno che il campioncino in sè e per sè è una garanzia di sicuro e costante acquisto per il prossimo quinquennio, se consegnato nelle mani della persona giusta. E io, modestia a parte, la nacqui. Così, anche quest'oggi ho avuto il mio bel regalo. Lillipuziane pastiglie di rossetto, un profumino da collezione, svariate creme in microtaglia, un bagnoschiuma. Il tutto racchiuso in un astuccino elegante e morbidissimo. Ero felice. In una giornata cominciata un pò così, i campioncini Chanel hanno fatto la loro bella parte. Ma ai profani o semplicemente ai pragmatici, leggi, mio marito, l'operazione campioncino suona maledettamente beffarda. Egli si domanda, infatti, nella più totale innocenza, di quale entità deve essere l'esborso in euro, per godere di tali dorati privilegi? Beata ingenuità. Meglio non sapere.

Ansia a colazione.


Una definizione vera non ce l'ho. O meglio, ho quella del dizionario ma non serve. E' una cosa strana, che solo chi ha provato sa. Non occorre che succeda qualcosa, per fartela venire. Arriva e basta, come un parente all'improvviso, passavo di qua. E non ha un momento esatto, nell'arco della giornata. Quando arriva, arriva, un pò come Natale, come le vacanze, come la rosolia. Si sta male. Non è una risposta alla domanda cos'hai, certo, ho l'ansia, si risponde, ma esattamente, che cos'hai, accidenti? Niente, e tutto. E' come se qualcuno avesse lasciato aperta la finestra, e la porta, anche e facesse corrente, una corrente d' aria che ti corre proprio lì, nello stomaco e un pò più in sù, come quando hai la tosse, che si sente il vuoto. E respiri a fatica e sospiri, anzi, per colmarlo una volta per tutte, il vuoto che c'è. Non servirà. Ti attardi sotto la doccia, gli occhi chiusi e il getto forte, a tratti caldissimo a tratti freschino, vediamo, adesso passa, adesso passa. Tutto è faticoso, persino versare il latte o lavarti i denti, e ti guardi e ti dici, ma che cos'ho e in fondo lo sai benissimo, che non è urlando ai ragazzi che svanirà, che non è comprando qualcosa o facendoti una lampada come ti consiglia chi non gliene importa proprio niente di te, della tua ansia e dei tuoi fatti, te lo dice così, meccanico e molto finto. Ma lei, rimane lì. Un vento non troppo forte, che ti fa essere, a seconda dei casi, troppo attiva o troppo ferma. Non ho ancora imparato a dominarla, a fermarla, a vincerla. Nè mai imparerò, mi sa. Vorrebbe dire che sì, forse dovrei prendere le cose con buonsenso e leggerezza, con tatto e diplomazia, e che finalmente ho trovato il modo di chiudere a scelta, la porta o la finestra, in modo che non sbatta più. Impossibile, mi sa.

27 aprile, 2006

Il grissino.


In un periodo dell'anno in cui il 99 per cento della popolazione compresa tra i 18 e i 75 anni, in previsione di impietose prove costume si mette a dieta, parlare di cibo assume via via sembianze da peccato mortale. Ma tant'è. Non so se avete mai fatto caso, ma il momento immediatamente successivo alla spesa, se essa viene fatta in prossimità dell'ora di pranzo, è una strisciante e subdola trappola. Ella passò dal fornaio, quello che fa i grissini così buoni, adorati dalla famiglia tutta. Li comprò e commise l'errore di sistemare il crepitante involucro, non già nel baule dell'auto, a distanza di sicurezza, ma proprio lì, accanto a sè. Lo sgranocchio del grissino è specialità tipicamente femminile, nel lasso di tempo che và dalle 12 e 30 e le 13. Osservare intorno per averne conferma. Il grissino si sgranocchia con gusto, in un momento di sbrano, come lo chiamano i miei figli, che lo yogurt delle 10 è lontano e i figlioli escono a rate dalle rispettive scuole, in un giovedì come questo, e del marito non si ha notizia, almeno se riederà per pranzo oppure no. Il grissino si gusta non già con gli incisivi, che fa troppo Lavinia Borromeo, ma di lato, di guancia, insomma. Per salvarsi in tempo, a casa, ci gusteremo (!) un meraviglioso finocchio scondito, a fettine sottilissime. E domani, doppia razione di aquagym. Un'unica raccomandazione è d'obbligo. A misfatto compiuto, spolverarsi con grazia e noncuranza: le briciole sul decolletèe, che volgarità.

Svegliarsi col cucù.


Possiedo una di quelle sveglie che, a mio avviso è stata smontata dalla MIR e regalata a me. Non si limita a segnare l'ora e a svegliarmi. Fa strane cose. Fruscii, cinguettii, rumore di vento e di onde, sibili e cose così. Tecnologia alla massima potenza. Stamattina, però, è stata battuta sul tempo. Ne sarebbe felice Ermete Realacci. Perchè stamattina, appunto, la mia sveglia è stata, intorno alle 6, il canto del cucù. Meraviglia del creato, il pennuto ha preso casa o meglio nido, credo sul ciliegio, forse sull'acero, nel mio giardino. E credo anche che ci sia stata una bella lite di condominio, nel senso che Federico il pettirosso, da qualche giorno non si vede. Il mistero si infittisce vieppiù. Il suo cibo è ancora lì, forse al cucù non piace. Magari è un cucù vegano. Lì per lì, a sentire al fiorir del giorno quel suo cucù, cucù, cucù, ti verrebbe voglia di tirargli qualcosa, che so, il libro che ti è cascato sul naso ieri sera, il nano che hai accanto al letto, un qualsiasi corpo contundente che non gli faccia male, per carità, ma che almeno lo zittisca, ancora 5 minuti, per piacere. Ma poi, in fondo penso che sono proprio fortunata. MIR o non MIR, svegliarsi così ti fa sentire in pace con la natura circostante e l'Universo tutto. Solo, che nome posso mai dare ad un cucù?

26 aprile, 2006

Di corda, di paglia e di tricot.


Chiamarla Bibbia non è sacrilego. Semplicemente, la è. Ad ogni cambio di stagione, Elle insegna, per tempo e per benino, come muoversi, cosa comprare e dove, le cose che piaceranno, i cocktail che si berranno, le spiagge da non perdere. Si legge e si sceglie. Se averle oppure no. Di solito, sì. L'estate che sta arrivando porta con sè, accidenti, una fresca ventata di cose che, c'è da farci la firma, personalmente adoro. La corda, le zeppe, le ceste di paglia, il tricot. Basterebbe già per un accenno di valigia. Non serve altro. Parei di mille colori, da usare addosso o per stendersi, camicie candide, ceste enormi, magari con fiorellini applicati, occhiali non banali, zero gioielli zero, al massimo un braccialettino coi sonaglini, ma ho già provveduto. Coraggio, l'estate arriverà, tra non molto. Giusto per portarmi avanti, i miei must della stagione, o meglio, alcuni di essi, ce li ho già. Ho un aureo costume, tanto per cominciare. Da non abbinare all'aureo pareo per scongiurare l'effetto gianduiotto. Poi ho i miei Ray Ban rosa dello scorso anno. E siamo a due. Di seguito, ho un cestino da picnic, di quelli superlusso che desideravo da sempre, con i piatti veri, le posate vere e non già di plastica, un tagliere e il suo bel posticino per tenerci al fresco una bottiglia di qualche cosa, coi suoi bravi calici, veri anch'essi. Puro lusso. Direi che ci siamo quasi. A giudicare dalla quantità del bagaglio che segna le mie partenze, tutto questo è poca cosa. Ho due mesi di tempo per fare il resto. Questo significa avere il senso della pianificazione e dell'organizzazione più pura. Ma tutte le volte che parto mi dico, quest'anno mi porto pochissimo. Di solito non dico bugie. Ho detto "di solito".

Il curriculum, mandalo a me.


No, anche lui. Dopo Mentana, anche lui se ne va da Mediaset. Ben vi sta, mi vien da dire, ve lo siete meritati. Mi dispiace. Sposini mi piaceva. Cioè, mi piace. Perchè ha sempre le gambe incrociate e le braccia conserte, da professore un pò scazzato, si può dire?.Che dice le notizie più atroci con innata classe e segue i servizi sul monitor come se fosse il filmino di nozze del cugino Mario. E un ghigno beffardissimo, e una faccia simpatica e signorile, austera e un pò da vicino di casa che preghi ogni sera che gli manchi un limone per la bresaola. Oppure che so, da incontrare al parco mentre porti a spasso il cane, è un labrador anche il suo, ma che carino e via così. Che roba. Sembra che sia disoccupato, alla data. E che mandi i curriculum a destra e manca. Ebbene, mi propongo. Non so bene che tipo di lavoro, ma ci posso pensare. Diciamo una mezzoretta. Potrebbe fare i temi ai miei figlioli, provare le tabelline all'Infanta, accompagnarmi a fare la spesa. Forse, il mio sposo proprio contentissimo non sarebbe, ma vuoi mettere, il figurone all'Esselunga?

Cento di questi post.


Cento. Proprio 100. Cento confessioni, cento frivolezze, cento storielle da niente, cento pensieri liquidi che escono di qui e volano, lontano o vicinissimo, non importa molto dove. Cose che faccio, che dico, che vivo e che ho ascoltato, che ho sofferto e che ho voluto, che ho pensato, pianto anche, giocato spesso, amato, sempre. Perchè è l'amore che muove tutto. Per i libri, per scrivere, per le persone attorno a me, per la mia casa, i miei gatti, il cane e il pettirosso, le mie cose più nascoste, quelle vere e quelle finte, quelle serie e quelle no, quelle di carta e quelle di plastica, quelle di vetro da guardarci dentro come le biglie, e di lana pesante, che scaldano d'inverno, quelle dorate per le sere con la luna, quelle d'argento per la notte di Natale, quelle di sole, per il mare che ho dentro, le cose più mie, quelle che penso prima di dormire, quelle che trovo sul cuscino al mattino, quelle che tengo per me, quelle che preparo per le feste, quelle che aspettano le fate coi campanelli, quelle che fanno bene al cuore, quelle che inforno coi biscotti, che mescolo al latte, che ricamo per me. Quelle che vedo dalla finestra, che trovo al supermercato, che colgo nel mio giardino. E' l'amore da raccontare, da tenere nascosto, conservare per quando se ne avrà più bisogno, come il pane , non ce n'è mai abbastanza. L'amore per le storie che vivo, le più banali, le più sciocche e le più grandi, importanti e splendide. Non vorrei che andassero perse, le ho amate troppo e così le scrivo, le fermo e le regalo, a chi le vuole, a chi le ascolta e a chi le legge, a chi sa e a chi non sa, a chi capisce e a chi no, non fa niente. Tutti, proprio tutti, sanno che dentro ogni post, ogni foto e ogni racconto, c'è tutto l'amore che ho. Sincero e lucido, preparato con tutto, proprio tutto l'amore che c'è. Teneteli lì, vicini, comprateli, a mazzi come i tulipani, a dozzine come le rose e le uova, a mazzolini teneri come le viole, a chili come le Fragole. E che siano, non c'è di che, Infinite.

L'uomo dei Tulipani.


Era la dichiarazione d'amore più tenace che il porto di Amsterdam avesse mai ascoltato.
Era la promessa di un'attesa eterna, era la dichiarazione incontrovertibile della loro unità. Erano fatti l'uno per l'altra e niente li avrebbe separati.
Era un arrivederci.
Certi anni passano come gli attimi.
Era un addio.
Certi attimi non passano mai.
Lorenzo Marini, L'Uomo Dei Tulipani

25 aprile, 2006

Il Lapo cattivo.


Eccolo, il Lapo. Avvistato questo week end a Portofino, in lino stropicciato ed immancabile basettone da rockstar. Intendiamoci, Lapo mi sta simpatico. Non lo trovo nè bello nè affascinante, non è il tipo mio, direbbe mio marito, ma mi è simpatico. Mi è dispiaciuto dell'incidente occorsogli, e che tanto ci si abbia ricamato sopra, con particolari che il buon gusto e la buona educazione forse avrebbero dovuto far tacere, ma si sa, l'Italia è un paese di santi, poeti e di gossippari e allora via ai dettagli, era in guepière, c'era questo e c'era quello. Il rampollo Agnelli sembra, in questo week end, che abbia una buona cera. Accompagnato da due amiche, femmine di razza bianca, ha fatto un giretto a Portofino. Prima uscita pubblica italiana, mi sa, dato che tutti ma proprio tutti hanno notato che, alle Olimpiadi nella sua città proprio non si era fatto vedere nemmeno per sbaglio. La Famiglia, forse, ha pensato bene che non era cosa. Dopotutto era (l'imperfetto è d'obbligo, purtroppo) l'Uomo Immagine del Gruppo Fiat. Che poi abbia fatto uno scivolone, annusato troppo, frequentato personcine che forse l'illustre Zio e neppure l'imbalsamato Fratello condividerebbero, beh, questa è storia nota. Ma un appello vorrei fare al piccolo Lapo. Torna. Torna, guarito, coi tuoi cravattoni da una piazza e mezza e le tue basette con l'extension, la camicia fuori dai pantaloni e quella tua aria gigiona, i congiuntivi a casaccio e quel sorriso sornione da sette in condotta. Torna, fatti una fidanzata come si conviene, daranno i numerini come alla posta per questo incarico vacante, fatica certo non farai. E torna a produrre, Lapo Elkann. Senza di te, non si sa proprio che felpa comprare, la prossima estate. E va bene così, senza parole.

Il regalo per Matteo.


Com'è noto, l'Infanta oggi era invitata a una festa di compleanno. E' buona norma, come ben si sa, presentarsi alle suddette con un regalino. Chi ha bambini lo sa bene: comprare un regalo per un bambino che non è il tuo e che la maggior parte delle volte conosci pochissimo, è impresa a dir poco improba. Ma col tempo, si affina una tecnica e un mestiere degna di un manuale e non è affatto escluso che un giorno, nei prossimi venticinque anni, io lo possa scrivere. L'Arte del Regalo Fatto, perchè di arte bella e buona si tratta. Avendo a disposizione 4 fasce di età diversissima, entrambe le opzioni, maschile e femminile, e un discreto buon gusto, devo dire che ho la mia bella parte di merito. Perchè i regali fatti dai miei figli, che lo si sappia benissimo in giro, li compro io. O meglio, sono io a dispensare consigli, guardare vetrine, consigliare, impacchettare, infiocchettare e via così. Non è cosa da poco. Ho comprato di tutto. Regali di compleanno, a iosa. Ma anche fidanzamenti e P.N.I. (Primo Natale Insieme, il delirio), meseversari, SanValentini, onomastici, maturità, diciottesimi, decimi, quinti e ventunesimi. Ovviamente, sotto i 12 anni sono io a finanziare l'operazione. Perchè già agli over 15, quando si parla di Gucci e Prada, scusatemi tanto LorSignori, ma fate da voi medesimi. E loro fanno, affidandosi però ai miai consigli. Divertente. Per Matteo, il festeggiato di oggi, sono andata sul sicuro, lo conosco bene e mi sono divertita con mia figlia a scegliere un regalo non proprio comune, semplice e, spero, gradito. Il maschio è, da sempre, un soggetto di difficile gestione, per una quantità invereconda di motivazioni. Non ce la si può cavare certo con un cerchietto e due mollettine, orecchini e deliziose borsine paillettate. Matteo ha avuto in dono dall'Infanta un drago. Con dentro l'occorrente per diventare un novello Leonardo da Vinci. Una risma di fogli colorati e bianchi, pennelli, tempere, gessetti e pennarelli a timbro, matite colorate , pastelli a cera e una bella scatola blu mare per riporre ogni cosa. Il tutto avvolto non nella carta ma in una copertina di pile a forma di drago, per l'appunto. L'Infanta era entusiasta ed ha scritto di suo pugno il bigliettino. Felice. E lo sarà anche Matteo, che nutre una sviscerata passione per colori e affini. Speriamo però che, dopo la giornata di festa, non testi l'intensità dei colori sulle pareti domestiche...

Ode al Digestive.


E' di una rotondità oserei dire inquietante. Sublime, se tuffato nel latte. Sacrilego l'atto di spezzarlo in due per meglio intingerlo, ma si può ovviare allo sconsiderato inconveniente attrezzandosi per tempo con una tazza consona. Un mug, meglio. Esistono infatti biscotti da tazzina, da tazza da thè, da mug e da scodella, com'è noto, ormai. Il Digestive la fa da padrone delle dispense più attrezzate delle cuoche provette o aspiranti tali. Impareggiabile nella preparazione di cheescake di varie foggie, gusti e aromi. Non ultimo il lemon & chocolate, che mi ha permesso di fare una sfolgorante figura a una recente cena. Da provare. Risolve con brillantezza e ruvida eleganza, un pomeriggio di noia e trasporti degli infanti vari verso la città, meta cinema e feste di compleanno: un caffè molto macchiato, quasi un cappuccino senza schiuma, tiepido il giusto, conferirà a Sua Maestà il Biscotto una morbidezza impagabile e un sentore esotico che lo impreziosirà. Unico cruccio. Avvicinatevi con attenzione e dilpomazia al reparto biscotti. Il Digestive è solo quello McVitie's, l'unico, il solo. Esiste infatti in commercio una versione tarocca, per dirla con un termine tecnico, che fa finta di essere Lui, ma non ha la pomposa e altisonante dicitura By Appointmet to Her Majestic Queen Elizabeth II. Solo un numero del Servizio Consumatori. Una tristezza. Svelato l'arcano, o si compra il Vero e Solo, o, al limite, ripiegare sui Pavesini. Risparmiando in calorie.

Non ho resistito.


E così, eccoli. Sono solo alcuni. E i limoni, sono quelli della Sardegna. Non ho resistito a immortalarli, mi sembrava di far loro un torto, parlando solo degli ultimi fatti e non di loro, che da mesi ormai vivono lì, nel cassetto della cucina, insieme a tutti gli altri, quelli normali, quelli di base, quelli che non ho coccolato, pensato, tenuto in braccio ed esibito come loro medesimi. A me sembrano carini. E, a giudicare dalla faccia meravigliata delle persone cui li ho regalati, ma che regalo sarà mai uno strofinaccio da cucina?, devo dire che sono piaciuti anche alle mie amiche.
Che mi abbiano mentito?

Kitchen Collection.




Questo si chiama Marmellata 125, come la canzone di Cremonini. Banale, visto che raffigura una sfilza di barattoli di marmellata, per l'appunto. Fotografato anche al rovescio per poter far ammirare la perfezione, non ci sono fili e nodi, non c'è trucco e non c'è inganno, la vestale dell'ago e filo, messieurs, C'est Moi! Bene, reiterando il delirio di onnipotenza che mi prende quest'oggi, un pomeriggio di festa vinto lì per lì, non è domenica ma quasi, dovrei riordinare un cassetto e 3 armadi ma chi ne ha voglia, in fondo, chi lo vede che sono in disordine?, reiterando, dicevo, ecco che creo. Una collezione di strofinacci. Lo so, lo so, sono settimane che ne parlo. E ne produco. Pane e Tulipani, Papere senza Papaveri, ma non sono immortalati, ancora la mania del blog non mi aveva attaccato. Farneticando, credo che la collezione si nutrirà oggi stesso di un altro, preziosissimo elemento. L'Amore è una Crostata. Lì per lì fa sorridere, ma vista scritta su un scialbissimo asciughino, diciamocelo, ha il suo bel perchè. Fa seguito a L'Amore è Un Peperone, e precede di pochissimo L'Amore è Una Polpetta. Noi geni, lo ben si sa, sguazziamo nei pomeriggi di festa. E la nostra arte, prolifica, vieppiù.

Italia liberata.


Festa della Liberazione. Il 25 Aprile è una giornata di festa e di bandiere e manifestazioni un pò dovunque. Bello il discorso del Presidente Ciampi, che dice di aver fatto della Costituzione la sua Bibbia civica. Mi è piaciuto. A casa mia, non questa, la mia casa di prima, di me più piccola, alle elementari, tutto era fuorchè una festa. Non capivo molto e, secondo una legge non scritta delle famiglie di allora, nessuno si era mai preso il compito di spiegarmi davvero quello che di fatto era successo. Era una serie di sentito dire. Quello che mi arrivava era solo una grande tristezza. Col tempo, con la storia, con le domande anche, ho capito. Era la guerra, quella vera. Ma stranamente, ho colorato quello che mi resta non col rosso o col nero delle camicie di allora, ma con quello più tenue, un rosa pallido, che è il colore dell'anima, dell'affetto, del cuore, mi sa. Sono sopra alla ragione di Stato, alla politica, al CLN e alla Decima Mas. Non entro nel merito, semplicemente. Ma leggendo su un libro una scritta così, sotto un cognome che è il mio ed il nome che è quello di uno di miei figli, al di là della politica e dei colori, nessuno potrà recriminare se da sempre, oggi, di festeggiare non mi va.
"Deceduto a seguito di esecuzione penale ordinata dal Tribunale del Popolo, istituito dal Comando della Divisione Gramsci, il 25 Aprile 1945".

24 aprile, 2006

Ubi maior.

Scampato pericolo. Le Fragole, eccole, di nuovo. Giusto in tempo per un assaggio discreto di gossip. Ho sentito alla radio che Mick Jagger e George W. Bush siano in lite furibonda per una robina da nulla. Una camera d'albergo. E non già alla pensione Miramare ma all'Imperial Hotel di Vienna. La notizia mi ha interessato lievemente. Innanzitutto perchè a Vienna ci sarò tra un mese, o giù di lì. E poi perchè trovo il Jagger, diciamo, non malvagio. Si dice che la Direzione dell'Albergone Mille Stelle SuperLusso Top Class sia puttosto in imbarazzo, avendo ricevuto quasi in contemporanea le due richieste. Non vorrei quindi essere il Direttore dell'Imperial. O forse sì. Pur non considerando un'aquila l'attuale Presidente degli Stati Uniti d'America, che trovo, brevemente, un pò troppo cow boy, non volendo nemmeno per un secondo entrare nel merito dell'assurda guerra in Iraq, io, la stanza la darei a lui. Al Presidente. Una bella lettera di scuse educatissime e un pò affettate al leader dei Rolling Stones, che peraltro trovo affascinante e istrionico, nonostante non sia propriamente un fanciullino. Anzi, forse proprio per questo. E, se proprio insiste, potrei sempre ospitarlo a casa mia. Male non sarebbe.

Fragole impossibili.


Prove tecniche di trasmissione. Non riesco a pubblicare...

Che succede?

The day after.

Dopo la festa. Dopo i parenti. Dopo i confetti, le violette e l'emozione. Quella, tanta. A vederlo, impettito, emozionato, la camicia bianca e il maglione blù, i pantaloni da grande, i capelli arruffati, sorride, e si gira , ogni tanto, a guardarmi in Chiesa, come a dirmi, siete lì, vero? Così grande, di già, e ancora così piccolo,per piacere. La Messa, i lacrimoni, i miei, ovvio, e tutti i suoi fratelli in fila nel banco, accanto al padre, anche loro che più belli di così non si può proprio fare, che sembrano ritagliati via da un film, anche la piccola, composta, fiera,la gonna blù e il cerchietto con le roselline. Commossa, come me. E poi la festa, semplice, senza foto in posa e tanto chiasso, il sole delle colline sorride lì vicino, la mia famiglia, per una volta, tutta lì, le zie lontane, la cognata nuova, gli amici della vita. Bello. Abbiamo fatto tardi chiacchierando, dopo, a casa, scartando i regali, la parte più bella delle feste è quando se ne vanno quasi tutti, si resta lì a fare i pettegoli, bonariamente, per carità. Lui, felice. Di questo giorno tutto per lui, di aver riunito tutti, Che Bello Mamma Avere i Parenti, di aver fatto un passo così grande, da grande. E io, felice per lui. Felice della festa, e anche di questa torta alle nocciole, semplice e un pò demodè, senza omini di plastica piantati sopra. Normale. E' stato tutto perfetto. Da dire, altro non c'è.

22 aprile, 2006

Tutto pronto. O quasi.

Il Grande Giorno. Quello per cui ho ricamato in maniera compulsiva, quello per cui ho insegnato preghiere, comprato violette e scelto confetti all'arancia. Ho fatto tutto da sola. E devo dire che, finora, sono soddisfatta del risultato. Ho messo calle e margherite candide un pò dovunque, ritagliato i segnaposto sul cartoncino e sagomati con un aggeggio che fa deliziosi ghirigori. Il tutto ieri sera, ovvio. Sarà una cosa semplice, la mia famiglia, pochissimi i parenti, gli amici più cari, quelli di sempre, quelli che hanno visto i miei figli crescere, quelli delle vacanze e dei viaggi, quelli che ho chiamato piangendo quando è stato il momento, quelli delle cene di Santa Lucia, quelli che al telefono sanno come stai appena dici Pronto, quelli dei progetti. Loro, insomma. La cerimonia sarà breve, i bambini non sono molti e la chiesa è piccolina. L'Infante è un pò agitato, dubbioso sulla camicia candida ma loro, si sa, alla voce Abbigliamento conoscono solo due voci, jeans e felpa, e fargli digerire una camicia e un maglioncino blu ho avuto il mio bel daffare. Ma si è arreso, docile e bellissimo, ottenendo in cambio di non tagliarsi i capelli. Su qualcosa, dovevo pur cedere.

21 aprile, 2006

L'aggiotaggio.

Beh, un pochino pena, la fa. Un'altra, temo l'ultima, mirabolante avventura di Ricucci Stefano da Zagarolo occupa le pagine dei giornali in questi giorni. Il Nostro, col suo faccione vagamente somigliante ad una forma di Certosino, la cravatta smilza, la camicia sempre immacolata con gemello annesso, il capello fluente stile Gianni Togni quando guardava il mondo da un oblò, si dice in giro che, nelle sue prime notti a Regina Coeli, pianga. Umanamente mi fa tenerezza. Credo che, seriamente, per un attimo, il carcere sia un'esperienza davvero tragica, per chiunque. Fine. Ma mi è capitato di sentire una delle migliaia di intercettazioni telefoniche dove, con un accento vagamente francese, leggi, coatto, raccontava che, inutile spiegare alla sua statuaria mogliettina, Falchi Anna da Tampere misto Romagna, il guaio che egli stava combinando, tanto lei Nun Le Capisce Stè Cose. Già, ma capisce ben altro. Capisce uno yachtino niente male a Porto Ercole, capisce un matrimonione fatto apposta per far sguazzare Silvana Giacobini, capisce il villone ex Feltrinelli. Ma una domanda sorge, fra le mille. Lei, Falchi Anna in Silicone, farà la coda in parlatorio con gli altri parenti, in attesa di incontrare Mister FacciaDaCertosino, o gli farà recapitare missive vergate in MontBlanc su carta Pineider, dichiarandogli il suo eterno amore, accompagnate da una pietanziera in argento stracolma di caviale Beluga? Non lo sapremo mai. Magari, è a casa, in lacrime che si ripassa, su un vecchio testo scolastico, l'aggiotaggio. In vestaglia Pratesi, però.

20 aprile, 2006

Amore al primo annuso.


Chi mi conosce, lo ben sa. La lista delle mie smodate passioni,manie e affini si allunga, con la bella stagione. A parte i libri, i ricami, la cucina, gli occhiali, le borse, i jeans di culto, gli anelli grandi, i pinguini, beh, direi che è meglio interrompersi....dicevo, a parte ciò, nutro una passione sviscerata per i profumi, non già quelli qualsiasi, Lancome o Dior, per intenderci, ma quelli che, una volta annusati mi fanno, in un certo qual modo, un pò innamorare. Un pò strani, ecco. Un profumo, per farsi amare da me, deve sapere di almeno 2 aromi, sacrosantamente: vaniglia e agrumi. Ciò detto, stamattina mi sono imbattuta in una nuova fragranza che già il nome è un regalo, Tangerine Vert di Miller Harris. Non comuni, non banali, dai nomi morbidi, Coeur D'etè, Noix de Tubèreuse, Fleur du Matin. Non sono straordinari? Tangerine Vert, nella fattispecie, sa di fiori appena colti e di sorbetto al limone. Pura lussuria in formato spray. Da aggiungere alla mia lista dei desideri. La Treccani? Mooooooolto più vasta, direi. Da annusare, assolutamente. E da avere, manco a dirlo.

Fragole a mille!!!


Millesimo visitatore delle Fragole.
E queste, si sa, son soddisfazioni.
E mille grazie.

Fa bene al cuore.


I libri sono una passione. Una vera mania. E lo sono anche le librerie. Mi ci infilo quando, in mattine come questa, triste, ho bisogno di fermarmi un momento, a pensare. Leggo le recensioni, i retri dei volumi, le pagine a metà. E' una strana cosa. Prima di comprare un libro, lo apro a metà e ne leggo una decina di righe. Da lì, decido, se comprarlo o no. So di persone che leggono la fine, e chi l'incipit. Stranezze della vita. Le librerie sono una specie di ambulatorio psichiatrico, per me. Mi fanno sentire subito bene. Se compro, meglio. E stamattina, ho comprato. Così come le lenzuola e i fazzoletti vanno a dozzine, stamattina di libri ne ho comprati 8. E di tutti i generi. Scrittrici arabe contemporanee, un saggio sulla traduzione dei testi stranieri, una rassegna degli amori del XX secolo e molto altro. In più, hanno una storia nella storia. Li ho comprati usati. Già letti, insomma, o conservati sulla libreria e rivenduti intonsi. Uno di questi ha addirittura tra le pagine la fotografia di un gatto appena nato, per tenere il segno. Una meraviglia. Per tirarsi un pò sù, cercare di mandar via il magone e trovare qualcosa da fare la prossima volta che arriverò in anticipo davanti a una scuola qualsiasi. Bello davvero.

Senza titolo


Ci si vergogna. Di avere iniziato la mattina lagnandosi di una cosa e di un'altra, cretinerie assurde, chiacchiere da lavandaie, cazzate, non mi viene in mente un termine più adatto. Ci si vergogna non appena arriva, come una staffilata, come un schiaffo in pieno viso, una notizia. E allora tutto perde senso o ne assume, forse, di nuovo, e tutto sembra così uguale a un attimo prima ma no che non lo è, e pensi che è tutto così triste e senza soluzione, così incredibilmente vero e non saprai come dirlo ai ragazzi, e piangi, piangi quelle lacrime fredde che non pensavi, che non credevi. Non serve. Non servirà. Nemmeno dire se avessi detto, se avessi fatto, se lo avessi chiamato, se avessi potuto deviare di un millimetro solo il suo percorso, forse non sarebbe successo. Non è così. Resta solo un pianto sconnesso, un senso di leggerezza e totale inutilità, una voglia di ripetersi ma no che non è vero. E invece, lo è.
Ciao, Andrea.

La crostata del mattino.

Il tutto si svolge una sera in cui hai voglia
di fare una torta.Per la colazione del giorno dopo, lo ben si intenda. Personaggi ed interpreti: mezzo vasetto di marmellata di lamponi, una mela non troppo grande, un rotolo di pasta frolla. Come si può notare è una torta di una semplicità straordinaria, senza nessuna pretesa, forse neanche tanto carina, a vedersi, ma non male di sapore. Il procedimento, forse, non và nemmeno illustrato, ma almeno, proviamoci. Si srotola la sfoglia, si piazza la marmellata, si taglia la mela a fettine sottili e la si dispone sopra con rara grazia, a raggiera, e con due fettine si compone un cuoricino al centro. Durata dell'operazione: 6 minuti scarsi. Addolcisce anche i mattini più ostici, i sonni turbati, una riunione noiosa, la verifica di inglese. E se la fettina può sembrare tristanzuola e si vede lontano un miglio che la frolla è pronta e la mela troppo cotta, niente ci fa. Basterà un piattino Royal Albert serie Flower of the Month, ovviamente, del mese in corso. E, per carità, controllando la dicitura Made in Co.Uk. E la frolla pronta verrà testè dimenticata. E perdonata, vieppiù.

Và il rosa.

Colazione con vista. Anche se le scuole sono ricominciate, e gli impegni diciamo ufficiali, il lavoro e le questioni di famiglia, le più noiose, quelle di cui ne faresti volentieri a meno, la colazione con vista sul giardino è d'obbligo. Magari la fnestra aperta, tanto fa già caldo e l'inverno è dimenticato, e i cappotti e i piumini e gli sciarponi e gli stivali messi fuori a prendere aria, E ritirati, per un bel pò. Personalmente ho già voglia d'estate. Assaggiata, per un pochino, la settimana scorsa. E in realtà, tante sono le cose che vorrei, oggi. Uno shopping moderato, tanto per dare il benvenuto ai fiori rosa del ciliegio, che so, un sandalo, una camicia a righe, una cesta di paglia. E un regalo. Per un giorno, e un giorno solo, avere la certezza che il resto del mondo sa esattamente come sono, che non mi fa battute basse da serpenti a sonagli che lasciano di stucco, che ti chiedono Come Stai perchè vogliono realmente sapere come tu stia e non perchè è un intercalare senza senso, anzi, c'è da giurarci che nemmeno ci mettono il punto interrogativo.Comestaipunto. E vorrei che tutta l'energia , tutta la forza che metto nelle cose, in tutte, dalle più importanti alle più inutili e frivole, venisse fuori, si sentisse, ci si rendesse conto che sì, è stato un bel lavoro, sia esso una conferenza, un'asciugamano o una cena per 10. Sarà la primavera, saranno i fiori del giardino, ma capita, ogni tanto che si abbia bisogno di una conferma, di una carezza, di una stretta di mano, complimenti vivissimi, basta già. Ma, forse, basta solo guardare i fiori del giardino. Il ciliegio non parla, ma sa.

18 aprile, 2006

A casa.


E' come un'altra figlia. Solo, un pò più pelosa. E in qualche caso è più sensibile. E meno impegnativa. Non proprio ubbidientissima, ma docile e dolcissima. Qualche volta, stupisce per il suo tatto, l'intelligenza, l'umanità, mi vien da dire. Lei sa. Sa quando ho l'influenza e non ho voglia di uscire con lei, sa quando uno dei ragazzi ha la febbre, quando ho avuto una giornata da paura, quando stiamo partendo e quando invece non deve far rumore. Ha imparato da poco a fare le scale e si siede in un modo buffo, non proprio da signorina, anche se il suo lignaggio è altisonante e pomposo. Non riporta un legnetto nemmeno a piangere, ma ti fa gli occhi obliqui quando mangi il gelato, per averne un pò. Va pazza per mandarini e ciliegie, yogurt al mirtillo e Pavesini. E' un cane globalizzato. Mangia in una ciotola di Alessi e và a farsi bella una volta al mese. Nutre un odio sviscerato per il veterinario, i muratori in genere, gli uomini col cappello. Adora i bambini, manco a dirlo. Soprattutto quelli che hanno appena finito la merenda: si offre volontaria di ripulire la bocca e le mani dai residui di marmellate,nutelle e affini. Non proprio entusiaste le altre mamme. E' un orsettone morbido, una cucciolona vivace e un pò testarda. Che ti mette in pace col mondo quando la sera appoggia la testa sulle tue ginocchia e ti guarda languida,e tu pensi, ma quanto bene mi vorrà questo cane qui, ma che in realtà, la furbissima, ha solo voglia di saltare sul divano e accoccolarsi lì. Ma questo, non diciamolo a nessuno.

Casta diva.

Nei giorni di vacanza è buona norma fare cose che solitamente non si fanno mai, perchè non se ne ha il tempo, perchè non si ha la concentrazione o l'ispirazione o semplicemente la voglia. Quando non si è frullati dal meccanismo scellerato della vita di città, ci si può anche permettere di scialare. Leggere anche per 2 ore di seguito senza alzare la testa dal libro se non per guarare in sù e dire, pioverà?, prendere il sole con la musica a mille nelle orecchie, fare niente e basta, o guardare la tv. Personalmente la tv non la guardo mai. Film e tg, direi e tutta la carovana di granfratellame e quiz assurdi, no grazie. E senza fare la snob, semplicemente, trovo che mi fanno male. Non ho gli anticorpi necessari per sopravvivere senza allergie ed emicranie ai vari Mercanti In Fiera, Music Farm e cose del genere. Ma ieri, complice una pioggerellina impalpabile, ho detto, massì, e guardiamoci la tv. Mi sono imbattuta ne La Fattoria. Mio nonno era un uomo di grandi principi e valori morali, molto all'antica e di rara classe, ex ufficiale dell'Esercito e grande appassionato di lirica. Amava in modo incondizionato Maria Callas, Montserrat Caballè, e Katia Ricciarelli. Avevo preso come un'onta personale il fatto che avessero utilizzato un 'aria della Carmen per fare lo spot di un detersivo. Adesso avrebbe circa 95 anni. E mi conforta il fatto che almeno non ha visto la sua eroina Ricciarelli ex Baudo a spalar letame, a far la vipera e a disquisire di mungitura e lattuga in tv.
Il che , non è poco.
Mi sa che la prossima volta, allo zapping preferirò I Fratelli Karamazov. Con buona pace di mio nonno.

16 aprile, 2006

Lemon Twist.


Devo aver letto da qualche parte, tempo fa, che non si dovrebbe mai lasciar passare un solo giorno senza aver imparato qualcosa. Sia essa il modo per montare a neve un albume, foderare un libro o che ne so. La giornata di ieri è stata caratterizzata dall'incontro, da parte di tutta la Reale Famiglia, di una pianta di limone. E non già di un limone qualsiasi, quelli da supermercato, trattati o non trattati. Ma di un Reale Limone Quattro Stagioni, da non confondersi con la pizza. Tanto per cominciare, una pianta di limone ha le spine. E già lì c'è già stato il primo stupore generale. Le spine? Come le rose? Non proprio, molto più lunghe e affilate. E poi, una pianta di limone fiorisce. E fiorisce in un modo davvero speciale. Fiori bianchi, tipo d'arancio, ma, appunto, di limone. Con un profumo freschissimo ed inebriante, che si associa immediatamente al fresco e pulito. Ieri sera ci siamo sentiti tutti molto romantici, a guardare il nostro bel limone, di anni 11, che troneggiava nel suo vaso di terracotta. Dimenticate le parolacce per caricarlo, scaricarlo, interrarlo, mettergli l'argilla affinche stesse a suo agio. Ma solo la carineria di averlo scelto nel vivaio, a dire, E' LUI, come fosse diventato, ormai, uno di famiglia. E stamattina, a colazione, tutti a dargli il buongiorno. Qualcuno dei picci gli ha anche chiesto Come Hai dormito? I piccoli sono romantici, si sa benissimo. I grandi un pò meno. Profumato? A me sembra il detersivo dei piatti. Che devo fare, sopprimerli? Sopportare, invece, pensando al figurone che farò quando la vicina mi chiederà Ha per Caso Un Limone? L'eleganza imporrà di non aprire il frigorifero, ma di farla accomodare con grazia, Venga a Coglierselo, e offrendo un thè e una fettina di torta. Al limone, ben si sa.

15 aprile, 2006

Lo spremiagrumi?


E' risaputo, da secoli, ormai. L'allestimento di una casa, dal nulla, è quanto di più divertente, certo, affascinante e creativo ma stancante e sconvolgente possa esserci. Si deve pensare ad una quantità indecente di cose, dalle fondamentali alle superflue, dalle indispensabili a qualle totalmente inutili. Una volta definito il posto della scopa (la volevo leopardata, non l'ho trovata), delle lenzuola e della pasta, ecco che nella to do list appare la voce Cucina. Un gioco da oratorio. Un'idea di massima ce l'abbiamo tutti, chi più chi meno. Una pentola per gli spaghetti, un bricco per il latte, una padella per frittate, bistecche e affini. E tutto il resto? Alla Prima Cena in una casa di recente impianto ci si renderà ben presto conto di aver dimenticato, nella Prima Spesa, una quantità insospettabile di oggetti e alimenti. Primo fra tutti il sale. E l'aceto, e nemmeno quello balsamico, quello, come dire, di base. E poi l'apriscatole, la pellicola, il thè per la colazione di un Infante, già perchè ogni Infante ha una colazione diversa, così, tanto per rendere le cose più complicate. E poi, LUI. Lo spremiagrumi. Dimenticato nell'Ultima Spesa da Ikea, di vitale importanza per chi a colazione beve una spremuta d'arancia e qualche biscotto, o chi adora bresaola e rucola inondate di limone. La scrivente impallidisce a 6 paia di occhi che la scrutano con aria inquisitoria. No, lo spremiagrumi non l'ho comprato. Ma ho un rigalimoni. Va bene uguale?
Ho paura di no.

14 aprile, 2006

Fragole in vacanza


Beh, non ci vuole mica molto. Basta prendere un'isola, meglio se fiorita, fioritissima , come d'estate non si vede, ovvio. Prendere un mare, di quelli piatti e di un blu, come dire, cobalto, anzi, blu mare, appunto, come ho fatto a non pensarci. E poi rocce, un pò di vento, poco, un sole caldissimo che sembra di giugno e le spiagge coi surfisti e tutto ancora un pò dismesso, il chiosco dei panini e la scuola kite, un pò selvaggio a dire il vero, ma affascinante e bellissimo, proprio perchè così e che si sente un pò più vicino, un pò più nostro. Le Fragole arriveranno da lì, per qualche giorno.
Fragole salate, all'acqua del mare più bello che c'è.
Almeno per me.

11 aprile, 2006

Ancora tulipani.


Ancora da stirare, ma rende l'idea. La mia personalissima collezione di strofinacci da cucina (che volgarità, sono vere e proprie opere d'arte, pezzi unici, perlopiù), si arricchisce via via. Dopo L'Amore è Una Meringa, ecco i Tulipani, visto che oggi se ne è parlato molto, di tulipani, fuori e dentro la blogosfera. La caratteristica principale di questo, come chiamarlo, asciugamano?, è che è lilla. E già qui ci sarebbe da assegnargli, d'ufficio, un bel 20 punti. Dopodichè, impreziosito da un semplice ricamo, il nostro farà bella mostra adagiato con noncuranza sul ripiano del lavandino. Meglio se in pietra e di foggia genovese, sui toni, diciamolo, del rosa. Oppure, potrà essere utilizzato senza tema di smentita, per il primo asciugaggio (ma si dice?) di un servizio di piatti cui teniamo molto, o di una serie di deliziose scodelline per il thè alla menta, provenienza, Marocco. In realtà il tulipano col Marocco poco ci azzecca, ma la vera tendenza è di mischiare e fondere stili tra loro diversissimi, per ottenere un effetto che sembra improvvisato, ma che è frutto di numerosi studi di fior fiore di architetti e arredatori d'interni, ben pronti alla bisogna e poichè io nasco barocca ed essi minimalisti, più tendenza di così!

La valigia sul letto.


Quella di un lungo viaggio. Preparare una valigia è un'arte indiscussa. Ci vuole misura, buon gusto, una certa dose di chiaroveggenza, e un minimo di astuzia. Personalmente, le valigie non le so fare. Nel senso che, negli anni ne avrò preparate mille e per le mete più diverse, ghiacciaio e Tropici, deserti e musei, ma mai, o quasi ho fatto una valigia, come dire, consona. Il mio problema è che eccedo. Troppe scarpe, sempre. E poche maglie. Troppi pantaloni. Nessuna camicia. Troppi occhiali. Insomma, una valigia che non va bene. Perciò, mi vedo costretta, una volta raggiunta la meta, a un giro di rifornimento. Ovviamente parlo delle MIE valigie. Quelle che preparo per gli altri, leggi, i miei figli, invece, sono di una precisione chirurgica. Mutande, maglie, calze a multipli di 3, fazzoletti e pigiamini. E la busta con le medicine, ovvio. Tachipirina, Citrosodina, gocce per le orecchie, pastiglie contro la febbre gialla, colera e vaiolo, anche se debellato, perchè non si sa mai. La valigia che ho testè preparato mi sembra, contro ogni previsione, perfetta. T-shirt, jeans, una felpa, un sottoveste. E poi il mio kit di sopravvivenza: l'iPod, un libro, una copia di MarieClaire2, un piccolo ricamo da fare lì per lì. In fondo, per un viaggio verso l'Iisola, non serve nient'altro.

Messer tulipano

E' certamente uno dei fiori che preferisco. Forse, IL. A guardarlo bene , il tulipano ha questa faccia così austera, dinoccolata e un pò aristocratica. Non ispira subito simpatia come, che so io, la margherita, tanto per dirne una. Il tulipano non si svela subito, e in qualche caso non si capisce mai se è già fiorito o se ancora deve aprirsi per bene. Certo, è bellissimo. Che sia pallido o coloratissimo, ben definito o frastagliato, il tulipano ha, nella sua semplicità lussuosa, il segreto della bellezza. E non mi farò certo scappare l'occasione di vedere la fioritura di 50.000 tulipani, tutti insieme, al Castello di Pralormo, Messer Tulipano, appunto. Fino al 25 aprile. Devo esserci.

10 aprile, 2006

Ma alla fine, chi ha vinto?

Mi arrendo. Ho guardato una dozzina di Tg. Proiezioni, Exit poll, interviste. Tutto. Ma se dovessi dire con assoluta certezza che ho capito chi ha vinto, beh, direi una bugia. E la Camera, il Senato, e i seggi e la percentuale. Non ci sto capendo un granchè. Forse avrei dovuto guardare un solo telegiornale, lo zapping, si sa, crea una gran confusione. E io non è che sia molto avvezza ai numeri. Ma credo sia anche troppo presto. Tranquilli,, domani si saprà tutto e per circa 4 giorni ci stremeranno dovunque con le cifre delle elezioni, chi ha perso dirà di aver vinto e chi ha vinto dirà che non è vero. Insomma, le solite liti da lavandaie. Per tirarsi fuori, cominciare a preparare la valigia per la partenza. Il dubbio serpeggia, e l'incertezza la fa da padrona: il costume, quest'anno, sarà intero o bikini? Da non dormirci stanotte, altro che destra o sinistra.

09 aprile, 2006

Personal Purple Meme.


Ormai, si pensa in viola. Qualcuno ha dato il via a questo gioco che personalmente trovo davvero affascinante, data la mia passione smodata per il colore viola. Viola è il mio divano, la mia camera da letto, il mio lavandino, la pinza per gli spaghetti, le mollette per la biancheria...e una quantità di altre cose. Questa è una delle mie creazioni, insieme alle mie tazze giapponesi e al thè londinese.
Ma una precisazione è d'obbligo. Meringa è anche il nome di una gatta.
Spero che gli zuccherini di Belle de Sucre facciano la loro bella figura.
A me sembra di sì.

OTTIMO!!!!!

Complimenti a me medesima.
Mi stringo la mano da sola. Un pomeriggio a confezionare violette e ad assemblare cuoricini e bigliettini. Ora, fanno bella mostra di loro stessi e, tutti insieme, devo dire che sono proprio un bell'effetto. Come speravo.
Oggettini di rara bellezza, di finissima fattura e di deliziosa inutilità.
Ma che importa? Sono o non sono un'autentica Meraviglia del Creato?

Nel segreto dell'urna.


E' andata. Abbiamo votato. Complice una domenica che pare di metà novembre, ci siamo recati alle urne con doverosa mestizia, non troppo convinti ma se c'è da andare, si và. Un seggio elettorale è quanto di più triste, grigio, deprimente possa mai esservi sulla crosta terrestre. Urgerebbe una rinfrescata. Prima di tutto, le cabine. Che so, tende di Emilio Pucci, in fantasia di un bel turchese acceso, interni animalier firmati Cavalli, e insomma, votare si deve, e allora che lo si faccia con un minimo di gusto, e che diamine, dove lo mettiamo l'Italian Style che il globo ci invidia? Niente di tutto ciò. Un elogio al grigio, al piatto, al mediocre. E quelle matite, poi, così tristi, così non temperate, così volgari. A me, ogni volta che entro in una cabina elettorale, viene voglia di scrivere, anzichè la mia bella croce, che so, uno stralcio de Il Tamburino Sardo, o La Piccola Vedetta Lombarda, liberamente tratti da Cuore di Edmondo de Amicis. Tutto così brullo e scarno e spoglio che fuori di lì, l'unica idea che ti viene è di rotolarti giù dalla collina. Ma, dato che, incurante della pioggia battente, sei andata al seggio con jeans aurei e sandalini da metà luglio, meglio rinunciare. Il voto è segreto. Il prezzo dei jeans, pure.
Che è meglio, direi.

Ambrosia.


Non proprio da mangiare. Ma da cospargersi, tuffarcisi, inondarsi, ecco. L'Olio di Carita fa parte da sempre dei MaiPiùSenza. Cosa fa? Di tutto. E' abbronzante, protettivo, per capelli, doposole e molto altro. Profumato in modo sublime, un misto di agrumi e erba tagliata, magnolia e Lemonsoda. Regala una pelle da dea, tiene lontano i moscerini, fa passare il raffreddore, cosparso a manciate generose dopo la doccia fornisce l'energia necessaria per una giornatina di quelle storiche, e ne cancella i postumi, se usato di sera. Dovrà far capolino dal cestino della spiaggia e usato, all'occorrenza, anche nelle ormai prossime vacanze pasquali in luoghi marini, montani, non disdegnando le scampagnate fuori porta e i dejeunèr sur l'erbe.
Portarsi avanti, lo ben si sa, è il vero segreto.

08 aprile, 2006

Come lei.


Bella era bella. Di quelle bellezze contadine, semplici, due occhi grigissimi in un ovale di cammeo. Non le somiglio. Non nei colori, non nel carattere. Era schiva e silenziosa, ma con una risata come un concerto di campanelli. Viveva con me, quando ancora le famiglie avevano almeno un nonno a raccontare cose quasi vere, a far ciambelle e a dipanare gomitoli in cortile, a raccogliere camomilla da far seccare sui teli, sotto il sole di giugno. Si pettinava senza specchio, una lunga treccia bianca che fermava con un pettinino. Mi sono sempre chiesta come facesse a tenerla sù. Sempre ordinata, perfetta. Mi ha insegnato a fare i biscotti, a non stare curva mentre scrivo, a raccogliere le viole col gambo lungo e a fermarle con un filo. A suo modo, era snob. Una bambina non fischia, mi diceva, e non gioca coi maschi e non si sbuccia le ginocchia ogni giorno. Sua una quantità di proverbi e massime che ancora ricordo, in dialetto emiliano. Mi ha lasciato una sottoveste di seta, 3 lenzuola di lino con le sue iniziali, ricamate con le suore, quando sarai sposa, mi diceva, le metterai la notte di Natale. Curava un giardino magico di astri e dalie, e ortensie e lillà. E raccontava, sempre. Delle risaie, dei balli sull'aia e della guerra e di quel suo figlio fucilato, che ancora piangeva, come gli altri, più degli altri. E' morta di dolore, credo, tanti anni fa, 3 giorni a Natale. E io metto le sue lenzuola, conservo quel foglietto con la ricetta dei tortellini e della marmellata di albicocche, la grafia antica che si legge appena. Fermo le viole con il filo, non so fare i tortellini e non fischio mai. E se avrò un'altra bimba, la chiamerò Teresa. Come lei.

07 aprile, 2006

Bello.


Non che ami particolarmente questa canzone, anzi, direi proprio di no.
E poi, non amo nemmeno i graffiti, anche se alcuni li trovo spiritosi e divertenti. Non ho mai scritto niente sui muri, niente di incancellabile, intendo. Solo, col gesso, una volta, enorme, davanti alla casa della mia amica, reclusa per la bocciatura in seconda scientifico, un innocuo SILVIA LIBERA. In verità, ho sempre desiderato che qualcuno scrivesse per me una cosa eclatante su un muro qualsiasi, che so, una frase che potessi capire solo io, una canzone, ed erano tempi non sospetti, Tre Metri Sopra Il Cielo doveva ancora aspettare un bel pò di anni per uscire. Nessuno ha mai scritto nulla di carino sul muro per la medesima. Ma la mail che mi è arrivata stamattina, con questa foto, ha esaudito il mio desiderio. Non è scritto per me, ma non importa. Con un minimo di fantasia, è come se.

Bonjour.


E' il grande rito del mattino. Serve per fermarsi un attimo. Come, fermarsi , appena svegli? Certo che sì, per riordinare le idee prima di partire, spediti, carichi e decisi. Beh, di venerdì è molto raro che uno sia carico e deciso, nel senso che si sente già un pò in vacanza, un pò letio brevis. Si scende in cucina, una coccola al gatto, una al cane, uno sguardo alla casina del pettirosso. Manca un serpente a sonagli e un merlo indiano ma mi sto attrezzando. E quei 10 minuti di silenzio prima delle urla sulle scale, delle merende dimenticate, dei libri lanciati, dei SIAMO IN RITARDO urlati da me sottovoce perchè, si sa, alle 7,30 il vicinato tutto dorme ancora della grossa e le autolinee private della mia famiglia,invece, a quell'ora dovrebbero già essere in viaggio verso la città; così, mi sono allenata a urlare sottovoce, sentono i diretti interessati e nessun altro. O almeno, spero. Così, la colazione in silenzio è un dono del Cielo. Caffelatte all'arancia e pane tostato. Una vera delizia. L'energia necessaria per prodursi, all'uscita, a schivare le bici, il pallone e scavalcare con agilità il monopattino dell'Infanta abbandonati sulla soglia di casa. Ma è di un bel viola pervinca, si intona alle primule del davanzale, e allora è perdonata.

06 aprile, 2006

Già, perchè?



In più di una persona me l'ha chiesto. Già, perchè lo faccio? E chi lo sa. Forse perchè ho la presunzione che le cose che scrivo possano in qualche modo piacere, far sorridere o pensare o tutto insieme. Lo faccio per il gusto di scrivere, è una cosa che faccio da sempre e che farò sempre, per sempre. Ho scritto migliaia di racconti, immagini, tante prose e nessuna poesia. Non sono capace. E non mi piace. Scrivere è come leggere, ti permette di andare via rimanendo appiccicata al cuscino del divano, di volare lontano stando lì, di non ascoltare nessuno e niente, solo le cose che leggi, o quelle che scrivi. Di essere felice se vuoi esserlo, di piangere se ti va, di giocare un pò, di trovarti da un'altra parte per mezz'ora.
Scrivere mi dà il piacere sottile di sentirmi perfetta, di inventare o dire tutto di me, le mie emozioni più forti, le mie più piccole cose. E le cose che scrivo, prima ancora che per gli altri, le scrivo per me. E un pò mi somigliano. Sono parole che corrono, nessuno saprà mai se molto vere o molto finte, improvvisate ma ricercatissime, distratte ma precise, che sembrano vuote e che in realtà non lo sono per niente.
In fondo, proprio come me.

Anche io.


Ora sto meglio. Ce l'ho. Ne possiedo uno, finalmente. E sono soddisfatta.
La diatriba del rigalimoni non occorre capirla fino in fondo, affinchè diverta. C'è e basta. Comprato in un negozio di ferramenta che vende cose inenarrabili, dagli stampi per le uova di Paqua a quelli per biscotti, ma non quelli di metallo che usiamo tutti, no, troppo facile, quegli stampi americani che ricordano i timbri della Posta, tanto per capirci. Ma sa, signora, quest'anno abbiamo venduto un sacco di stampi per la colomba. Ne vuole uno? Gulp. Ho declinato, gentilmente, tutta concentrata sul mio rigalimoni nuovo di zecca. E così, da oggi, la mia cucina ha un nuovo utensile. Lo userò, vediamo, 6 volte in un anno.
Ma, come si dice, doveva essere mio. E lo è, giust'appunto.
Anche se, a ripensarci, era più carino quello di Ikea.

05 aprile, 2006

Blook che cosa???


Ecco, certamente mi addormenterò più acculturata, stasera. Quello che leggete è un blook. Una di quelle parole orrende coniate per fondere 2 cose insieme, cioè blog e book. Un ibrido, insomma. A metà tra il romanzo che voglio scrivere da sempre e il blog che da un mese più o meno mi diverto a tenere. Le Fragole, insomma. In realtà, qualcuno mi ha chiesto "machecos'èunblog?". Ecco, mi sono sentita, per così dire, interrogata. Di matematica, peraltro. Dunque, vediamo. Un blog nessuno sa bene che cosa sia. E' uno spazio, un sito, una vetrina, una specie di quaderno dove scrivi quello che ti va, dove metti le ricette e le foto del tuo gatto, dove parli di fisica e di pizzo al tombolo, di letteratura e di infradito, di alta finanza e crema per le mani. Un caos, insomma. Affascinante, perlopiù. Uno racconta e si racconta, e ho fatto una torta e ho comprato una borsa, ma so di moltissimi che leggono ogni mattina, dopo i quotidiani e l'oroscopo, e questa, lasciatemelo dire, è una gran bella soddisfazione, che mi esalta, mi inorgoglisce e un pò mi gasa, a dirla bene, e tutti, a un certo punto sapranno i fatti miei, ma cosa importa.
Uno scrittore, vero o finto che sia, deve avere la sua bella dose di narcisismo. Che scrittore sarebbe, se no?

Il tunnel.


Forse è impopolare. Forse non sta bene. Ma io, dal tunnel, ancora non sono uscita. Della Coccoina, intendo. Da tempo immemorabile, io, la annuso. E la trovo, sublime. Quel misto di mandorla e di biscotto un pò bruciato, di budino, anche. Così buona che ti vien voglia di assaggiarla, ma, tranquilli, fin lì il mio delirio non è mai arrivato. La usavo a scuola. Prima dell'avvento delle colle in stick, era Lei a farla da padrona. Ineguagliabile lo scodellino argenteo, malleabile, e quel suo pennellino, un miracolo di design anni 70. Aprirla, nuova, immacolata e passarlo pianissimo, per carità, sulla superficie lucida ed intonsa, era un rito vero. Una celebrazione. Adesso, le occasioni di usarla non sono molte in realtà, ma possiedo il mio bel barattolo di Coccoina per ogni evenienza. E, passando dalla corsia della cancelleria al supermercato, la tentazione è sempre troppo forte. Mi fermo e la annuso, circospetta. E la adoro.
Farà male?

04 aprile, 2006

Lost and found.


Lo so, lo so. La fotografia è orrenda. Non gli rende giustizia, come dire. Tutti, io credo, abbiamo degli oggetti di culto, inscindibili da noi, senza un significato particolare, o magari anche. Certo, non l'anello di fidanzamento o la fede. Gli altri oggetti, dico. Un braccialetto, una maglia, una candela. Cose che ci sono piaciute subito, regalate o meno, trovate per caso o cercate per anni. Io ne ho qualcuno. E Lui era uno di questi. Non lo tolgo mai. Ci gioco quando sono in imbarazzo, lo leggo e rileggo, lo lucido, mi piace il rumore che fa, un pò ferraglia un pò campanellino. Sabato mattina non l'avevo più. Ho cercato dovunque. Ho chiamato quasi in lacrime la palestra, ho disfatto il letto, rovesciato la borsa. Era sparito. Perso. E il mio cuore con Lui. Beh, non esageriamo. Molto triste, comunque. Anche se un pò ammaccato, anche se in qualche lettera lo smalto è venuto via. Poi, oggi, la scoperta. Se ne stava lì, seminascosto, sotto il sedile della macchina, era il sole del pomeriggio a farlo luccicare. Meraviglioso.
La felicità, voi lo sapete, è fatta di piccole, piccolissime cose. Anche ritrovare, quando meno ce lo aspettiamo, qualcosa che pensavamo perduto per sempre. Sia esso un amico, un amore, o, nella fattispecie, un braccialetto con inciso l'Infinito di Leopardi.
Bello davvero.

A tonnellate


Uniamo l'utile al dilettante, come ho sentito dire una volta. In una bella mattina grigina il giusto, ma sono certa che si metterà al bello, lo so, lo sento. Una ricetta semplice, e ce ne vorrebbe una tonnellata di mousse au chocolat per tirarsi fuori, per tirarsi sù, per sfangarsela un pò, insomma.
Stufa, direi. Di quelli che fai passare sulle strisce e nemmeno ti guardano, della campagna elettorale (ma sono in corsa per la presidenza del Consiglio o di una scuola materna?), delle multe prese per 5 minuti di distrazione, di quello che sbaglia la corsia del Telepass. Stufa dei call center, dove per chiedere una banale informazione devi digitare e attendere e digitare e attendere per non perdere la priorità acquisita. Stufa delle commesse che "Ma quella borsa costa 730 euro, e tu, bene, allora me ne dia due", stufa di quelli che ti raccontano le loro mirabolanti avventure senza nemmeno chiederti come stai.
Per consolarsi, forse, basta la saggia frase C'è di Peggio, una spazzolata e via, per non pensarci più.

03 aprile, 2006

Daysleepers



Receiving department, 3 a.m.
Staff cuts have socked up the overage
Directives are posted.
No callbacks, complaints
Everywhere is calm.
Hong Kong is presentTaipei awakes
All talk of circadian rhythm
I see today with a newsprint fray
My night is colored headache grey
Daysleeper
The bull and the bear are marking their territories
They're leading the blind with their international glories
I'm the screen, the blinding light
I'm the screen, I work at night.
I see today with a newsprint fray
My night is colored headache grey
Don't wake me with so much.
Daysleeper.
I cried the other night
I can't even say why
Fluorescent flat caffeine lights
Its furious balancing
I'm the screen, the blinding light
I'm the screen, I work at night
I see today with a newsprint fray
My night is colored headache grey
Don't wake me with so much.
The ocean machine is set to nine
I'll squeeze into heaven and valentine
My bed is pulling me,GravityDaysleeper.
Daysleeper.
Daysleeper.
Daysleeper.
Daysleeper.

R.E.M.
Bonjour.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...