Bella era bella. Di quelle bellezze contadine, semplici, due occhi grigissimi in un ovale di cammeo. Non le somiglio. Non nei colori, non nel carattere. Era schiva e silenziosa, ma con una risata come un concerto di campanelli. Viveva con me, quando ancora le famiglie avevano almeno un nonno a raccontare cose quasi vere, a far ciambelle e a dipanare gomitoli in cortile, a raccogliere camomilla da far seccare sui teli, sotto il sole di giugno. Si pettinava senza specchio, una lunga treccia bianca che fermava con un pettinino. Mi sono sempre chiesta come facesse a tenerla sù. Sempre ordinata, perfetta. Mi ha insegnato a fare i biscotti, a non stare curva mentre scrivo, a raccogliere le viole col gambo lungo e a fermarle con un filo. A suo modo, era snob. Una bambina non fischia, mi diceva, e non gioca coi maschi e non si sbuccia le ginocchia ogni giorno. Sua una quantità di proverbi e massime che ancora ricordo, in dialetto emiliano. Mi ha lasciato una sottoveste di seta, 3 lenzuola di lino con le sue iniziali, ricamate con le suore, quando sarai sposa, mi diceva, le metterai la notte di Natale. Curava un giardino magico di astri e dalie, e ortensie e lillà. E raccontava, sempre. Delle risaie, dei balli sull'aia e della guerra e di quel suo figlio fucilato, che ancora piangeva, come gli altri, più degli altri. E' morta di dolore, credo, tanti anni fa, 3 giorni a Natale. E io metto le sue lenzuola, conservo quel foglietto con la ricetta dei tortellini e della marmellata di albicocche, la grafia antica che si legge appena. Fermo le viole con il filo, non so fare i tortellini e non fischio mai. E se avrò un'altra bimba, la chiamerò Teresa. Come lei.
2 commenti:
Oh Toffee...Toffee...Toffee...
Oh Toffee...Toffee...Toffee...
...Toffee.....Toffee....
e di nuovo hai saputo commuovermi
cizeta
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